Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il capitolo 22 del secondo libro dei Re racconta del giovane re Giosia e della restaurazione avvenuta durante il suo regno. Di Giosia (come di suo nonno Ezechia) si dice che fece ciò che è giusto agli occhi del Signore, motivo per cui è uno dei pochi tra i re d’Israele ad essere lodato. Prima del diciottesimo anno del regno di Giosia, Gerusalemme era decaduta e il tempio era da ripristinare, si offrivano sacrifici ad altri dèi e l’obbedienza al patto era ormai un vago ricordo. Giosia incaricò alcuni funzionari e sacerdoti a occuparsi della restaurazione del tempio. In mezzo ad un mucchio di detriti, il sommo sacerdote Chilchia trovò, nella casa del Signore, il Libro della Legge. Si discute se si trattava dell’intera Torah oppure del solo Deuteronomio. Il Libro fu subito consegnato al re e letto in sua presenza dal segretario Safan. All’udire le parole del Libro della Legge, il re Giosia si stracciò le vesti, tipico segno di cordoglio e dispiacere, perché riscontrava quanto Gerusalemme, la città di Dio, e il popolo di Giuda si erano allontanati dalla volontà di Dio. Ma la sua reazione andò ben oltre, come riferisce il capitolo 23. Giosia ordinò che fosse fatta una pulizia spirituale e la distruzione dell’idolatria, luoghi e oggetti di culto, e che venisse celebrata la Pasqua secondo le prescrizioni contenute nella legge di Mosè. La Pasqua, ci ricorda il testo sacro, non era stata più celebrata così dal tempo dei giudici. Dopo questi fatti, Giosia regnò ancora circa altri dieci anni, facendo ciò che è giusto. Il re buono Giosia morì inspiegabilmente a Meghiddo, in una strana guerra, dai contorni oscuri, contro il faraone Neco, re d’Egitto, andato a soccorrere il re d’Assiria, verso il fiume Eufrate. Fin qui la storia di Giosia e della restaurazione avvenuta durante il suo regno. Da questa storia vorrei ora trarre spunto per una riflessione.


Il tema della restaurazione è presente pure nella storia della chiesa. Di fronte a un cristianesimo corrotto da dottrine umane e pratiche pagane, si è levata la voce di chi proponeva un ritorno alle origini, sottoponendo ogni cosa all’esame della Scrittura. Dei novelli Giosia, possiamo dire. Però il rischio di ricadere nuovamente nell’errore dottrinale è altrettanto presente ogni qualvolta la Bibbia viene trascurata, dimenticata o ricoperta di detriti. Negare o minare l’ispirazione e l’autorità della Scrittura, ad esempio, è come accumulare detriti sulla Bibbia. Un tempo la lettura della Bibbia veniva proibita, oggi invece  la Bibbia viene letta in molte chiese ma si cerca in molti modi di screditarla: alcuni fanno l’elenco dei testi ispirati e dei testi non ispirati, altri sostengono che essa è un libro del passato e che il suo contenuto vada adattato alla mentalità moderna attraverso una lettura critica. Così facendo però si copre la Bibbia di detriti. È evidente che quando la Bibbia viene coperta di detriti, quando viene sepolta in qualche luogo in mezzo alle macerie, le chiese perdono il senso delle cose di Dio. Il confronto con la Scrittura deve essere fatto di continuo. Le lettere del Nuovo Testamento sono state scritte perché le chiese sapessero come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità. Gli insegnamenti degli apostoli sono stati trasmessi, una volta per sempre, perché le chiese imparassero a vivere secondo la volontà di Dio. E nel Nuovo Testamento troviamo il deposito della fede, la norma d’insegnamento, le tradizioni di Gesù e degli apostoli, la sana dottrina, i comandamenti di Dio. Poiché Dio ha voluto che le sue parole e volontà fossero scritte in un Libro, le chiese che vogliono essere “chiese della Parola”, chiese secondo la Scrittura, chiese di Cristo e di Dio, hanno il dovere di confrontarsi con la Bibbia. È l’appello alla Scrittura che permette di considerare giusta o sbagliata una determinata pratica della chiesa. È l’appello alla Scrittura che dice quali insegnamenti delle chiese provengono da Dio e quali sono frutto di tradizioni umane. Se si perde il riferimento alla Scrittura, tutto diventa soggettivo, e la natura della chiesa viene stravolta. Chi decide e sulla base di che cosa si decide che una determinata dottrina o pratica sia giusta o sbagliata? La storia ci insegna che nelle chiese c’è stato spazio per tutto e si è data legittimità anche a forme cultuali estreme e a dottrine assurde. Se si perde il riferimento alla Scrittura, perché bisogna, ad esempio, rifiutare l’aspersione come forma del battesimo, negare il culto ai santi, condannare l’adulterio? È il riferimento alla Scrittura che ci fa dire no: alla chiesa condotta come una azienda, al matrimonio omosessuale, al divorzio, all’aborto provocato, alla donna pastore, che predica nelle riunione della chiesa e insegna nei convegni dei cristiani. Dire no a ciò che la Bibbia non approva o condanna significa dire a Dio.

Paolo Mirabelli

10 gennaio 2017

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.