Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La proposta di integrare il Vangelo acquista sempre più consenso tra i teologi. Anzi, oltre che un vezzo, pare essere diventata una moda. La teologia tradizionale è surclassata da nuove forme e da un nuovo modo di fare teologia. E questo non è un male, poiché ogni teologia è legata al suo tempo e al contesto in cui è nata. E poi il cristiano non deve essere fedele a una teologia, a un parlare di Dio, ma deve essere fedele al Dio che si rivela e parla, deve ascoltare il “Dio che anticamente ha parlato per mezzo dei profeti ai padri e in questi ultimi giorni ha parlato a noi nel Figlio” (Ebrei 1,1-2). Oggi c’è una riscoperta e una rivalutazione di tutto. Non si guarda più con ostilità al mondo. E questo è un dato positivo, è un bene, poiché sta scritto che “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito” (Giovanni 3,16). Le filosofie e le religioni del mondo sono viste in fondo come parte della rivelazione di Dio. A dire il vero, questa è una idea molto antica, la si riscontra già in autori come Giustino e Clemente Alessandrino, i quali consideravano la filosofia propedeutica alla fede. Clemente diceva che “la filosofia è stata per i pagani ciò che la legge è stata per i giudei”. Ma veniamo alla “vexsata quaestio”. Per alcuni teologi, le tradizioni filosofiche e religiose orientali possono servire a integrare un certo tipo di cristianesimo, che ha letto il Vangelo alla luce della cultura occidentale tradizionale. La teologa Elisabeth Wendel, moglie di Jürgen Moltmann, scrive in un saggio (“Le donne credono in maniera diversa”): “Senza dubbio molti considerano positivamente il bisogno di integrare gli antichi simboli del cristianesimo, di ampliarli fino a includere simboli orientali alla vita, il cerchio, la ruota, la mangiatoia, o di dare una nuova interpretazione alla croce come albero della vita, secondo un’antica pratica medievale”. Che dire? Mi limito a fare quattro considerazioni di carattere generale.


La prima. Nessuna teologia ha il monopolio o l’esclusività della Bibbia, né può dirsi esaustiva o vantare di aver interpretato una volta per sempre il messaggio biblico. Ogni epoca, ogni generazione deve leggere il Vangelo e pregare il Padre Nostro per conto proprio. Non possiamo accontentarci di ripetere ciò che hanno detto e capito dalla Bibbia coloro che ci hanno preceduto. La Bibbia è come un pozzo, una fonte d’acqua viva:  riempie sempre la secchia di chi va ad attingere acqua senza mai esaurirsi.  Ben vengano allora le nuove letture che servono ad arricchire la comprensione del testo biblico. Dai saggi della Wendel confesso di avere appreso molte cose interessanti sull’amicizia e su alcune categorie bibliche che la teologia tradizionale ha sempre trascurato. Diversi suoi spunti esegetici su alcune pagine dei vangeli mi sono piaciuti e mi hanno fatto riflettere molto.


La seconda. Non bisogna confondere le letture della Bibbia con la Bibbia. Mi spiego. Ciò che i teologi o i commentari dicono della Bibbia non necessariamente coincide con la Bibbia: a volte c’è accordo, altre volte contrasto. E ancora: ciò che dicono non esaurisce affatto tutto l’insegnamento biblico. Se la teologia tradizionale, o l’ esegesi, ha trascurato alcune categorie bibliche e a motivo di ciò ha prodotto delle letture distorte, errate, la colpa ricade sugli uomini, non sulla Scrittura.


La terza. Nessuno nega che ci sia pluralità nel Nuovo Testamento. È un dato incontrovertibile. Non c’è un solo vangelo, ma ne ce sono quattro. Non c’è un solo libro, ma ce ne sono ventisette. Non c’è un solo ministero, ma c’è una pluralità e diversità di ministeri. Non c’è un solo modo per descrivere la chiesa, ma ce ne sono molti: corpo, famiglia, casa di Dio, popolo. I cristiani sono chiamati in molti modi: discepoli, fratelli, figli, cittadini del regno, sacerdoti. E allora è vero che nel Nuovo Testamento c’è pluralità, ma bisogna precisare che si tratta comunque di pluralità limitata. Non c’è un solo vangelo, ma nemmeno mille: i vangeli sono quattro. La chiesa non è solo il corpo di Cristo, ma è anche la famiglia e il popolo di Dio, ma la chiesa non è la “banca di Dio”. Non possiamo dire tutto della chiesa e del cristianesimo: possiamo dire soltanto ciò che la Bibbia dice.


La quarta. L’errore che la Wendel, e chi ragiona come lei, fa è quello di proporre non di integrare la teologia tradizionale con le nuove teologie, cosa che sarebbe del tutto legittimo, come ho detto, bensì proporre di integrare il Vangelo con l’Oriente o con qualcos’altro. Per rendere la croce più credibile non c’è bisogno di aggiungerle un significato nuovo ed estraneo. Ciò di cui c’è veramente bisogno è vivere la croce e predicare il Cristo crocifisso, potenza e sapienza di Dio. Il Vangelo non va integrato, non ne ha bisogno, ma va accolto, creduto e predicato in maniera integra.

Paolo Mirabelli

30 giugno 2016

Gallery|Bibbiaoggi
Foto & Post della Gallery: 1665
Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.