Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il vangelo di Matteo dedica una sezione considerevole alla predicazione di Gesù in Galilea (più degli altri sinottici). Matteo offre una abbondante documentazione su questo periodo del ministero di Gesù: dalla chiamata dei primi discepoli alla confessione di fede in Cesarea di Filippo. In questa sezione occupa un posto singolare il lago di Tiberiade o mare di Galilea. Il motivo per cui si vuole qui ricordare questo lago o mare è perché, come spesso accade nel mondo della Bibbia, non si tratta soltanto di un luogo geografico, ma anche di un luogo teologico, legato in qualche modo alla storia della salvezza. Nell’Antico Testamento si parla del “mare di Chinneret” (Numeri 34,11) o Keneret (Giosuè 13,27) o Kenorot (Giosuè 12,3). Nei vangeli il lago è chiamato in diversi modi: “lago di Gennesaret” (Luca 5,1), “mare di Tiberiade” (Giovanni 6,1; 21,1), “mare di Galilea” (Giovanni 6,1). La città Tiberiade nei primi tempi dopo la fondazione era abitata prevalentemente da pagani. Gli ebrei osservanti non la abitavano perché era costruita su una zona cimiteriale. Non sappiamo se Gesù sia mai stato a Tiberiade durante il suo ministero pubblico.


La sezione del vangelo di Matteo dedicata al ministero galilaico inizia con Gesù che si stabilisce a Cafarnao o Capernaum, dopo l’arresto di Giovanni Battista (4,12-13), e si chiude con la confessione di fede di Pietro a Cesarea di Filippo (16,13-20). Matteo è il solo dei quattro evangelisti a dire che Capernaum era “la sua città” (9,1). In questo periodo Gesù predica la buona novella agli abitanti della regione. Con le opere e le parole annuncia il regno di Dio. Il lago o mare ha qui un riferimento principalmente storico e geografico. Venendo ad abitare a Cafarnao si adempie una profezia di Isaia (8,23). È in questa regione che si accende la luce del Messia di cui parla la profezia isaiana. Matteo, che più degli altri evangelisti mette in risalto il significato messianico del ministero di Gesù nella regione di Zabulon e Neftali (la Galilea), riporta poi il rimprovero di Gesù alle città impenitenti del lago: Corazin, Betsaida, Capernaum (11,20-24). Dal capitolo 13 al capitolo 16 il vangelo di Matteo riporta alcuni discorsi e miracoli di Gesù. È sulle rive del lago di Tiberiade o mare di Galilea che si svolse tanta parte del suo ministero galilaico. Solo in Matteo troviamo una parabola del regno che ha per riferimento proprio il mare: è la parabola della rete che pesca ogni sorta di pesci (13,47-50). Nonostante l’insegnamento e i molti prodigi da lui compiuti, non sembra che la popolazione si sia convertita in massa o che abbia avuto una grande fede. Dopo la morte di Giovanni il Battista, Gesù si ritira in barca verso un luogo deserto, in disparte. La gente lo segue a piedi dalle città. Gesù vede le folle, ne ha compassione: guarisce i malati e opera la prima moltiplicazione dei pani. Senz’altro il miracolo dei pani (e dei pesci) rievoca o richiama quello della manna nel deserto: come Mosè, così Gesù dà pane da mangiare a migliaia di persone.


In questa sezione del ministero galilaico ci sono due episodi raccontati da Matteo che accadono proprio sul mare e che riguardano la fede dei discepoli: si tratta della tempesta sedata (8,23-27) e di Gesù che cammina sul mare (14,22-23). Dopo la tempesta sedata, Gesù approda con i suoi discepoli nel paese dei Gadareni, una regione abitata prevalentemente da pagani, e opera o compie il miracolo della guarigione (liberazione) dei due indemoniati. Respinto dagli abitanti della regione, fa ritorno alla sua città, attraversando di nuovo il mare. È significativo (incredibile) che colui che è signore del mare e del creato e vincitore dei demoni venga respinto dagli uomini. Anche l’episodio di Gesù che cammina sul mare è incorniciato da un viaggio di andata e ritorno attraverso il lago o mare. Dopo la tempesta sedata i discepoli si interrogano sulla vera identità di colui “al quale anche i venti e il mare ubbidiscono” (8,27); dopo l’episodio di Gesù che cammina sul mare “quelli che erano nella barca” si prostrano davanti a lui e dicono: “Veramente tu sei Figlio di Dio!” (14,33).


Tutti questi episodi hanno il lago di Tiberiade o mare di Galilea non solo come sfondo geografico e storico, ma anche come luogo teologico. Il lago o mare di Galilea rievoca ai discepoli, e al lettore attento della Bibbia, antichi fatti della storia della salvezza e antichi testi biblici. I fatti vissuti dai discepoli ricordano gli avvenimenti dei tempi dell’esodo dall’Egitto, del passaggio del mar Rosso e il cammino verso la terra promessa. Nella barca che rischia di affondare nel mare in tempesta non ci sono solo gli apostoli, ma anche tutti noi che sperimentiamo quanto la nostra vita e storia personale e comunitaria, nel mare agitato del mondo, sia sostenuta e condotta da Gesù Cristo, il Figlio di Dio.

Paolo Mirabelli

20 luglio 2022

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.