Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Poiché questa non è una domanda di catechismo, la risposta non può limitarsi a dire: “Alcuni prima, altri dopo”. La domanda vuole conoscere i criteri per la datazione dei libri del Nuovo Testamento e i motivi che portano a stabilire una determinata data anziché un’altra. Per essere ancora più precisi: il lettore desidera sapere perché per uno stesso libro, ad esempio il vangelo di Matteo, alcuni studiosi  stabiliscono una data prima della distruzione di Gerusalemme e altri invece dopo? E ancora. Perché le lettere Pastorali (Timoteo e Tito) sono da alcuni ritenute scritte negli anni 60 e altri invece le collocano verso la fine del I secolo o agli inizi del II secolo? Prima di entrare in tema, ci sono due cose importanti da ribadire. La prima. Per la nostra fede non cambia nulla sapere che un determinato libro del Nuovo Testamento sia stato scritto, ad esempio, nel 50 o nel 90 dopo Cristo. La seconda. Nessun libro del Nuovo Testamento è datato o ha una data, anche se in alcuni ci sono degli episodi databili. Perciò la data viene stabilita sulla base delle evidenze interne ed esterne, testimonianze, citazioni. Entriamo ora in tema, articolando lo scritto in due parti. La prima parte presenta una breve panoramica in merito alla datazione del vangelo di Matteo. La seconda parte analizza i presupposti teologici e i pregiudizi filosofici che hanno portato gli studiosi storico-critici a mettere in discussione le datazioni tradizionali dei libri del Nuovo Testamento.


Prima parte: la panoramica sulla data del vangelo di Matteo. Per gli scrittori antichi, i dati e le informazioni che emergono da un libro del Nuovo Testamento sono determinanti per stabilirne la data. Così Matteo viene ritenuto scritto prima della distruzione di Gerusalemme. Similmente le Pastorali. Con l’avvento dell’esegesi storico-critica, gli studiosi che ne accettano i presupposti hanno messo tutto in discussione: la data, la paternità. Così Matteo viene datato dopo la distruzione di Gerusalemme e le Pastorali, non più attribuite all’apostolo Paolo, a cavallo tra il I e il II secolo. Ecco alcuni nomi di autori, antichi e moderni, i quali sostengono tesi differenti. Ireneo di Lione afferma che “Matteo pubblicò il suo vangelo mentre Pietro e Paolo evangelizzavano e fondavano la chiesa di Roma”. Adolf von Harnack indica come data di composizione del vangelo di Matteo il 75, poiché egli dice: “La catastrofe di Gerusalemme vibra in questo vangelo come in nessun altro”. G. Theissen sostiene che il vangelo di Matteo si sia formato tra gli anni 80 e 100 circa. Mentre J. A. T. Robison lo colloca fra il 50 e il 64. Le date proposte sono molte e diverse, poiché non c’è unanime consenso tra gli studiosi moderni. Tra gli antichi, Eusebio di Cesarea sostiene che Matteo scrisse il suo vangelo dodici anni dopo la risurrezione di Gesù, dunque negli anni 40 dopo Cristo. A dire il vero sembra un po’ troppo presto. Ancora un dato utile. Ignazio di Antiochia (Lettera agli Smirnesi) e l’autore della Didachè citano il vangelo di Matteo agli inizi del II secolo: da ciò si deduce che Matteo sia stato scritto almeno qualche decennio prima.


Seconda parte: i presupposti e i pregiudizi nella datazione. Gli studiosi storico-critici, prima veniva citato Harnack, ritengono che una data anteriore alla distruzione di Gerusalemme sia da ritenere improbabile o del tutto impossibile, poiché i testi che ne parlano non possono essere ritenuti profetici, non sono dei vaticini, bensì delle riedizioni scritte dopo gli avvenimenti. Così la caduta di Gerusalemme, profetizzata da Gesù nel discorso escatologico di Matteo 24, o il riferimento alla città bruciata, riferito nella parabola delle nozze in Matteo 22,7, non sarebbero predizioni scritte prima che i fatti accadessero, piuttosto delle rielaborazioni posteriori dell’autore o redattore del vangelo. È del tutto evidente che questo modo di argomentare è viziato dal pregiudizio, dallo scetticismo, dal presupposto che rifiuta il soprannaturale e nega il carisma profetico e la capacità di Gesù di predire avvenimenti futuri. Una ricerca attenta e rispettosa del testo biblico, che presenta un  linguaggio tipico del discorso profetico, giunge alla conclusione che Matteo scrisse il suo vangelo prima della distruzione di Gerusalemme. In merito alle Pastorali, sulle quali torneremo, soltanto un flash. Negare la paternità di Paolo di queste lettere, come di altre, le deuteropaoline, perché si è giunti alla conclusione pregiudizievole che la chiesa descritta nelle Pastorali non può essere quella delle origini, ha portato a una datazione successiva alla morte di Paolo (avvenuta tra il 64 e il 67 circa), collocandole tra la fine del I e gli inizi del II secolo. Come si evince, dietro la volontà di posticipare la datazione dei libri del Nuovo Testamento spesso si nasconde un problema di fede.

Paolo Mirabelli

30 novembre 2016

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