Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nella parabola delle nozze del figlio (Matteo 22,1-14), il re manda i suoi servi a dire agli invitati: “Tutto è pronto, venite alle nozze” (22,4). Per quanto i funerali della regina Elisabetta II siano considerati l’evento del secolo, l’evento mediatico più seguito di tutti i tempi (fino ad oggi), si tratta comunque di un funerale. Il funerale è un tempo di dolore e di pianto per la morte di una persona cara, un evento triste e di separazione definitiva. La parabola di Gesù invece parla di un invito a nozze, un invito a partecipare alle nozze del figlio del re. Un evento gioioso e festoso. Poiché il re è Dio e il figlio è Gesù, l’invito a partecipare alle nozze del figlio del re è l’evento più importante della storia umana, è l’invito più importante che ogni singolo uomo possa ricevere. La parabola è una sorta di visione della storia della salvezza, portata a compimento dalla venuta di Gesù Cristo. Essa parla dell’evento messianico (le nozze del figlio del re), del rifiuto opposto all’invito da parte dei primi invitati, della distruzione della loro città (Gerusalemme), dell’invito rivolto a tutti, cioè dell’estensione della missione non solo agli ebrei marginali ma anche ai pagani, del giudizio che incombe sull’uomo che non ha l’abito nuziale (questa parte si situa nell’orizzonte del giudizio). La parabola si gioca sulla dialettica tra dono e responsabilità. L’invito è gratuito, ma impegna chi lo riceve e gli chiede di farsene rispondente. L’abito nuziale significa la conversione e il prezzo della grazia. C’è una risposta che il chiamato è tenuto a dare all’invito gratuito.


L’insegnamento della parabola è come quello delle due parabole precedenti: coloro che sono stati chiamati per primi (ebrei, farisei), con il loro rifiuto, si escludono dal regno di Dio e il loro posto è preso da altri (pagani, peccatori). Gesù rivolge questa parabola ai suoi critici, ed è come se dicesse a loro: “voi siete come quegli ospiti che hanno rigettato l’invito; non avete voluto entrare, perciò Dio chiama altri invitati a partecipare alle nozze del figlio”. L’idea centrale della parabola è evidente. Il banchetto rappresenta il regno di Dio, e l’invitante è Dio stesso. Il figlio è Gesù Cristo. Gli ospiti ragguardevoli invitati per primi sono gli ebrei o i farisei. Gli invitati in un secondo tempo sono i pagani o i peccatori (per chi vede prima i farisei). La nostra preoccupazione di sapere con esattezza chi sono i primi invitati e chi sono i secondi non è quella del vangelo di Matteo. La parabola parla a ciascuno di noi oggi (parla a me e di me), perciò ogni lettore e ascoltatore del vangelo è colui che riceve l’invito di Dio: lo rifiuta o lo accoglie con gioia e gratitudine?


Ma perché alcuni invitati rifiutarono la chiamata di Dio? Perché alcuni (molti o pochi) anche oggi rifiutano l’invito alle nozze che Dio rivolge? Secondo la parabola di Gesù, molti sono gli ostacoli che l’uomo oppone alla chiamata di Dio. Anzitutto c’è la volontà: “non vollero venire” (22,3). Non basta essere invitati, occorre rispondere “sì” a Dio. Nessuno li ha costretti a rifiutare l’invito: sono loro che dicono di “no”. C’è poi l’indifferenza di chi non apprezza e non stima adeguatamente il dono ricevuto; c’è la superficialità di chi non ne coglie la preziosità, come invece sa fare il mercante di perle che vende tutto per acquistare la perla di grande valore; c’è la stoltezza di chi si chiude nei propri orizzonti ristretti e pensa solo ai propri affari: “Ma quelli, non curandosene, se ne andarono chi al suo campo, chi al suo commercio” (22,5). Infine c’è l’aggressività e la violenza di chi vede nell’invito di Dio un elemento di disturbo dei propri piani e dei propri orizzonti carnali e umani: “presi i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero” (22,6).


“Tutto è pronto”, il dono di Dio ci precede sempre (la vita e il creato ci precedono). Tutto è pronto perché tutto è compiuto da Gesù sulla croce. C’è un invito (chiamata), un dono, non accolto perché non se ne coglie il valore e la bellezza: si preferisce rimanere nell’ordinario della propria esistenza nonostante l’insistenza del re; si vuole tenere ciò che si ha e rimanere come si è piuttosto che aprirsi al progetto di Dio. “Invitare” è detto con il verbo greco kaleo, che significa “chiamare”: è sempre Dio che chiama. Tutti ricordano la chiamata di Abramo: il Signore irrompe nella sua vita (ormai finita e senza futuro) e fa di lui il padre di un popolo, dal quale è venuto il Cristo. Dio chiama tutti noi alle nozze del figlio: ci chiama a far parte del suo regno, della sua chiesa, della sua famiglia, e ci dona il privilegio di essere suoi figli e di risplendere come luce in un mondo di tenebre. I figli di Dio, quando invecchiano, non aspettano la morte e non sperano in un bel funerale, bensì aspettano dai cieli il Signore, il Figlio del Re, pronti come una sposa adorna per il suo sposo.

Paolo Mirabelli

19 settembre 2022

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.