Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

“Mi fu rivolta questa parola del Signore: Figlio d’uomo, parla ai figli del tuo popolo” (33,1). Così inizia l’oracolo di Ezechiele: con un messaggio rivolto da Dio al profeta. Dio parla al profeta e il profeta parla al popolo d’Israele. Dio costituisce il profeta come una sentinella sulla città, ed egli dovrà avvertire il popolo sui pericoli che corre, sul giudizio che incombe, per aver abbandonato il Signore e la sua legge data tramite Mosè. Anticamente, in epoca patriarcale fino al periodo dei re, il profeta era chiamato “veggente”. Qui viene introdotta una nuova modalità e categoria: quella della “sentinella”. L’oracolo si estende fino al versetto 20; il versetto 21, che inizia con una  annotazione di tempo (il diciottesimo anno della deportazione, vale a dire nel 586 a. C., secondo altri nel 585 a. C.), riferisce il fatto del “fuggiasco” che reca ad Ezechiele e agli esuli di Babilonia la notizia della caduta di Gerusalemme; la sera prima la mano del Signore era stata sul profeta e gli aveva aperto la bocca. Qui però, in questo breve studio, mi soffermo soltanto sui primi undici versetti, per trarre da essi alcuni insegnamenti sull’ammonizione che deve essere rivolta all’empio e sulla responsabilità che ha il profeta-sentinella. Se il Nuovo Testamento ci invita spesso a essere custodi gli uni degli altri, a fare la guardia gli uni agli altri, a sua volta il profeta Ezechiele ci indica nella immagine della sentinella la caratterizzazione di questo ruolo (funzione) e del proprio. Tale immagine, in un contesto come quello di Ezechiele in cui la guerra aveva un posto importante nella vita quotidiana, era immediatamente percepibile dalla gente: la sentinella aveva il compito di avvertire il popolo appena avvistava il pericolo dei nemici. Come è noto, anticamente le città erano circondate da mura, e le mura di una città erano appunto custodite da sentinelle.


Il profeta però, da parte sua, non avvista, non scorge i pur notevoli pericoli di eserciti nemici che assediano la città, bensì quelli ancora più insidiosi e rischiosi dell’allontanamento del popolo da Dio e dalla sua legge. Ma ciò che il profeta Ezechiele afferma si rivela ancora più sorprendente, poiché egli non sarà sentinella nel senso che, avendo visto l’empio agire male, lo riprende di sua iniziativa. Al contrario, il profeta dovrà seguire un criterio ben preciso e determinato: “Figlio d’uomo, io ti ho stabilito come sentinella per la casa d’Israele; quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (33,7). Dunque, è Dio stesso (e non il popolo) che costituisce il profeta sentinella della città (33,2). È Dio stesso che si preoccuperà di avvertire e dare l’“allarme” alla sentinella-profeta. È Dio stesso che si renderà garante dell’oggettività del richiamo, che ha lo scopo di conseguire la salvezza dell’empio, la cui vita davanti agli occhi di Dio ha grande valore. La vita dell’empio non ha meno valore di quella del giusto, essendo il Signore creatore di tutti gli uomini e avendo egli a cuore (in vista della salvezza) sia l’una che l’altra vita.


L’orizzonte della correzione è quello espresso dal profeta Ezechiele, secondo cui Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (33,11). Tutti gli imperativi del testo invitano alla conversione: tornate a Dio, convertitevi al Signore. In caso di omissione del compito che Dio gli ha affidato, il profeta è ritenuto responsabile. La vita dell’empio appartiene al Signore ed egli non vuole certo che venga sprecata, sciupata, perduta. “Quando avrò detto all’empio: Empio, per certo tu morirai!, e tu non avrai parlato per avvertire l'empio che si allontani dalla sua via, quell'empio morirà per la sua iniquità, ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano” (33,8). Tuttavia, l’empio, da parte sua, conserva la responsabilità sulla propria vita e sul suo esito, qualora si ostini a non ascoltare l’invito al pentimento, alla conversione; l’invito ad allontanarsi dalla sua iniquità, dal peccato che ne è la sua rovina: “Ma, se tu avverti l'empio che si allontani dalla sua via, e quello non se ne allontana, egli morirà per la sua iniquità, ma tu avrai salvato te stesso” (33,9). Dietro la parola di giudizio si scorge il grave peso della colpa, del peccato dell’uomo. Viene qui ribadito il principio della responsabilità individuale, della responsabilità personale: principio secondo il quale le colpe personali ricadono soltanto su chi le ha commesse. Di questo l’empio deve essere altamente consapevole, sapendo comprendere e scorgere nel richiamo del profeta-sentinella l’occasione per approfittare dell’offerta di grazia da parte di Dio.

Paolo Mirabelli

05 settembre 2017

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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