Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

È significato che al discorso sulla radicalità del matrimonio, nato da una domanda dei farisei sul divorzio, nel vangelo di Marco, segua prima l’episodio di Gesù che accoglie e benedice i bambini che vengono a lui, poiché di loro è il regno di Dio, e subito dopo  l’episodio del giovane ricco, che rinuncia alla sequela (Marco 10,13-27). Anche il vangelo di Matteo ha la stessa sequenza dei fatti: il divorzio, Gesù benedice i bambini, il giovane ricco (19,1-24). Tra la storia del giovane ricco e l’insegnamento sul divorzio e sul matrimonio c’è l’episodio dei bambini accolti e benedetti da Gesù. Tra due esigenze radicali c’è dunque la richiesta di accogliere il regno di Dio come i bambini.  Se la narrazione dei fatti evangelici ne evidenzia pure la teologia, allora cogliere il quadro d’insieme (il contesto cronologico e teologico) ci permette di capire meglio la radicalità delle parole di Gesù sul matrimonio (l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto) e la radicalità della sequela richiesta  al giovane ricco (vendi tutto, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi).


Il matrimonio è per sempre. Parole come queste, in una società come la nostra, sono difficili da accettare. A guardare la realtà di ogni giorno, con le separazioni e i divorzi in aumento, si fa fatica a credere che il legame matrimoniale impegni l’uomo e la donna per tutta la vita. Persino i discepoli di Gesù, nell’udire il Maestro, si mostrano riluttanti: “Se tale è il caso dell’uomo rispetto alla donna, non conviene di prender moglie” (Matteo 19,10). Vendere tutto per poi seguire Gesù è una pretesa troppo esigente. Di fronte alla richiesta di Gesù, il giovane ricco, che pure aveva mostrato buone intenzioni,  rinunciò alla sequela: “Rattristato da quella parola, se ne andò dolente” (Marco 10,22). E il racconto si conclude con i discepoli un po’ dolenti anche essi, i quali dicono fra di loro: “Chi dunque può essere salvato?” (Marco 10,26). Sia nell’uno (no al divorzio) che nell’altro caso (vendere tutto), c’è una impossibilità che l’uomo sperimenta.


Secondo Gesù, il regno dei cieli (Matteo) o regno di Dio (Marco) appartiene  a chi è come un bambino; chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. Nei vangeli il bambino è simbolo di chi è debole, piccolo, indifeso; di chi ha bisogno di essere accolto e amato senza riserve né condizioni. Il bambino non può fare affidamento sulle proprie forze, risorse, capacità, ma su ciò che ancora deve attendere e ricevere dai genitori, e dagli altri.


Si accoglie così il regno di Dio: come un dono da ricevere senza pretendere di conquistarlo, magari confidando nelle nostre possibilità. Gesù accoglie i bambini e nello stesso tempo sottolinea il bisogno di dover accogliere. Tale è il regno di Dio: da un lato è la manifestazione di un amore che ci accoglie persino nelle nostre debolezze; dall’altro è la manifestazione di un amore che si dona gratuitamente alle nostre debolezze rendendoci capaci di ciò che altrimenti ci rimarrebbe impossibile. A chi accoglie la logica del regno, che è il compimento del disegno di Dio, è offerta una possibilità nuova. C’è una impossibilità che l’uomo sperimenta a motivo del peccato. Ma l’uomo può e deve aprirsi ad accogliere la possibilità che viene da Dio. Poiché a Dio tutto è possibile (Marco 10,27), il cristiano diventa l’uomo delle possibilità: capace perciò di vivere le richieste radicali, più esigenti, nella radicalità della sua fede.


Posta tra le affermazioni sul matrimonio e l’episodio del giovane ricco, la scena dei bambini e le parole che Gesù rivolge ai discepoli assumono un significato particolare. La logica su cui è fondato il vincolo matrimoniale e che riflette l’invito alla sequela è la stessa che si richiede per entrare nel regno di Dio: i bambini sono simbolo di questa logica; logica che non si ostina a far valere i propri diritti o a misurare i torti degli altri, che non persegue secondi fini, né avanza pretese, ma si affida a Dio e di lui si fida, con assoluta semplicità e dipendenza.


La radicalità delle parole di Gesù, sia per il matrimonio (fedeltà per tutta la vita) sia per la sequela (vendere tutto e seguirlo) sono l’espressione del mondo che viene: solo chi partecipa del regno di Dio nella sequela di Cristo ne diventa capace. In questo modo la fedeltà dell’amore tra l’uomo e la donna diviene davvero segno trasparente di ciò che Dio congiunge. A unire l’uomo e la donna non è tanto un atto estrinseco, giuridico, quanto la qualità dell’amore di Dio che nel regno ci viene donata, un amore fedele e accogliente. E la richiesta di vendere tutto e porsi alla sequela di Cristo diventa anche essa segno di quell’agire di Dio che tutto dona pur di accogliere l’uomo a sé e benedirlo.

Paolo Mirabelli

15 settembre 2017

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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