Il verbo usato da Paolo nella lettera ai Corinzi per la riunione della chiesa è “synerchomai”, che è composto dal prefisso “syn” e dal verbo “erchomai”; letteralmente significa: “insieme (syn) venire (erchomai)”, per cui “riunirsi insieme”. Tale vocabolo si trova solo nella 1 Corinzi. Non si trova negli altri scritti di Paolo. In tutto il Nuovo Testamento compare 30 volte. Synerchomai (riunirsi) è usato 7 volte in 1 Corinzi 11 e 14: 5 volte nel capitolo 11 (versetti 17.18.20.33.34) e 2 volte nel capitolo 14 (versetti 23 e 26). Il luogo dove la chiesa di Corinto si riuniva non viene detto: poteva trattarsi di una casa di una famiglia della comunità o di un locale. È certo però che potevano entrare degli estranei o dei non credenti (14,23) e partecipare alle riunioni della chiesa. Tornerò dopo su questo. Lo scopo della riunione della chiesa invece è espresso dalla preposizione “eis” (tradotta in italiano con “per”). Ad esempio, in 1 Corinzi 11,33 è detto: “Quando vi riunite per mangiare”. A quanto pare il mangiare qui si riferisce alla “Cena del Signore”, e non tanto alle agapi che la chiesa di Corinto pure praticava ma in maniera disordinata. Nel capitolo 11 il verbo synerchomai (riunirsi) è usato per indicare quello che noi oggi comunemente chiamiamo “culto”. Ed è chiaro che durante il culto della chiesa di Corinto si prendeva parte alla Cena del Signore, da Paolo precedentemente detta “mensa del Signore” (10,21), dove si mangiava il pane spezzato e si beveva il calice del Signore (10,14-22). La partecipazione di tutti ad un unico pane esprimeva l’appartenenza ad un corpo unico, come scrive Paolo: “Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane.” (10,17). Ma il culto non era solo partecipazione alla Cena del Signore. Nei capitoli 12-16, Paolo parla dei doni spirituali, della carità e della colletta, che si raccoglieva di domenica, giorno in cui la chiesa si riuniva (1 Corinzi 16,1-2). Il capitolo 15 sulla risurrezione è strettamente legato al tema della predicazione della Parola e dell’annuncio del “kerygma”. Alcuni “cristiani” addirittura negavano la risurrezione dei morti: “Ora se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai alcuni tra voi dicono che non c’è risurrezione dei morti?” (15,12). Qui però mi soffermo brevemente soltanto sul capitolo 14 per analizzare i versetti dove compare il verbo synerchomai (riunirsi). Come dicevo poc’anzi, durante la riunione della chiesa potevano partecipare degli estranei o dei non credenti e prendere addirittura la parola. Seguiamo il ragionamento di Paolo. Se durante la riunione della chiesa “tutti parlano in lingue, ed entrano degli estranei o dei non credenti, questi diranno che siete pazzi” (14,23). Invece, se tutti profetizzano, e dunque si usa un linguaggio che “edifica, esorta e consola” (14,3-4), pertanto un linguaggio comprensibile e spirituale, l’estraneo o il non credente si sentirà scrutato e toccato nel cuore, e “gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi” (14,24-25). Adorazione (“proskyneo”) e proclamazione (“apangello”): sono due vocaboli che esprimono un momento cultuale fatto di azioni e parole. È interessante notare che nella chiesa di Corinto i cristiani sono muti nell’adorazione, mentre un estraneo adora colui che riconosce come vero Dio presente nella comunità riunita. Queste manifestazioni fatte dagli estranei o non credenti oggi non accadano più o non sono più permesse nelle riunioni della chiesa. Eppure Paolo non le condanna. Chi siamo noi allora per proibirle? Ma la cosa che qui mi preme ribadire è che tutto ciò accadeva durante la riunione della chiesa. Perché oggi non accadono quasi mai in mezzo a noi? Che cosa manca nei nostri culti? Perché tutto ciò accada è necessario che la nostra riunione della chiesa torni ad essere come quella dei primi cristiani, fatta di vari momenti spirituali e per un tempo più lungo della nostra ora canonica, e soprattutto che si faccia spazio allo Spirito Santo, che converte i cuori, e alla Parola di Dio. Infine, il vocabolo synerchomai (riunirsi) è usato al versetto 26. Paolo regola qui le diverse espressioni spirituali, dal salmo al parlare in assemblea, che avvenivano a Corinto durante la riunione della chiesa, e conclude chiedendo che ogni cosa sia fatta con decoro e ordine (14,26-40). Nella chiesa di Corinto c’era una ricchezza e pluralità di doni, una coralità di voci. Chi parlava (“laleo”) però non era scelto a caso, ma era suscitato dallo Spirito Santo, quello stesso Spirito che guida la chiesa al discernimento e ispira la Scrittura alla quale tutti devono sottomettersi. Ecco alcuni dei diversi momenti della riunione della chiesa di Corinto. Ma il culto non è ancora finito.