Sono le parole che Filippo, dopo la sua chiamata alla sequela, rivolge a Natanaele, quando lo invita a venire a conoscere Gesù, dopo che questi si era mostrato riluttante e scettico sul Maestro che proveniva da Nazaret, una oscura città della Galilea (Giovanni 1,43-46). Vedere è una parole chiave, importante, programmatica per il vangelo di Giovanni. La si incontra di frequente. Ma che cosa significa vedere per Giovanni? Questo breve studio sul vangelo di Giovanni intende rispondere proprio a questa domanda. Scorreremo assieme alcune pagine di questo vangelo facendo attenzione al racconto, alla sequenza dei fatti, alla polisemia delle parole e alla teologia giovannea, per cercare di capire che cosa il vangelo cerca di dirci quando ci invita e ci dice: “Vieni a vedere”.
Primo: credere per vedere la realtà di Dio. Nella definizione della fede che fa l’epistola agli Ebrei, l’Autore afferma che la fede ci permette di vedere ciò che gli occhi umani non riescono o non possono vedere (11,1-2). Prendiamo, ad esempio, uno dei personaggi dell’Antico Testamento citati da Ebrei: Abramo e il suo viaggio verso la terra promessa, dopo la chiamata di Dio. Che cosa vede un uomo che incontra Abramo? Semplicemente un pastore che pratica la transumanza per il suo gregge, oppure uno dei tanti nomadi in cerca di fortuna. La fede invece ti fa vedere un uomo di Dio, chiamato e mosso da Dio in vista di una missione. Ma torniamo al vangelo di Giovanni e al significato del vocabolo vedere.
Secondo: che cosa significa vedere in Giovanni? Nel vangelo di Giovanni c’è, ovviamente, un vedere materiale, immediato, che riguarda gli occhi; un vedere che ci permette di cogliere la realtà e il mondo intorno a noi: le persone, gli animali, gli oggetti e le cose, le forme, i colori. E c’è un vedere che soltanto la fede, il credere, rende possibile: è il vedere la realtà di Dio, l’agire di Dio in Gesù Cristo. È soprattutto questo ultimo il senso che più interessa a Giovanni. Non basta guardare, bisogna piuttosto scorgere la realtà di Dio attorno a noi. E per fare ciò bisogna che avvenga una trasformazione del vedere. Come? Attraverso il credere. È questo il paradigma al quale tende il vangelo di Giovanni. Il lettore è invitato a credere per vedere. Alla sorella di Lazzaro, che di fronte alla tomba del fratello morto sconfessa la bella confessione di fede fatta poco prima, Gesù le dice: “Non ti ho io detto che se credi, tu vedrai la gloria di Dio?” (11,40). Soltanto chi crede, vede.
Terzo: che cosa c’è da vedere nel vangelo di Giovanni? Nel Prologo Giovanni afferma che nessuno ha mai visto Dio (Giovanni 1,1-18). Gesù però è colui che lo ha fatto conoscere (1,18). Anzi, a Filippo, il quale chiede di mostrargli il Padre, Gesù risponde: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (14,8-9). Nel racconto del cieco nato guarito da Gesù, il vangelo afferma che Gesù è venuto a dare la vista a chi non ci vede, ma nel contempo ad accecare chi pensa di vedere e di non aver bisogno di lui (9,39). Il cieco guarito ha visto il Signore, mentre molti farisei sono rimasti nella loro cecità spirituale. Il discepolo amato è l’unico che nella domenica di risurrezione crede prima ancora di vedere il Signore risorto, crede perché ha capito le Scritture (20,8). Otto giorni dopo la risurrezione, Gesù appare nuovamente ai suoi discepoli. Tommaso, che era assente la prima volta, è ora presente. Gesù lo rimprovera per la sua incredulità e lo invita a credere: smettila di essere incredulo e diventa un credente. Dopo la confessione di fede di Tommaso, Gesù proclama “beato” chi crede senza vedere (20,26-29). Il vedere con gli occhi che tanto ossessiona alcuni non porta necessariamente alla fede. Quanti lo hanno visto operare miracoli, lo hanno ascoltato predicare, eppure non gli hanno creduto? Il vangelo è stato scritto perché gli uomini possano credere in lui e avere la vita.
Quarto: vedere Gesù. Vedere significa imparare a leggere i segni, gli avvenimenti, il tempo, per cogliere l’identità e il messaggio del Figlio di Dio, colui che rivela il Padre. Il vangelo di Giovanni ci invita a vedere oltre i simboli, oltre i segni, oltre le apparenze e le cose, per scorgere con lo sguardo della fede la realtà di Dio. Chi legge il vangelo scopre che: c’è una acqua che disseta la sete e il corpo per poco tempo, ma c’è una acqua che disseta l’anima e l’uomo per sempre; c’è un pane che nutre il corpo, ma c’è il pane della vita disceso dal cielo; c’è una luce, quella del sole, della luna e delle stelle, che illumina la terra, ma c’è la luce che illumina le tenebre dell’uomo; c’è una nascita dal basso, dal ventre di una donna, ma c’è una nascita dall’alto, dallo Spirito; c’è un regno di questo mondo, ma c’è il regno di Dio, dove noi siamo figli amati in Gesù Cristo. Vieni a vedere!