Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

C’è sempre una certa riluttanza e avversione nell’uso del termine “padre” (e nell’espressione “Padre della Chiesa”) riferito ai primi scrittori cristiani, poiché Gesù ammonisce di non chiamare “padre” alcuno sulla terra (Matteo 23,9). Perciò l’uso che se ne fa in questo articolo è soltanto per motivi didattici, e non spirituale. Gli scrittori cristiani dal periodo postapostolico in poi sono caratterizzati da una quadruplice urgenza: prima, la necessità di riflettere sull’evento della salvezza compiuto in Gesù Cristo; seconda,  il bisogno di trasmettere in maniera appropriata tale evento nella cultura ellenistica, dove vi è una molteplicità di popoli e dove confluiscono e si mescolano credenze pagane e filosofiche; terza,  il bisogno di opporsi alla minaccia delle eresie, che preme con forza e che ha una certa attrattiva culturale, segno della loro stessa deviazione rispetto all’originalità del vangelo; quarta, la premura di vivere intensamente la vita cristiana, che include un sapere totalizzante perseguito in una prospettiva escatologica.


La prima riflessione teologica dei Padri, tutta centrata su Cristo, si fonda principalmente sul pensiero biblico, ma con il tempo comincia a fare uso delle categorie filosofiche e del pensiero platonico. Il loro argomentare è apofatico e asistematico; non si trovano delle “Summe Theologiae”. Invano si cercherà allora una trattazione autonoma sul ruolo di Maria, madre di Gesù. È bene ribadirlo ancora una volta, la preoccupazione dei Padri, come del resto dei primi concili ecumenici, è tutta per la cristologia: Maria serve per dire l’umanità di Gesù. Soltanto dalla seconda metà del IV secolo in poi si comincerà a riflettere sul ruolo di Maria. Pertanto il lessico e le categorie oggi abituali e in uso nel mondo cattolico per riferirsi a Maria non si trovano né nel Nuovo Testamento né negli scritti dei primi secoli.


Dal secondo secolo in poi compare per la prima volta il parallelismo tra Eva e Maria. La prima formulazione si trova in Giustino Martire (morto verso il 165). Cristo è il centro nella riflessione teologica di Giustino. In Cristo si mostra la pienezza che rivela il Padre e nel realizzare il suo disegno di salvezza, Cristo dà la possibilità di comprendere sia le Scritture che la stessa realtà salvifica. Nella seconda parte del Dialogo con Trifone, l’apologista Giustino spiega i titoli cristologici “Figlio dell’uomo” e “Figlio di Dio”. Egli riporta l’affermazione che Gesù fa di sé quale Figlio dell’uomo e  interpreta il titolo nel senso di una umanità autentica, che esprime la relazione con Adamo attraverso la generazione da Maria. Mentre il titolo Figlio di Dio esprime la relazione che Gesù ha con il Padre, dunque la sua divinità. Secondo Giustino, che in quest’opera polemizza con un giudeo di nome Trifone, le parole profetiche su Gesù nell’Antico Testamento considerano l’uno o l’altro aspetto: l’appartenenza al Padre e l’appartenenza all’umanità, come mostra il concepimento da una vergine. Giustino, che prima scrive del rapporto tra Cristo ed Adamo, quando poi afferma la generazione umana di Gesù, fa un parallelo tra Maria ed Eva:


«[Gesù] si è fatto uomo dalla Vergine, affinché per quella via dalla quale ebbe principio la disobbedienza provocata dal serpente, per la stessa via fosse annientata. Eva infatti, quand’era ancor vergine e incorrotta, concepì la parola del serpente e partorì disobbedienza e morte. Invece Maria, la Vergine, accolse fede e gioia, quando l’angelo Gabriele le recò il lieto annuncio che lo Spirito del Signore sarebbe venuto su di lei e che la Virtù dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, e che per questo motivo il Santo nato da lei sarebbe Figlio di Dio; e rispose: “Mi avvenga secondo la tua parola” (Lc 1,38). Da lei è nato costui, del quale parlano tante Scritture, come abbiamo mostrato: per mezzo di lui Dio annienta tanto il serpente, quanto gli angeli e gli uomini che gli sono somiglianti, e opera la liberazione dalla morte per coloro che si convertono dalle loro opere malvagie e credono in lui».


L’elemento comune tra Eva e Maria, secondo Giustino, è la verginità, ma per il resto tutto si trova in radicale contrasto, a partire degli stessi artefici: l’inganno proviene dal serpente, la promessa dallo Spirito. L’attività delle due donne, di senso opposto, consiste da una parte nel concepire e partorire, e d’altra parte nell’accogliere, dare alla luce e rispondere. Eva partorisce la disobbedienza e la  morte. Maria invece, che accoglie con fede e gioia l’annuncio dell’angelo, la vita. Lo stesso Giustino però precisa che è Gesù Cristo colui che annienta il serpente, è lui il vero riparatore del male compiuto e il liberatore dalla morte.


(l’A. ha conseguito due lauree in teologia e una licenza in teologia dogmatica)

Paolo Mirabelli

18 giugno 2016

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.