Secondo il vangelo di Matteo (4,12-25, il testo a cui si fa riferimento in questo studio), Gesù inizia il suo ministero in continuità con Giovanni. Tuttavia Gesù non è affatto un altro profeta in una lunga lista di profeti. Come dire, abbiamo avuto Isaia, poi Geremia, poi Giovanni il Battista e poi Gesù. Gesù non è un profeta qualunque che succede a Giovanni in un rapporto di semplice continuità. Tutti i fatti evangelici precedenti, fin qui narrati da Matteo, mostrano che egli è il Figlio di Dio, è il Signore veniente di cui la “voce che grida nel deserto” ha preparato la via. Persino il testo di Matteo, a cui si fa riferimento, mostra come la continuità con la predicazione del Battista, e con l’intera tradizione profetica, diviene novità in Gesù.
L’arresto di Giovanni il Battista, avvenuto nella Giudea, nei pressi del Mar Morto, segna la fine del suo ministero pubblico e l’inizio del ministero di Gesù. Il “ritiro in Galilea” (4,12) appare strategico: è il luogo ideale che consente a Gesù di assumere la fine del ministero di Giovanni e decidere l’inizio del proprio ministero; è il luogo dove raccogliere i discepoli del Battista (secondo il vangelo di Giovanni, i primi discepoli di Gesù sono discepoli del Battista) ed evitare una eventuale sommossa, lontano dalla Giudea e da coloro che metteranno a morte Giovanni; è il luogo di elaborazione della paura, della perdita e del dolore; è il luogo di confronto dei discepoli del Battista con il nuovo e la novità del maestro Gesù; è il luogo di assunzione della solitudine; è il luogo di lettura della realtà alla luce della parola di Dio, come suggerisce l’oracolo di Isaia 8,23-9,1 citato da Matteo (4,14-16); è il luogo di accoglienza di una eredità che la predicazione del Battista aveva prodotto; e, infine, “la Galilea dei Gentili” (4,15), che comprendeva una popolazione mista di ebrei e pagani, per questo considerata la periferia della Giudea, lontana dal centro dell’ebraismo, è il luogo dove le persone erano più aperte ad accogliere la luce recata dalla presenza di Gesù.
Gesù inizia la sua predicazione invitando la gente al ravvedimento, alla conversione (4,17). Prima di lui, anche i profeti e lo stesso Giovanni hanno invitato il popolo alla conversione. Tuttavia, nella predicazione degli antichi profeti convertirsi significava quasi sempre “tornare indietro”, come indica lo stesso termine ebraico shub (suv); significava tornare all’alleanza violata, mediante una rinnovata osservanza del patto fatto con i padri; significava tornare alla legge di Mosè, e dunque tornare al Dio dei padri e del patto. Questo è pure, in larga parte, il significato predominante che la parola greca metanoia (ravvedimento, conversione) ha nella predicazione di Giovanni Battista. Ma sulla bocca di Gesù, questo significato passa in secondo piano rispetto a un significato nuovo, finora sconosciuto. Anche in ciò si manifesta il salto epocale che si verifica tra la predicazione di Giovanni Battista e quella di Gesù. Convertirsi non significa più tornare indietro, tornare all’osservanza della legge, all’antica alleanza, o almeno non è questo l’aspetto predominante della conversione richiesta da Gesù. Convertirsi per Gesù significa fare un salto in avanti, significa entrare nel regno dei cieli, significa entrare in un nuovo rapporto con Dio.
Gesù inizia il suo ministero annunciando che il regno dei cieli è vicino (4,17), e le parole di questo annuncio sono in continuità con la predicazione del Battista (3,2). Tuttavia, la continuità con Giovanni diventa subito novità, poiché Gesù stesso, nella sua persona, rende presente, mostra, narra, esprime il regno di Dio. Alcuni segni del regno ormai presente in Gesù: chiama con autorità alla sua personale sequela, invita le persone a seguire lui; invita la gente alla conversione ma ne guarisce i malati e libera da ogni specie di male; compie gesti di misericordia. E allora Giovanni, “il più che profeta” (11,9), annunciava il regno dei cieli, Gesù invece lo rende presente nella sua persona e predicazione, nelle azioni che compie, nei i miracoli che opera e nell’accoglienza di tutti gli uomini, peccatori inclusi.