Tutti e quattro i vangeli riferiscono di una polemica a proposito dell’osservanza del sabato fra Gesù e i farisei (sinottici), fra Gesù e i giudei (Giovanni). Anche le prime comunità hanno polemizzato con la sinagoga dei giudei sulla legge e il sabato, soprattutto quando i convertiti dal paganesimo entrarono a far parte della chiesa. Qui ci interessa la situazione e la controversia di Gesù sul sabato, non soltanto perché è il primo ambiente di origine della polemica, ma anche perché illumina le altre e ci permette di cogliere il vero significato del sabato comandato nell’Antico Testamento. In che cosa consiste tale polemica con i farisei, perché è nata, qual è il senso del sabato alla luce della novità di Gesù? L’argomento è vasto e complesso e il dato biblico è tanto, perciò in questo breve articolo ci limitiamo a cogliere una prima visione d'insieme e prenderemo in esame soltanto alcuni dati riportati dal vangelo di Marco, il più conciso dei vangeli.
Marco, nei capitoli iniziali del suo vangelo, riferisce di un primo contrasto tra Gesù e i farisei sul sabato, uno scontro originato dal fatto che i discepoli, passando per i seminati (i campi di grano) in giorno di sabato, strada facendo, si misero a strappare delle spighe e, dopo averle sfregate con le mani, ne mangiavano il frutto; talché i farisei cominciarono a dire a Gesù che i suoi discepoli facevano ciò che non era lecito fare in giorno di sabato (2,23-28). Un secondo contrasto, accaduto subito dopo nella sinagoga, è motivato dal fatto che Gesù guarì di sabato un ammalato, un uomo dalla mano paralizzata (3,1-6). Che i farisei fossero presenti nella sinagoga e partecipassero al culto è del tutto normale, stupisce invece trovarli nei campi di grano: questo fatto è rivelatore del livello di ostilità contro Gesù, tanto che i vangeli segnalano spesso la presenza di commissioni d’inchiesta mandate dalle autorità giudaiche a indagare su Gesù.
Questi due racconti non vogliono semplicemente riferirci di una tensione esistente e crescente, di un contrasto e di un’opposizione molto forte nei confronti di Gesù da parte dei farisei, ma intendono anche mostrare come l’agire e il comportamento di Gesù si fondano sostanzialmente su queste due affermazioni fatte da Gesù stesso: la prima, il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato (2,27); la seconda, il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato (2,28). L’esempio citato da Gesù, quello di Davide che, “quando fu nel bisogno ed ebbe fame” (2,25-26), entrò nella tenda e mangiò i pani di presentazione e ne diede ai suoi compagni, conferma che l’agire di Gesù a favore dell’uomo trova accordo e fondamento nelle Scritture. Matteo qui fornisce più informazioni, citando anche l’esempio dei sacerdoti che ministravano in giorno di sabato nel tempio senza però violare il sabato (12,1-8), perché il suo vangelo risente di più della controversia tra la sinagoga e la chiesa, tra i giudei e i primi cristiani sul sabato e sull’uso dell’Antico Testamento.
La polemica dei farisei sul sabato non è una rivendicazione sindacale, non è una questione morale o disciplinare, ma è teologica; era diventata anche una questione identitaria: il vero israelita era chi osservava il sabato, la circoncisione e certi precetti. Ai tempi di Gesù il sabato non era più un segno di gioia per la creazione e il dono della libertà, ma era un dovere da compiere, un pesante giogo: l’uomo era fatto per il sabato. La contestazione di Gesù rovescia tale principio: il sabato è fatto per l’uomo. Tutto questo presuppone una diversa concezione di Dio: nel primo caso si suppone un Dio padrone che carica di pesi gravi l’uomo con i precetti; nel secondo caso la signoria di Dio si esprime nella gioia e nella liberazione. Per i farisei l’onore di Dio, manifesto nella rigida osservanza del sabato, era da preferire alla salvezza dell’uomo. Gesù invece contesta la durezza di cuore dei farisei e afferma che bisogna cambiare il modo di concepire Dio. Egli rivela un Dio che mette al centro la salvezza dell’uomo: non si va contro Dio quando si cerca la salvezza dell’uomo; l’intera storia della Bibbia mostra l’amore di Dio per l’uomo creato a sua immagine.
La seconda affermazione (il Figlio dell’uomo è signore del sabato) indica chiaramente la ragione ultima su cui i discepoli di Gesù e i primi cristiani poterono affermare la loro libertà nei confronti delle prescrizioni giudaiche sul sabato e sugli altri precetti. Il cristiano è mosso dalla convinzione che in Cristo trovano compimento tutte le istituzioni dell’antica alleanza. Il sabato, che celebrava il riposo della creazione e la liberazione dalla schiavitù egiziana, anticipava il riposo recato da Gesù Cristo a coloro che vanno a lui e la vera libertà dei figli di Dio.
Alla luce di quanto abbiamo detto, possiamo trarre alcune conclusioni. La prima, Gesù non rende più tollerabile l’osservanza del sabato, ma, con l’autorità del Figlio dell’uomo, dà il vero significato o senso del sabato, che in lui ha compimento. La seconda, non è l’uomo che stabilisce ciò che Dio vuole, che stabilisce le cose da fare o da non fare, ma è il Figlio dell’uomo che ci fa conoscere la volontà del Padre. La terza, le istituzioni di Dio sono per il bene dell’uomo, per liberarlo da ogni forma di schiavitù. La quarta, la nuova visione offerta da Gesù induce a rivedere la comprensione del sabato e dell’intera legge, che in lui trovano compimento. La quinta, la concezione del sabato è legata alla concezione della signoria di Dio e di Gesù: quella del Figlio dell’uomo è una signoria che si realizza nel perdono dei peccati (2,10) e nella libertà da tutte le prescrizioni giudaiche e da tutti i precetti umani (2,28).