L’altra sera, su La 7, a Otto e Mezzo, la trasmissione condotta da Lilli Gruber, Eugenio Scalfari ha dichiarato ancora una volta che il vero fondatore del cristianesimo è stato l’apostolo Paolo. Quella che Paolo sia il vero fondatore del cristianesimo è una tesi ormai vecchia, obsoleta, la sosteneva anche Nietzsche e perfino Alfred Rosenberg, l’ideologo nazista di Hitler. Secondo tale tesi, il cristianesimo sarebbe una religione del tutto aliena alla predicazione di Gesù. Nel Novecento, in ambito luterano alcuni parlavano di Paolo come “secondo fondatore del cristianesimo”. In un commento di uno studioso tedesco si legge che Paolo ha saputo reinventare dalla storia di Gesù, accaduta in una oscura provincia romana come era la Giudea, un messaggio universale, adatto a tutti i tempi e culture del mondo. Così Scalfari non dice nulla di nuovo: i tedeschi hanno già detto tutto. Scalfari però non sa di difendere uno dei tanti miti dell’esegesi liberale novecentesca, che la teologia stessa considera privo di fondamento e di qualunque indagine storica rigorosa. Scalfari non sa che oggi la ricerca teologica è molto attenta agli “elementi pre-paolini presenti in Paolo”, più che al ruolo da lui svolto nel suo contesto di azione. Oggi queste idee su Paolo fondatore del cristianesimo sono convinzioni diffuse soltanto tra i laicisti e gli scettici del cristianesimo, ma nessun studioso serio del Nuovo Testamento e del cristianesimo antico potrebbe mai accogliere una simile tesi. Paolo stesso afferma nelle sue lettere di trasmettere alle chiese ciò che lui ha ricevuto dal Signore (1 Corinzi 11,23), e ripete spesso che il Vangelo da lui predicato proviene dal Signore, quel Gesù che gli è apparso sulla via di Damasco. Il dato inconfutabile che emerge dal Nuovo Testamento è che il Vangelo, la predicazione, la chiesa e il cristianesimo sono anteriori a Paolo. C’è un dato di fede pre-paolino indubbio. Paolo era un ebreo che perseguitava le chiese prima della sua conversione. Le chiese e i cristiani dunque esistevano già prima di lui. Paolo stesso venne accolto dai discepoli della chiesa di Damasco dopo l’incontro con Gesù. Ai suoi oppositori che mettevano in discussione il suo apostolato, Paolo dichiara che lui è apostolo per volontà di Dio come gli altri apostoli prima di lui e che nella sua predicazione non annuncia un altro Vangelo, ma quell’unico Vangelo predicato da tutti, sempre e ovunque. Secondo il Nuovo Testamento, dunque, non è certo Paolo il fondatore del cristianesimo, bensì Gesù Cristo, morto e risorto. Paolo è “soltanto” un discepolo e apostolo, un araldo, che spende la sua vita a predicare quel Signore risorto e vivente che lui ha incontrato sulla via di Damasco.