Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La guerra in atto tra Russia e Ucraina preoccupa e spaventa molto. Dopo le atrocità della seconda guerra mondiale, che abbiamo vissuto non in prima persona, ma tramite la testimonianza dei nostri padri, non pensavamo di dover vedere nuovamente una guerra in Europa. Guerra significa morte, cadaveri lasciati per terra, distruzione, bambini che piangono, donne e uomini che fuggono; e già ci sono i primi profughi. Un tempo le guerre si combattevano sul campo: due eserciti si affrontavano e si davano battaglia. Oggi le guerre si combattono a chilometri di distanza: armi super tecnologiche capaci di colpire un obiettivo a centinaia di chilometri. Un tempo le guerre riguardavano due o più nazioni. Oggi anche le guerre sono globalizzate, non hanno più frontiere: siamo così interdipendenti che una qualunque guerra riguarda tutti, chi più e chi meno. L’Italia dipende dalla Russia per il gas: ecco perché siamo così in ansia come paese. In passato c’era chi tra di noi diceva che il nostro è “il tempo del meno”: meno risorse, meno certezze, meno autorità, meno sicurezza. Oggi bisogna dire che il nostro è anche “il tempo del più”: più paura, più incertezza, più tensione.


Alla luce di quanto sta accadendo tra Russia e Ucraina, nell’est d’Europa, alcuni dicono: “Ci siamo, questa è la fine predetta da Gesù!”. Si cita come testo probante il discorso profetico di Gesù riferito in Matteo 24 e paralleli. Non c’è dubbio che la Bibbia e Gesù parlino della fine del mondo. La fede dei primi cristiani è fede dell’attesa di colui che viene (il Cristo). Come cristiani dobbiamo essere sempre pronti alla sua venuta, attenderlo con gioia e non con la paura di chi sa di dover comparire da inquisito in un tribunale. Il Signore potrebbe venire oggi o fra mille anni: non lo sappiamo. Ciò che però non dobbiamo fare è calendarizzare la sua venuta, fissare delle date, come fanno i falsi profeti. Non sono mai mancati nella storia del cristianesimo, nei tempi agitati, nei momenti di crisi, nel passaggio da un millennio a un altro, gli apocalittici di turno. Il lampo che viene da levante e si vede fino a ponente non descrive nessuna guerra, non parla di un missile atomico della Russia che attraversa il cielo di tutto il mondo, ma è la metafora o il linguaggio apocalittico per dire che la sua venuta sarà improvvisa, manifesta a tutti e definitiva.


Nel suo discorso profetico o escatologico (ora non serve entrare nelle discussioni teologiche) Gesù vuole preparare i suoi discepoli ad affrontare la crisi della storia. La storia, come sappiamo, è fatta di momenti positivi e di momenti negativi, di momenti di guerre e di momenti di pace, di tante cose belle e di tante cose brutte. Personalmente credo che sarà sempre così: non avremo mai il paradiso sulla terra, come non avremo mai “l’inferno” sulla terra. C’è una differenza però: nei tempi difficili, il cristiano potrebbe pensare che la storia sia sfuggita di mano a Dio. Quando c’è “pace e sicurezza” (1 Tessalonicesi 5,2) ci sono coloro che sono propensi a dire: “Dov’è la promessa della sua venuta? Tutte le cose continuano come dal principio della creazione” (2 Pietro 3,4). Quando invece accade qualcosa di terribile, di sconvolgente, allora si comincia a fare una riflessione sulla fine. Quand’è che un uomo pensa alla fine, a vent’anni o a novanta? Quando sente la morte vicina.


Nel suo discorso profetico Gesù parla ai discepoli della distruzione di Gerusalemme, della fine del mondo e della sua venuta. Il Signore descrive un mondo in crisi e confuso, in via di disgregazione per le grandi catastrofi politiche e naturali. Gesù parla anche dello sbandamento in cui può trovarsi il discepolo che vive quei momenti e quelle situazioni che possono paralizzare l’esistenza, spaesare l’interiorità, far vacillare la fede e la convinzione che il Signore non abbandona i suoi in balìa degli eventi tragici. Gesù avverte i discepoli a non cadere in confusione, a non lasciarsi travolgere dagli eventi; li esorta a vivere il tempo della prova in maniera responsabile; li invita a vegliare, a pregare, a lasciarsi guidare dalla Parola e a non chiudere il futuro alla speranza. Servendosi del linguaggio profetico e apocalittico, il Signore parla di disastri e sconvolgimenti cosmici che si concludono con la gloriosa venuta del Figlio dell’uomo. I segni nel sole, nella luna e nelle stelle dicono che non c’è niente di stabile e di duraturo nelle cose che l’uomo contempla; non si tratta di realtà ultime. Anche di fronte a fenomeni sconvolgenti come questi il discepolo non deve smarrirsi, non deve correre, di qua e di là, dietro ai falsi profeti che dicono: “Eccolo, è nel deserto”. Persino dopo la distruzione di Gerusalemme la storia è continuata. Il discepolo sa che la crisi della storia non è la fine del mondo: il mondo finirà non per la crisi della storia, ma per la parola di Dio.

Paolo Mirabelli

25 febbraio 2022

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.