Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Rispetto ai vangeli sinottici, Giovanni si caratterizza per una maggiore rivelazione che Gesù fa di se stesso e della relazione (unità) che egli ha con il Padre. Il quarto vangelo ha una forte accentuazione cristologica. Una caratteristica di questa cristologia è costituita dalle formule di autorivelazione che Gesù fa con le tipiche parole dette in prima persona: “Io sono” (ego eimi). Queste formule sono usate nell’Antico Testamento in riferimento a Dio in almeno quattro modi: per rivelare chi è Dio; per assicurare la fedeltà di Dio alle sue promesse; per affermare l’unicità di Dio rispetto alle divinità pagane; per riconoscere l’azione salvifica e permanente di Dio nel mondo. In Esodo 3,14, “Io sono” sta per il nome divino di Dio. Infatti Mosè chiede qual è il nome di Dio, e il Signore risponde: “Io sono colui che è”. Perciò possiamo affermare che nell’Antico Testamento queste formule parlano di Dio, di ciò che egli fa, e ne rivelano il suo nome. Il vangelo di Giovanni usa queste formule secondo due modelli: assoluto e nominale. Altri parlano di tre modi: assoluto, con un predicato implicito e con un predicato. Al di là dei vari modelli proposti e delle regole grammaticali che si dimenticano facilmente, ciò che conta è cogliere il significato che esse hanno nel vangelo.


Le formule di autorivelazione assoluta usate da Gesù le troviamo in quattro passi: 8,24; 8,28; 8,58; 13,19. Il più noto di questi quattro è Giovanni 8,58: “Prima che Abramo fosse, Io sono”. Il primo di questi passi riguarda il contenuto di fede, il credere in Gesù: “Se non credete che Io sono, morirete nei vostri peccati”. A questi quattro testi con uso assoluto sono da aggiungere altri due passi che sottintendono un predicato. Il primo riporta le parole di Gesù ai suoi discepoli spaventati perché lo vedono camminare sulle acque: “Sono io, non temete” (6,20). Il secondo è l’episodio dell’arresto di Gesù nel Getsemani e riporta le sue parole rivolte a coloro che sono venuti per arrestarlo: “Sono io” (18,5-8). Con queste parole Gesù si identifica come colui che è ricercato, ma il lettore del quarto vangelo coglie in esse anche l’affermazione della divinità di Gesù. Tutti questi testi sono epifanici: rivelano la sua vera identità divina.  Infatti dopo 8,58 i giudei vogliono lapidare Gesù; dopo 18,6 quelli che sentono che egli dice “Io sono” cadono a terra. A questi due passi con predicato implicito potremmo aggiungerne pure un altro: quello con la donna samaritana (4,26). Alla donna che parla del Messia, Gesù dice: “Sono io”; è sottinteso “sono io il Messia”. Alla luce dell’Antico Testamento sulla rivelazione di Dio, l’uso che Gesù fa di queste formule dimostra la sua divinità di Figlio di Dio e la sua relazione unica con il Padre: ne è prova pure il fatto che le sue parole suonano alle orecchie dei giudei come una bestemmia.


Le formule di autorivelazione nominale (il predicato nominale, che segue il verbo essere, indica una qualità o qualcosa che riguarda il soggetto) sono sette. L’uso nominale di queste formule è riportato in sette testi del vangelo di Giovanni: “Io sono il pane della vita” (6,35-51); “Io sono la luce del mondo” (8,12); “Io sono la porta delle pecore” (10,7-9); “Io sono il buon pastore” (10,11-14); “Io sono la risurrezione e la vita” (11,25); “Io sono la via, la verità e la vita” (14,6); “Io sono la vera vite” (15,1-5). Gesù è il pane della vita, è la luce del mondo, è la porta delle pecore, è il buon pastore, è la risurrezione e la vita, è la via e la verità, è la vera vite. Con queste formule nominali di autorivelazione, Gesù pone in risalto soprattutto la sua missione di salvezza per gli uomini, per il mondo (3,16). Egli è colui che soddisfa le attese degli uomini, i loro desideri e bisogni più profondi. Gesù è il pane che dà vita, l’acqua che disseta, la luce che illumina, la porta d’accesso alla salvezza, il pastore che pasce le sue pecore e dà la vita per esse, la vite che dà vita ai tralci, la via, la verità e la vita. Queste espressioni predicative, oltre ad essere formule di riconoscimento, contrappongono Gesù ad altre realtà: il pane alla manna, la luce alle tenebre del mondo e alle lampade del tempio, il pastore ai mercenari, la via, la verità e la vita alle illusioni e alle menzogne di questo mondo.


Tutte queste formule (assolute e predicative) mettono in luce chi è veramente Gesù e che cosa egli sia per l’uomo. Egli è il volto del Padre, colui che dà volto e parola a Dio. Egli è l’unica strada per accedere a Dio ed è la sola fonte di vita eterna per chiunque crede in lui (20,30-31). Se le formule di autorivelazione assoluta rivelano principalmente la divinità di Gesù, quelle predicative ci dicono che Gesù è ciò di cui l’uomo ha veramente bisogno e rivelano che egli è venuto nel mondo affinché gli uomini abbiano la vita in abbondanza (10,10).

Paolo Mirabelli

28 giugno 2022

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.