Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nel racconto della vocazione di Geremia compare la visione del mandorlo (1,11-12). L’oracolo contiene un gioco di parole, poiché mandorlo in ebraico si dice saqed e sentinella si dice soqed. Il mandorlo è un albero che fiorisce prima di tutti gli altri alberi, tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio, offrendo così uno spettacolo a quanti si soffermano a osservarlo. I suoi rami si coprono di fiori bianchi  quando ancora è pieno inverno, piove e fa freddo. Il mandorlo in fiore annuncia l’arrivo della primavera, un evento certo ma ancora assente nel tempo della fioritura. Il mandorlo è solo un segno della primavera, non certo la sua causa: la primavera non viene perché il mandorlo fiorisce, ma il mandorlo fiorisce perché la primavera sta per arrivare. Dio invece è la causa della sua parola e colui che la manda ad effetto, che vigila perché ogni parola abbia il suo compimento. Per questo nessuna parola di Dio è mai venuta meno o è caduta a terra. Dio si serve a volte di un angelo o di un profeta, come Geremia, per annunciare la sua parola. Il termine pro-feta è composto dal vocabolo parlare (greco: femi) e dalla preposizione pro-, in luogo di. Il profeta è colui che parla in luogo di un altro, cioè di Dio, che ne resta l’ispiratore primario, e che annuncia la parola del Signore a degli ascoltatori. Il profeta è l’uomo della parola, della parola di Dio, non della sua.


Nella vocazione il Signore invita Geremia, il giovane di Anatot, nel paese di Beniamino, a salire a Gerusalemme ad annunziare la sua parola al popolo, agli uomini di corte, ai sacerdoti, ai re. Come un mandarlo in fiore, egli deve parlare di Dio in una stagione invernale, in un tempo ancora freddo e cupo, e annunciare l’arrivo della primavera ancora assente. Un compito arduo il suo, attraversato da momenti difficili durante il suo ministero e da lunghi tempi di attesa. Motivo per cui la vocazione è vissuta da Geremia in continua tensione:  a volte è accettata, altre volte respinta. Nelle sue frequenti diatribe, con tutti, egli si domanda perché il Signore gli abbia affidato l’incarico di portare una parola che lo fa apparire sempre “uomo di litigi e di contese” (15,10). Abbandonato da tutti, amici compresi, per una parola altra da lui, giacché proviene da Dio. Non sarebbe meglio tacere, starsene tranquillo e vivere in pace con tutti? Ma questo a Geremia non è concesso, perché egli è una sentinella della parola, come il mandorlo in fiore lo è della primavera. Come il mandorlo non può che fiorire quando sente la vitalità che l’arrivo della primavera sprigiona, così Geremia non può contenere la forza vitale della parola del Signore che in lui.


L’immagine del mandarlo illustra il cammino della parola di Dio, ma non c’è perfetta simmetria tra il ciclo naturale del mandorlo (stabilito anche esso da Dio) e l’agire di Dio nel compimento della sua parola. Il ciclo vitale di un albero non è sufficiente a spiegare l’intero processo dinamico e storico che compie la parola di Dio e il suo non venir meno nel tempo che passa. Lo illustra solo in parte, ma non lo interpreta. Il mandorlo in fiore lascia intendere l’arrivo della primavera, ma non la spiega, né tantomeno ne è la causa. Il processo storico, la sua realizzazione e l’accadere della parola di Dio dipende da Dio stesso, unicamente da lui: è lui che la fa fiorire e fruttificare secondo stagione, nel tempo stabilito. Nel libro del profeta Isaia viene ripetuto spesso il perdurare della parola del Signore, la sua efficacia e compimento (Isaia 40, 8; 55,10-11).


L’oracolo e l’immagine del mandorlo offrono importanti spunti per verificare la nostra fede nella parola di Dio che si compie. La fede non può vivere di un ascolto distratto e frettoloso, che porta ad accorciare i tempi; né può fermarsi ad accarezzare il “tutto e subito” che il mondo propone. Il cammino con la parola di Dio ha a volte lunghe scadenze, durante le quali, come ci ricorda la missione stessa che viene affidata a Geremia (1,10), bisogna prepararsi a piantare e ad edificare (dopo le distruzioni e gli sradicamenti), per poi raccogliere e godere di ciò che si è costruito. La fede è pure impegno a camminare con Dio, da quando egli ci parla fino alle mirabili mete che ha previste per noi in questa vita e nell’eternità. Spesso, tra l’annuncio di una parola di Dio e la sua sicura realizzazione c’è il tempo dell’attesa, lungo o breve che sia. Tra la fioritura e il frutto del mandorlo passano diversi, anzi molti mesi, quasi due terzi di un intero anno: eppure a tempo debito, il contadino fiducioso raccoglie il suo frutto. La parola di Dio non può venire meno: essa fa ciò che dice e dice ciò che fa. E allora, anziché ricalcitrare o lamentarsi, meglio aspettare fiduciosi il suo compimento, secondo le modalità di Dio e nel tempo da lui stabilito.

Paolo Mirabelli

09 febbraio 2017

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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