Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Per definire i discepoli e la loro testimonianza, Gesù impiega l’immagine del sale e quella della luce (Matteo 5,13-16). La forma verbale è un indicativo presente: “Voi siete sale e luce”. Ciò significa che coloro ai quali Gesù si rivolge sono già ora sale e luce. Non possono né debbono fare qualcosa per diventarlo, e l’esserlo non dipende da una qualche loro virtù o qualità particolari; tanto meno da un loro merito. È l’azione gratuita di Dio in loro, è la prossimità del regno, è il carattere prodotto dalle beatitudini, a renderli tali. Il sale dà sapore ai cibi, li preserva dalla corruzione; nella Bibbia esprime anche l’inviolabilità di un patto, chiamato appunto “patto di sale”. La luce illumina il mondo e permette di vedere forme e colori. Il discepolo è pure come una città posta sopra un monte. Ancora oggi siamo affascinati dallo sguardo dei tanti paesi costruiti sulle cime delle montagne e lungo i clivi delle colline. È impossibile non notarli, specialmente in primavera, quando i vermigli anemoni ricoprono le campagne che li circondano. Quasi sempre gli scavi archeologici comprovano che le sommità sulle quali sorgono erano abitate fin dai tempi più remoti.  Gesù indica ai discepoli proprio una città posta sopra un monte come immagine per illustrare la loro funzione. Con la loro vita fondata sui nuovi principi del Vangelo, essi dovranno richiamare l’attenzione del mondo verso la grazia e i doni di Dio. Il discepolo è luce: un invito a non occultare, a non velare le parti più impegnative del messaggio evangelico. I discepoli non devono preoccuparsi di difendere o di giustificare le proposte di Gesù, devono solo annunciarle, viverle, senza paura, senza timore di venire derisi o perseguitati. Esse saranno per gli uomini come una lampada che “brilla in un luogo oscuro finché non spunti il giorno e si levi la stella del mattino”. L’essere sale e luce non dipende solamente dal contenuto delle proprie azioni o delle proprie parole, ma anche dallo stile che le accompagna e le sostiene. È decisivo, per essere davvero discepoli di Cristo, non solo il che cosa si fa o si dice, ma il come, con quale sapienza, con quanta grazia e con quale stile di vita.


Che il sale abbia sapore e che una lampada faccia luce sono eventi che non hanno nulla di straordinario, di sorprendente. La vera sorpresa che sconcerta è che il sale sia senza sapore o che la lucerna, anziché collocata ben in vista sul lucerniere, venga nascosta sotto un moggio. Questo ricorda una semplice realtà: il sale diventa insipido e inutile, tanto da essere gettato via, quando perde il suo sapore e non viene utilizzato per dare sapore ad altro. L’immagine simmetrica della lucerna aiuta a comprendere meglio: a cosa serve una lampada che viene nascosta sotto un moggio? Non serve più a nulla. Non perde la sua luce, continua a risplendere, ma soltanto per se stessa, nascosta com’è sotto il moggio. Nessuno può rallegrarsi alla sua luce. Anche al sale può accadere la stessa sorte: a che cosa serve se non condisce i cibi nei quali deve sciogliersi per far risaltare la loro bontà al palato? Il discepolo che vive le beatitudine  dona sapore e luce al mondo. Ma se per paura di contaminarsi con il mondo, di perdersi in esso, rifiuta di sciogliersi come sale nei cibi; o se per paura dell’ostilità e del rifiuto, anziché collocarsi come lampada ben visibile su un lucerniere, si nasconde al sicuro, in un ambito circoscritto e protetto, a che cosa serve? Non serve più a nulla: può essere gettato via e calpestato dagli uomini. Occorre ancora dire che il sale in se stesso ha un pessimo gusto: nessuno prende del sale e lo mangia da solo, e se lo fa ne prova disgusto. Qualcosa di simile accade alla luce: illumina e consente di vedere, ma se qualcuno fissasse a occhio nudo una fonte luminosa intensa, ne rimarrebbe abbagliato. Il sale da solo non nutre la vita, ma è indispensabile per dare sapore a tutti i cibi di cui ci si nutre; ne esalta le qualità donando loro un sapore più pieno che rallegra il palato. La luce in se stessa non si vede, ma senza luce non si vede nulla di ciò che esiste. Chi entra in una stanza buia, non vede nulla, soltanto quando si apre una finestra e penetra la luce, tutto emerge dall’oscurità e diventa visibile, prende forma e colore, e se ne ammira la bellezza. Non basta la luce, perché non è sufficiente vedere; occorre anche il sale, poiché è necessario gustare, assaporare, mangiare. La vita del regno non è questione soltanto di ascolto e di visione; implica assimilazione, nutrimento, interiorizzazione, fino a giungere a gustare un altro sapore della vita. Il discepolo, con la sua azione di vita, anche se in modo nascosto e misterioso, con un po’ di sale e un po’ di luce, deve far emergere la bellezza e il sapore delle cose di Dio.


Luce del mondo e sale della terra sono coloro la cui vita umile e povera, mite e disarmata, appare piccola, insignificante, marginale rispetto a un mondo che spesso si manifesta loro ostile. Eppure sono proprio loro ciò di cui il mondo non può fare a meno, così come la vita non può mancare di sapore e di luce; eppure la vita di cui questo mondo ha grande bisogno è quella prodotta dalle beatitudini. Al pari della luce, dunque, il sale risulta necessario alla vita dell’uomo, al suo gusto e al suo sapore. Non si può vivere senza luce, così come senza sale. Le due immagini alludono a entrambi gli aspetti. Una necessità che si manifesta però in una apparente debolezza. Il sale si scioglie, rimane nascosto, quando viene usato con gli alimenti, così pure la luce non si vede, ma è essa che permette di far vedere le cose nelle forme e nei colori. Essere sale della terra, città posta in cima ad un monte, luce del mondo: non è l’invito a farsi notare, a mettersi in mostra. Basta leggere il seguito del sermone sul monte per rendersi conto che un simile atteggiamento contraddice le raccomandazioni di Gesù a non praticare la giustizia davanti agli uomini per essere osservati da loro, per farsi notare; a non far suonare la tromba per richiamare l’attenzione della gente quando si fa l’elemosina; a non andare nelle piazze a pregare in piedi soltanto per farsi notare e apparire uomini di preghiera; a non digiunare con il volto tutto mesto per farsi vedere. Purtroppo queste parole di Gesù sono spesso disattese: la ricerca della gloria degli uomini affascina persino certuni che pur si dicono discepoli. Come Gerusalemme un tempo era luce delle nazioni della terra, così oggi lo sono i discepoli di Gesù. Essi sono coloro che, come  Mosè, riflettono la luce che li illumina. È questa luce che bisogna far vedere. Gesù non vuole che i suoi discepoli si limitino ad annunciare la sua parola senza impegnarsi, senza lasciarsi compromettere, senza giocarsi la vita su questa parola. La prova che gli uomini sono stati raggiunti dalla luce si ha quando essi danno gloria al Padre che sta nei cieli. Se ciò non accade, potrebbe darsi che gli uomini ai quali ci si rivolge siano infastiditi proprio dai discepoli, i quali anziché far brillare la luce del Vangelo, cercano di mettersi in mostra, di apparire. In genere ciò che disturba è la percezione di qualche ombra di esibizionismo, di qualche cedimento all’ambizione, alla vanità, all’autocompiacimento. Queste sbavature  privano la testimonianza del discepolo, tanto da non essere più percepita come “un soave profumo di Cristo nel mondo”. I discepoli, sale della terra e luce del mondo, sono chiamati a compiere la loro funzione senza attendersi alcun plauso, alcuna ammirazione, “la loro destra non deve sapere ciò che fa la sinistra”: non è a loro che dovranno essere rivolti i ringraziamenti e le lodi, ma a Dio.

Paolo Mirabelli

01 febbraio 2017

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.