Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il capitolo 4 del vangelo di Matteo si apre con la scena delle tentazioni di Gesù (4,1-11). Il racconto  si articola in tre momenti: 4,1-2; 4,3-10; 4,11. L’intera scena è costituita dalla successione di tre sequenze: il deserto, il tempio di Gerusalemme, un alto monte. All’inizio è detto che “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto” (4,1), alla fine che il diavolo lo lasciò” (4,11). In tutte e tre le tentazioni Gesù risponde citando la Scrittura. Nella seconda tentazione, persino il diavolo cita la Scrittura: “Sta scritto” (4,6), e Gesù risponde “sta altresì scritto” (4,7). Nelle prime due tentazioni, il diavolo chiede di verificare la figliolanza divina: “Se tu sei il Figlio di Dio”; nella terza, dopo avergli mostrato i regni del mondo, gli promette tutto, se soltanto si prostra e lo adora. In tutte c’è il  tentativo di rovesciare la missione di Gesù, da messia servo a messia politico. La missione di Gesù viene così caratterizzata fin dall’inizio dalla presenza ostile del diavolo che sostiene una lotta continua contro il Figlio di Dio. Il tentatore eccelle nell’arte di abbellire le immagini e con pochi elementi egli abbozza un quadro grandioso: pietre del deserto che diventano pane, il pinnacolo del tempio, che domina la città di Gerusalemme, le mura alte che cadono a picco, la presenza degli angeli invocati come possibili aiutanti celesti. Il diavolo vuole far giocare a Gesù il ruolo del messia trionfatore, che si manifesta al mondo intero con gesti altamente e chiaramente spettacolari, potenti. Gesù invece è venuto in mezzo agli uomini come un umile servo, come il messia servo.


Gesù attraversa la tentazione, non la rimuove, cioè egli accetta di misurarsi con essa. Il deserto è riconosciuto da tutti come il luogo del nulla, e dunque convenzionalmente luogo della prova; il luogo del ritiro, della debolezza, delle mancanze di ciò che è necessario alla vita; il luogo in cui l’uomo si pone di fronte alle scelte essenziali della vita. Come il popolo d’Israele, dopo l’Egitto, approfondisce e matura la sua vocazione di popolo di Dio nel deserto, così Gesù, prima di iniziare la sua missione, va nel deserto per essere tentato. Il Signore, però, al contrario d’Israele, vince la triplice tentazione dei beni materiali, del successo e del potere. Nel suo significato teologico più profondo, il deserto è luogo della tentazione ma anche luogo della prova che approva.


Le tre tentazioni conducono Gesù a rifiutare il potere, il facile ricorso al miracolo e la seduzione dell’idolatria. Nella prima tentazione Gesù rifiuta il ruolo messianico in un contesto spettacolare e prodigioso, ma lo vive nella fedeltà a Dio. Nella seconda Gesù supera tutte le deformazioni religiose che hanno nel miracolismo il loro modello. Nella terza tentazione mostra chiaramente come sia perversa e diabolica l’idea della ricerca del potere, anche se fatta in nome di Dio. Le tentazioni non sono solo le tentazioni del miracolistico, del sacrale e del potere (o rispettivamente la tentazione economia, religione, politica), ma qualcosa di ulteriore. Nella prima scena vi è anche la tentazione che nasce quando la nostra esperienza della realtà è l’esperienza di un deserto, di durezze pietrose, quando la realtà appare sterile e incapace di nutrire. Nella seconda scena la tentazione nasce quando le immagini gratificanti e consolatorie della presenza di Dio nella nostra vita sono crollate e lo spazio per Dio si restringe sempre più. E nella terza scena si dischiude la tentazione successiva alle illusioni del potere, della gloria: quando cioè queste realtà svelano la loro inconsistenza e inutilità, e nell’uomo può farsi strada la disillusione, il risentimento. È la triplice tentazione di Gesù che, al di là del tempo e del luogo circoscritto, abbraccia e tocca tutta la vita di Gesù. Non solo la descrizione di un giorno di vita di Gesù, ma la riflessione completa sulla vita stessa di Gesù. È così nel deserto, sul pinnacolo del tempo e sull’alto monte, sarà così sulla croce.


La presentazione delle tentazioni è caratterizzata, intessuta e cadenzata dalle citazioni dell’Antico Testamento. Gesù vince le tentazioni citando le Scritture, appellandosi e ricordando la Parola di Dio. E la Parola citata fa ripercorrere il cammino del popolo dopo l’uscita dall’Egitto. Le tentazioni del racconto matteano allora evocano, e quasi riproducono, il cammino di Israele nei quarant’anni nel deserto, rinviando attraverso le tre citazioni del Deuteronomio a tre episodi fondamentali dell’esodo: la manna (Esodo 16); Massa e Meriba (Esodo 17,1-7); il vitello d’oro (Esodo 32). La citazione delle Scritture per Gesù non è solo un fare memoria di fatti passati, un semplice ricordo di un passato che non torna, ma è  evento che interiorizza la Parola di Dio, evento che rende presente la presenza di Dio nel cuore e nella vita dell’uomo, qui ed ora, e in ogni tempo.

Paolo Mirabelli

27 febbraio 2017

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.