Due uomini vanno al tempio per pregare. Il primo presenta a Dio il proprio curriculum religioso: “Io non sono come gli altri, io sono una persona perbene: digiuno, prego”. Il secondo, stando da lontano, con il capo chino, battendosi il petto, dice a Dio: “La mia vita è tutto un fallimento, è uno schifo. Signore, abbi pietà di me!”. Chi dei due è giustificato da Dio? Con nostra grande sorpresa e, forse, disappunto, è il secondo anziché il primo. Sì, proprio colui che confessa di essere peccatore. Chi torna a casa giustificato, dice Gesù, lo decide Dio, non noi. Ho scoperto di far parte di un gruppo su Facebook. Leggendo alcuni post, ho notato subito lo spirito settario che anima l’amministratore del gruppo: manda tutti all’inferno. Proprio tutti! Per ora ci salviamo solo noi: siamo circa trenta. Presto però ne depenneremo almeno la metà, perché in loro c’è qualcosa che non ci convince del tutto. Così rimarremo in quindici. Prima dell’estate passeremo al vaglio la vita dei quindici e saremo costretti a togliere dalla lista dieci di loro: siamo d’accordo sulle cose che dicono, ma ci preoccupa ciò che non dicono. Entro l’anno faremo un ultimo esame e rimarremo solo io e lui (l’amministratore) nel gruppo. Alla fine, io chiederò che lui venga tolto dal gruppo, e lui farà la stessa cosa con me. Sarà un sfida su chi deve restare. Ho solo un dubbio che mi assale: certe volte non sono d’accordo nemmeno con me stesso. Grazie a Dio, il giudizio è nelle sue mani. E il suo giusto giudizio non è mai senza misericordia. Grazie a Dio, “il Signore conosce quelli che sono suoi”, i cui nomi sono da lui scritti nel libro della vita. Il Vangelo non si predica mandando tutti “all’inferno”, ma cercando di salvarli “dall’inferno”, parlando del meraviglioso dono che Dio offre a tutti noi: la vita in Gesù Cristo. Il Vangelo non si predica urlando, a colpi di sentenze, ma annunciando con amore la buona notizia. La parola “evangelo” significa appunto “buona notizia”, e come tale va annunciata, non come se fosse una saetta infocata scesa dal cielo: le persone che ascoltano il Vangelo devono percepire che si tratta di un lieto annuncio, di un invito o chiamata alla vita, non di una condanna a morte. Il Vangelo non spezza la canna rotta e non spegne il lucignolo fumante. Il Vangelo, è vero, va annunciato integralmente, senza adulterazioni o falsificazioni, senza sottrazioni o addizioni, ma sempre “seguendo verità in carità”, e non con uno spirito settario, fanatico e violento come quello dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, i quali propongono fuoco dal cielo per consumare coloro che non vogliono ricevere Gesù nel loro villaggio. È il Vangelo, non l’amministratore del gruppo, che stabilisce chi è dentro e chi è fuori: “Nessuno può dire: Gesù è il Signore!, se non per lo Spirito Santo”. Non siamo noi il centro focale attorno al quale devono aggregarsi le persone, ma è attorno a Gesù che si decide chi è per lui e chi è contro di lui. Il Vangelo non ha bisogno di guardiani dell’ortodossia, poiché ha una tale potenza in sé che annienta l’errore; esso ha Dio come autore, soggetto e oggetto. Il Vangelo non ha bisogno di avvocati, ma di testimoni, i quali sono in grado di “raccontare le grandi cose che Dio ha fatte per me”. Il Vangelo non ha bisogno di nessun gruppo, anche se si qualifica con il genitivo “di Cristo”, bensì siamo noi che abbiamo bisogno di vivere il Vangelo di Gesù Cristo, morto e risorto.