Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Che ci sia una forte relazione tra la preghiera e la fede è del tutto evidente. Prega chi ha fede e la fede cresce e  si alimenta con la preghiera. Sono numerosi i testi biblici che mettono in evidenza tale relazione. Tra i tanti, ne abbiamo scelto uno: Luca 18,1-8, La parabola del giudice iniquo. Che nel nostro tempo ci sia un rilassamento della fede e della preghiera è un dato di fatto che si riscontra nelle comunità. E i motivi sono molteplici, ma possono essere riassunti in tre, articolati nel modo seguente. Il primo è legato alla attesa della parusia e risponde alla domanda: come durare, come mantenere la fede e la perseveranza della preghiera nel tempo che passa, nel tempo che rimane? Il passare del tempo è la grande prova della fede e della preghiera. Il secondo invece va ricercato nei fenomeni di mondanizzazione delle chiese di oggi. Diverse chiese cercano motivi del loro esistere non più nelle forme e nello spirito del Vangelo, piuttosto sono troppo attente agli schemi di questo mondo: anziché evangelizzare il mondo, si secolarizzano le chiese; invece di portare il Vangelo nelle culture, si incultura l’insegnamento del Vangelo, travisandolo. E così abbiamo chiese sempre più simili alle associazioni e ai modelli aziendali del mondo, nelle quali però la fede e la preghiera sono relegate ai margini, mentre sostenere e incoraggiare la fede  e la preghiera è compito primario della chiesa. Il terzo motivo, legato al precedente, ha a che fare con il peccato: il Vangelo ci invita ad essere chiese che hanno le “porte aperte” verso chiunque, ma “porte chiuse e sbarrate con le inferriate” verso il peccato. Dopo questa breve premessa, entriamo ora in tema sulla relazione che intercorre tra la preghiera e la fede, seguendo la parabola di Gesù in Luca 18.


La parabola di Gesù racconta di una vedova che con insistenza va da un giudice iniquo a chiedere giustizia. Il giudice però non pensa minimamente di accondiscendere alla richiesta di una donna sola e debole: il suo soliloquio svela i suoi sentimenti e le sue vere intenzioni. Ma alla fine decide di esaudirla, non per un senso di giustizia, ma unicamente perché l’insistere di lei gli dà noia e fastidio. Una vedova, persona fragile e indifesa, che sta di fronte a un giudice iniquo e lo vince, poiché ottiene ciò che chiede, con la sua ostinazione e tenacia. Così dice Gesù nel racconto. E allora l’insegnamento fondamentale della parabola è questo: i discepoli devono pregare sempre, e non devono scoraggiarsi se l’esaudimento delle loro preghiere si fa attendere. Il sempre significa che, nonostante ciò che passa nella mente e nel cuore del cristiano, non bisogna stancarsi e smettere di pregare, non bisogna mai dubitare della forza e della potenza della preghiera. Il racconto si conclude però in modo insolito, e qui entra il tema della fede, con Gesù che domanda: “Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” (18,8). Come dire ai discepoli: Dov’è la vostra fede? Una affermazione questa apparentemente non collegata con il racconto della parabola. Invece il tema della fede è posto da Gesù a conclusione di tutto l’insegnamento sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi mai, perché è la fede che permette di perseverare nella preghiera, è la fede che nella preghiera fa vivere la dimensione dell’attesa, nel tempo che rimane.


Un aspetto della difficoltà della preghiera, secondo la nostra parabola evangelica, è il suo divenire quotidiana, il suo essere perseverante, il suo non venire meno. Bisogna pregare di continuo come la vedova che chiede giustizia con insistenza. La preoccupazione di insistere sulla necessità di pregare sempre, senza tralasciare mai, è rivelatrice della situazione di quei discepoli e di quelle comunità in cui è ormai presente il fenomeno del rilassamento della fede e della preghiera. Ma la parabola del vangelo di Luca avverte: abbandonare la preghiera è l’anticamera dell’abbandono della fede. La preghiera insistente fa della fede una relazione quotidiana con il Signore. La fatica di perseverare nella preghiera è la fatica di dare del tempo alla preghiera. Pregare è dare la vita al Signore. La preghiera comporta pure un confronto con il fare della vita e per questo spesso ci rilassiamo nel pregare, poiché pensiamo che pregando non facciamo nulla, non produciamo niente; ci vediamo sterili e inefficaci. Ma la preghiera è lo spazio e il tempo che noi concediamo al Signore nella nostra vita, affinché egli faccia qualcosa di noi. Preghiera e fede stanno allora in un rapporto inscindibile: credere significa pregare. Se noi possiamo pregare è solo grazie ad una fede viva, ma è anche vero che la nostra fede resta viva grazie alla preghiera. E allora: chi prega, crede, e chi crede, prega.

Paolo Mirabelli

19 ottobre 2016

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.