Il libro di Giosuè è la narrazione degli eventi che seguono l’esodo. Dopo la liberazione dalla schiavitù egiziana e il viaggio nel deserto durato quarant’anni, morto Mosè e l’intera generazione uscita dall’Egitto, eccetto Caleb e Giosuè, Israele entra e conquista la terra di Canaan, non per la sua forza, ma per l’intervento potente e straordinario del Signore. La liberazione del popolo dall’Egitto è finalizzata anche al dono della terra promessa che il Signore intende dare. La storia dei patriarchi (Genesi 12-50) racconta le promesse della terra fatte da Dio ad Abramo, Isacco e Giacobbe. E tali promesse trovano ora il loro adempimento. Spesse volte nell’Antico Testamento la terra promessa, “la terra dove scorre il latte e il miele”, secondo l’espressione più volte ripetuta, viene chiamata “l’eredità del Signore”. E poiché la terra è di Dio, Israele non può disporne a suo piacimento, secondo criteri puramente umani, seguendo le regole dell’economia e del mercato. Il dono ricevuto rende responsabili di fronte al donatore. Il dono della terra significa l’equa distribuzione alle tribù e alle famiglie, secondo la struttura economica e sociale dell’antico Israele. La terra è data da Dio al suo popolo e non può essere monopolizzata a vantaggio di pochi. L’accaparramento nelle mani di pochi latifondisti contraddice alla destinazione fissata dalla volontà di Dio. Israele ha ricevuto dalla mano del Signore un bene da amministrare, perciò deve rendere conto del suo operato. Ogni uso arbitrario diventa un’infedeltà, un rinnegamento del dono, un’affermazione di un diritto che non esiste. Nessun israelita può arrogarsi la pretesa di disporre della terra promessa a proprio piacimento e in modo autonomo e arbitrario. Il Signore è il solo vero padrone della terra e degli uomini: nessun altro può diventare padrone della terra, come nessuno può diventare signore degli uomini. Dunque, il riposo della terra nell’anno sabbatico, e in quello giubilare, non è soltanto una misura economica o una buona regola legata alla agricoltura, ma concretizza e significa il riconoscimento di Dio come Signore e la negazione di ogni signoria umana. L’anno giubilare è come un ritorno alla situazione originaria del popolo di Dio: ritorno dei beni alienati e ritorno delle persone vendutesi in schiavitù. Il ritorno alle origini vuole dire ristabilire la giustizia sociale violata, l’uguaglianza economica manomessa, la dignità offesa dei membri del popolo di Dio. L’assetto sociale d’Israele deve corrispondere al suo essere popolo di Dio e comunità di fratelli. L’anno giubilare trova pertanto senso in questa dinamica di corrispondenza tra esperienza di fede e vita sociale.