Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Sono rimasto confuso e deluso quando mi è stata fatta conoscere una donna da poco convertita. Il motivo lo si capirà dalla lettura dell’articolo. La conversione è certamente anche un fatto personale: sono io che mi converto, sei tu che ti converti, è lui che si converte, vale a dire sono delle persone che sperimentano la conversione, non stiamo parlando del “mondo delle idee di Platone” o di un pianeta sperduto nell’universo. Chi si converte ha un volto, un nome, una storia. Ma la conversione è altresì un fatto comunitario, poiché gli altri cristiani devono sapere e vedere chi si converte, per accoglierlo nella comunione dei santi come fratello, poiché il Padre lo ha accolto come figlio. Il vocabolo “conversione” si trova nella Bibbia. Due termini del greco del Nuovo Testamento tradotti in italiano con “conversione”: metanoia ed epistrophe. La conversione è legata al perdono dei peccati e al cambiamento di vita. Il convertito è colui che crede in Gesù: fa una confessione di peccato, si ravvede e si immerge nell’acqua per essere innestato a Cristo e vivere una vita nuova.


La Bibbia è piena di storie di conversioni. Belle, affascinanti. Conversioni radicali: uomini e donne che quando incontrano il vero Dio, si lasciano sconvolgere la vita. Nell’Antico Testamento, per un pagano convertirsi significa riconoscere che il Dio d’Israele è l’unico vero Dio, non ce ne sono altri. Naaman il Siro, dopo la guarigione dalla lebbra, confessa: “Ecco, io riconosco adesso che non c'è nessun Dio in tutta la terra, fuorché in Israele” (2 Re 5,15). Convertirsi al vero Dio non è solo un concetto astratto, ma un cambiamento radicale di vita. Il convertito non può più, ad esempio, adorare gli idoli muti o continuare a vivere come viveva prima quando era nel paganesimo: ora egli vive sapendo che “Dio è di fronte a me e in mezzo a noi”. Ci sono pure storie di “ebrei che si convertono”, riguardano soprattutto i re d’Israele: dopo un periodo di abbandono, di vita spesa nel peccato e nell’idolatria, ritornano al Dio dei padri. Manasse ne è un esempio emblematico (2 Cronache 33). Era figlio di un re buono, ma ben presto si diede a fare ciò che è male agli occhi del Signore. Trascinò nell’idolatria pure il popolo. Mise nel tempio di Gerusalemme statue di divinità pagane. Quando però fu in esilio, deportato in Babilonia, si umiliò profondamente e rivolse le sue preghiere a Dio. Nel Nuovo Testamento, le prime conversioni sono quelle degli ebrei che si convertono a Gesù Cristo. Fa molto discutere la conversione di Saulo di Tarso. È vero, lui non cambia Dio, non passa dagli idoli al vero Dio, e la sua vita nel giudaismo era di uno che osservava rigidamente le prescrizioni della legge. La sua non è una conversione di un malfattore che cambia vita. Non è per questo che fa clamore la sua conversione. Quando Gesù gli appare sulla via di Damasco, Saulo riconosce che Gesù Cristo è il Signore e che i cristiani che lui perseguita sono suoi discepoli; in altre parole, Paolo capisce che non c’è discontinuità tra la fede dei cristiani nel Signore risorto e la fede di Abramo nel Dio vivente. È la stessa fede nello stesso Dio. È lo stesso Dio che anticamente ha parlato ai padri per mezzo dei profeti e che ora si è rivelato nel suo Figlio Gesù Cristo (Ebrei 1). È lo stesso “disegno benevolo” di Dio di benedire tutti, ebrei e gentili, in Gesù Cristo (Efesini 1). Quando nella chiesa entrano i pagani, la conversione riguarda l’abbandono totale dell’idolatria e il cambiamento radicale della vita. Negli Atti degli Apostoli sono raccontate diverse storie di conversioni di uomini e donne che abbandonano il paganesimo per diventare cristiani: distruggono libri e statuette di idoli pagani, abbandonano la vita di peccato che conducono per consacrarsi al Signore. Ai Tessalonicesi, Paolo ricorda loro come si sono “convertiti dagli idoli al Dio vivente e vero” (1 Tessalonicesi 1,9-10). Alla chiesa di Corinto, nota per essere la chiesa con più problemi e difficoltà di cui si ha notizia nel Nuovo Testamento, l’apostolo ricorda loro che ora sono figli di Dio e che sono chiamati a vivere da figli di Dio. Quale comunione fra la luce e le tenebre? Quale comunione tra la mensa del Signore e la mensa dei demoni?


Quando uno incontra il Signore e si converte, il suo mondo, la sua vita, le sue abitudini, le sue parole, i suoi pensieri e propositi, tutto di lui è trasformato. Ancora Paolo: “Non conducetevi più come si conducono i pagani, nella vanità dei loro pensieri, estranei alla vita di Dio; siate imitatori di Dio, come figli suoi diletti, e camminate nell’amore come Cristo vi ha amati” (Efesini 4,17-5,2). Quando la Bibbia parla di conversione, ne parla in maniera molto seria: il convertito è uno che è passato dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, da Beliar a Cristo.

Paolo Mirabelli

06 aprile 2016

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.