Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La ricerca sul Gesù storico ci ha restituito un Gesù che è perfettamente figlio del suo tempo e del suo contesto religioso, un ebreo come tanti. Un maestro? Un rivoluzionario? Un profeta apocalittico? Non importa, ciò che conta è che Gesù sia un ebreo qualunque. Ma questo Gesù della critica non è certo il Gesù di Nazareth dei vangeli e del Nuovo Testamento. Ora la critica si sta occupando di un suo discepolo, Saulo di Tarso, l’apostolo Paolo. Ed ecco che l’apostolo dei gentili, come lui stesso si definisce, diventa “Paolo l’ebreo”. Che Paolo fosse ebreo non c’è alcun dubbio. Lui stesso si definisce “ebreo di ebrei” (Filippesi 3,5). Quando qualcuno si vanta nella carne di essere ebreo, Paolo presenta il suo pedigree di uno che è nella migliore tradizione del giudaismo (Filippesi 3,4-6; 2 Corinzi 11,21-23). Persino l’essere stato persecutore della chiesa fa curriculum. E allora dove sta il problema? Il problema è già emerso nel titolo di questo articolo. Il titolo è mio, ma riassume il contenuto di una tesi su Paolo sostenuta da alcuni teologi “cristiani”. È di questi giorni la pubblicazione di un libro che “rilegge l’apostolo come una figura del secondo tempio”. Cerco di sintetizzare ciò che l’autore sostiene: “Paolo non era un apostolo intollerante che predicava solo una via di salvezza; non era l’apostolo dei gentili che predicava due distinti percorsi della salvezza: la Torah per gli ebrei e Cristo per i gentili. Paolo era l’apostolo della misericordia di Dio che annunciava tre vie di salvezza: la Torah per gli ebrei giusti; la coscienza per i gentili giusti; e per tutti i peccatori, sia ebrei che gentili, egli annunciava il Cristo perdonatore”.


Certo, un Paolo così ecumenico piacerà a tutti coloro che amano il pluralismo religioso e rifiutano l’esclusivismo del cristianesimo. Magari per renderlo ancora più inclusivista, si potrebbe  sostituire alla coscienza la religione, così le vie di salvezza diventerebbero più di tre, permettendo a ciascuno di scegliersi la via che vuole. Ma questo non è certo il Paolo del Nuovo Testamento. Il Paolo che ai giudei che chiedono miracoli e ai greci che cercano sapienza, predica il Cristo crocifisso. Il Paolo che predica la libertà dalla legge. Il Paolo che afferma che senza Cristo Gesù, noi tutti eravamo morti nei nostri peccati e senza speranza nel mondo. Chi onestamente cerca nel Nuovo Testamento i dati per ricostruire la figura di Paolo e il messaggio da lui predicato, non ha difficoltà a riconoscere l’inconsistenza di tale tesi, basata su congetture di una certa critica biblica, per niente rispettosa della Scrittura. Non mi soffermo ad analizzare l’abbondanza e pluralità di dati su Paolo presenti nel Nuovo Testamento, mi limito soltanto a fare una breve riflessione tratta dalla lettera ai Romani.


Nei primi tre capitoli della lettera ai Romani, Paolo afferma che: i gentili sono sotto peccato (capitolo 1); ma i giudei pure sono sotto peccato (capitolo 2); pertanto, tutti gli uomini sono peccatori, nessuno escluso; e la salvezza si ha soltanto per la fede in Gesù Cristo (capitolo 3). I gentili/greci, dice Paolo, che hanno peccato senza legge, periranno pure senza legge, e coloro che hanno peccato avendo legge (i giudei) saranno giudicati trasgressori da quella legge (2,12-13). Perciò, afferma l’apostolo, non c’è superiorità alcuna del giudeo sul greco o del greco sul giudeo, poiché tutti, giudei e greci, sono sotto peccato; nessuno è giusto, neppure uno (3,9-10). E Paolo conclude dicendo che tutto il mondo è sottoposto al giudizio di Dio, poiché per le opere della legge nessuno sarà giustificato (3,19-20). Rimane soltanto la giustizia di Dio in Gesù Cristo (3,21-31). E nel resto della lettera, l’apostolo non fa che ribadire che Gesù è l’unica via di salvezza.

Paolo Mirabelli

21 aprile 2016

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.