Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Fino agli anni cinquanta del secolo scorso, l’evangelista Marco era considerato un semplice compilatore dei fatti ricevuti dai altri discepoli, come parrebbe dalla testimonianza di Papia di Gerapoli. Leggendo e studiando il vangelo però molti si sono resi conto della “teologia narrativa” di Marco. Basta vedere il modo come il vangelo inizia, con l’affermazione che Gesù è il Figlio di Dio, poi però tutto si sospende ed è solo sotto la croce che il centurione romano riconosce in Gesù il Figlio di Dio. Prendiamo ora in considerazione la sezione del vangelo di Marco che va da 8,22 fino a 10,52, comunemente detta: “Il cammino verso Gerusalemme”, per fare alcune, poche, riflessioni su due o tre fatti evangelici. Questa parte del vangelo inizia con la guarigione di un cieco: il cieco di Betsaida (8,22-26), guarito due volte, e si chiude con la guarigione del cieco Bartimeo (10,46-52). L’episodio della guarigione del cieco di Gerico, Bartimeo, fa da cerniera tra la sezione dell’ultimo tratto di viaggio di Gesù verso Gerusalemme (10,34-45) e la sezione dell’ingresso trionfale del re davidico (il Figlio di Davide) nella città. La prima si chiude con l’incomprensione dei discepoli, dopo l’annunzio della passione; la seconda inizia con l’aperta acclamazione messianica del Figlio di Davide (11,1-11.27-33). Questo titolo rivolto a Gesù nel vangelo di Marco si trova soltanto qui, nell’episodio di Bartimeo, ed evocava le attese messianiche del popolo ebreo. In Marco 12,35 viene riportato come affermazione degli scribi. Qui Bartimeo l’intende nel senso più ampio e pieno: Figlio di Davide inteso come Messia, colui che realizza, come è scritto in Luca 4,18, la profezia di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi”. Chi meglio di un cieco può vivere nell’attesa che quella parola di Dio si realizzi? Dopo la guarigione del cieco di Betsaida, troviamo la confessione di Cesarea (8,22-26). Per due volte, come nel caso del cieco guarito due volte, Gesù chiede ai suoi discepoli, primo: “Chi dice la gente che io sia?”, e secondo: “E voi chi dite che io sia?”. Segue la confessione di Pietro: “Tu sei il Cristo”. Manca “Figlio di Dio”. Subito dopo c’è il primo annuncio della passione di Gesù (8,31-33), ripetuto poi altre due volte lungo il cammino verso Gerusalemme (9,30-32 e 10,35-45). Pietro rifiuta l’idea di un Messia sofferente, per questo viene rimproverato da Gesù (8,31-33). Ed ecco perché nel vangelo di Marco tutto è affrettato (si noti l’uso frequente dell’avverbio “subito”), solo una cosa è ritardata: la confessione di fede che Gesù è il Figlio di Dio. È alla croce, nel momento più basso e più lontano, che si riconosce che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. Dunque, non un Messia politico o nazionalistico, ma un servo sofferente. Ancora un altro fatto, l’ultimo, che sottolinea l’incomprensione dei discepoli di Gesù che Marco sottolinea spesso. Spostiamoci verso la fine della sezione presa in esame. I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, chiedono a Gesù che gli venga concesso il diritto di sedersi uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra nel regno di Dio (10,35-45). È evidente la concezione terrena e nazionalistica che essi hanno del regno di Dio. La reazione dei dieci fa dire a Gesù che nel suo regno non c’è spazio per le signorie, ma solamente per le diaconie e il servizio. Grande è colui che serve, non chi signoreggia sugli altri. Gesù contesta radicalmente il modello di autorità dispotico che vige tra gli uomini e propone come modello tra i discepoli due figure che sono agli antipodi: il servitore e lo schiavo. Queste due immagini rappresentano la scelta stessa di Gesù. La parola “lytron” indicava il prezzo pagato per liberare uno schiavo. Gesù dà la sua vita in croce come atto di amore e di liberazione degli uomini dal peccato. I figli di Zebedeo chiedono di sedere alla destra e alla sinistra di Gesù. Essi non sanno che stanno chiedendo di “bere lo stesso calice” di Gesù e di essere “battezzati del suo stesso battesimo”. “Calice e battesimo” qui sono due immagini o metafore per dire la stessa cosa: la sofferenza e la morte in croce. E chi starà alla destra e alla sinistra della croce di Gesù? Due ladroni, non due discepoli.

Paolo Mirabelli

23 ottobre 2015

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.