Nel libro della Genesi le genealogie hanno una funzione teologica importante: sono molto di più di un semplice elenco di nomi di antenati, più che una lista composta di personaggi noti o meno noti. Torneremo con altri articoli e pubblicazioni sull’argomento. Qui ci soffermiamo a considerare le genealogie soltanto nell’aspetto che riguarda il nostro tema. Il capitolo 11 della Genesi si conclude con la genealogia di Abramo (11,10-32), che procede in maniera discendente da Sem, figlio di Noè, fino a Terah, padre di Abramo. Il verbo che permette il collegamento tra Sem ed Abramo è “generare”. Da Sem si arriva ad Abramo tramite la generazione da padre in figlio. Sem, il primo della lista, generò Arpacsad; e Terah, l’ultimo nome della lista, generò Abramo. Di Abramo si dice che prese moglie, anche Naor prese per moglie Milca (11,29). Il nome della moglie di Abramo era Sarai. E di Sarai si dice che “era sterile e non aveva figli” (11,30). Eppure Abramo e Sarai sua moglie saranno presto scelti e chiamati da Dio a diventare un popolo, una nazione numerosa come le stelle del cielo e la sabbia che è sulla riva del mare; e nella loro discendenza Dio, il Signore, benedirà tutte le famiglie della terra (12,1-3; 15,1-6).
Il vecchio mondo era stato sommerso dal diluvio, una parte del nuovo mondo, discendente da Noè e Sem, rischiava di scomparire a motivo della sterilità. La storia stessa di Abramo, padre della fede, correva il rischio di concludersi per sempre nella spelonca di Macpela, la tomba di famiglia. Abramo aveva una moglie, ma la moglie di Abramo non poteva avere dei figli. Il figlio è l’incastro tra le generazioni, è il modo per dire che la storia continua, e con essa la memoria e i beni di una generazione passano a quella successiva. Ecco perché, nel mondo antico, la sterilità era addirittura considerata una maledizione. Ma il tema della sterilità, legato a quello dell’invecchiamento della popolazione a motivo del calo delle natalità, è oggi molto sentito nel mondo occidentale, super tecnologico e scientifico. Non sono poche le coppie e le donne che lottano contro la sterilità e faticano per avere un figlio. La nascita di un figlio è il motivo che più contrasta con la cultura del nostro tempo e l’ideologia uni-generazionale, che ragiona secondo questo paradigma: “Pensare al benessere dell’oggi, senza attenzione alcuna per il domani e per chi viene dopo di noi”. E allora ecco che la storia di questa coppia sterile, senza speranza nel futuro, assomiglia molto al nostro mondo diventato ormai sterile e vecchio. Viviamo in un tempo e in una società, quella occidentale, in cui la medicina è in grado di curare molte malattie, il benessere socio-economico ha raggiunto per molti uno standard di vita elevato, ma la sterilità e l’invecchiamento di questo mondo è come se ci mostrassero una umanità che sta per finire, un film arrivato al The End ma senza il lieto fine.
Il futuro di Abramo e Sarai sua moglie appare esaurito, consumato, svuotato, privo di speranza, a motivo della sterilità e della mancanza di un erede. Il loro tempo è fermo, fisso, come fermo è il loro cammino, finché Dio non gli chiede di lasciare Ur dei Caldei. A questo si aggiunge, nel seguito della storia, l’avanzata età di entrambi: Abramo ha raggiunto la veneranda età di cento anni e Sarai sua moglie ha qualche anno di meno. Troppo tardi per avere un figlio. Eppure è in questo contesto di sterilità che Dio, il Signore, pronuncia la sua promessa ad Abramo: “Tu avrai un figlio!”. C’è in questa parola di Dio l’interruzione di una non-gravidanza. La parola di Dio provoca un cortocircuito nel flusso della sterilità. Senza l’irrompere della parola di Dio, la loro sarebbe stata un vita fatta di soli ricordi, roba da avanzata età sterile. C’è dunque una giustapposizione tra sterilità e parola di Dio. Non è certo la sterilità a dire l’ultima parola su Abramo e Sarai sua moglie. Il Signore riapre i giochi, mescola le carte. Si ricomincia. Si riparte. A dire il vero, la storia di Dio con Abramo non si è mai interrotta. La sterilità e l’avanzata età non hanno impedito certo a Dio di scegliere Abramo e Sarai, anziché due giovani ragazzi senza problemi di fecondità. È così che Dio iscrivere il nuovo nel vecchio. E allora ecco che questo racconto nel quale Dio promette un figlio a due persone vecchie e sterili, Abramo e Sarai sua moglie, diventa evangelo, buona notizia della promessa di Dio al mondo. Come dire: prima ancora che Dio promettesse un figlio ad Abramo e Sarai, Dio aveva promesso di mandare suo Figlio in questo mondo divenuto ormai vecchio e sterile.