Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Prima della moltiplicazione dei pani, nel vangelo di Marco viene riportato un racconto evangelico che possiamo qualificare come “brano di transizione” (6,30-32): esso infatti si ricollega all’invio in missione dei dodici apostoli (6,7-13) e fa da introduzione al successivo miracolo della prima moltiplicazione dei pani (6,33-44). Marco colloca significativamente la persona di Gesù al centro della scena, o meglio, al centro di due movimenti che vedono Gesù in relazione con i discepoli e con le folle. Due movimenti: dalla folla alla solitudine con i discepoli e dalla solitudine alla folla. Gesù invita i discepoli a stare con lui in un luogo appartato per poi immergersi nuovamente nelle folle che lo cercano. Per noi è difficile comprendere due scelte apparentemente contraddittorie. Il primo movimento, è soltanto su questo che ora ci soffermeremo, vede i discepoli ritornare da Gesù dopo la missione. La relazione tra Gesù e i discepoli in Marco è fortemente accentuata: Gesù stesso, ci dice Marco, “chiamò a sé quelli che egli stesso volle, ed essi andarono a lui” e “ne costituì dodici per tenerli con sé e per mandarli a predicare” (3,13-15). Ora, dopo aver compiuto la missione, i discepoli “si raccolsero attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato” (6,30). In greco è usata la particella “pros” che indica lo stare vicino a e davanti a una persona, particella usata anche in Marco 3,13. Il raccogliersi e riunirsi attorno a Gesù si trasforma per i discepoli in un ritorno alla motivazione radicale della loro chiamata, alle fonti della loro missione, quasi un chiarire a se stessi la propria identità di discepoli e inviati-apostoli a partire da un confronto e da una comunione con Gesù. Ma questa rinnovata consapevolezza è possibile solo se il discepolo impara da Gesù stesso come staccarsi dalla fatica e dagli impegni della missione per trovare un autentico riposo. È questo il senso dell’invito di Gesù: “Venite in disparte, in un luogo deserto, e riposatevi” (6,31). Il discepolo deve fare come Gesù: stare in mezzo alle folle, ma anche sapersi staccare e ritirarsi in solitudine, immergendosi nella preghiera e nell’ascolto della Parola. Questo è il riposare “pros tou theou”, come Marco ci testimonia di Gesù stesso in 1,35; 6,46; 9,2 e, infine, prima della passione, in 14,32. Stando con Gesù, il discepolo imparare da lui come stare in mezzo alla gente e come ritirarsi in disparte e riposare. Attorno a Gesù, il discepolo comprendere che ciò che permette di superare lo scarto tra il desiderio di riposarsi e la fatica di essere immersi nella folla, tra la preghiera e il servizio, è la consapevolezza di essere stato chiamato per “stare con Gesù”. Ed è questo “stare con Gesù”, questa intimità profonda con lui, che crea una continuità nel faticoso cammino del discepolo, pur nella diversità degli impegni spesso frammentari ed in apparente contraddizione tra di loro. Lo “stare con Gesù” è il vero riposo del discepolo.

Paolo Mirabelli

16 luglio 2015

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.