Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La guarigione del ragazzo indemoniato, lunatico o epilettico, si trova in tutti e tre i vangeli sinottici (Matteo 17,14-21; Marco 9,14-29; Luca 9,37-43). I vangeli parlano di un ragazzo posseduto da uno spirito immondo, che di continuo subisce gli assalti della morte. Mentre Gesù è sul monte a pregare, il padre del ragazzo conduce suo figlio dai discepoli di Gesù in cerca di guarigione e liberazione, ma i discepoli sperimentano un grande insuccesso, tanto che sono accusati dagli scribi di essere degli imbroglioni. L’arrivo di Gesù sorprende tutti: i discepoli, imbarazzati per il loro fallimento; gli scribi, scoperti mentre criticano (è l’unica cosa che sanno fare); la folla, spettatrice impassibile di ciò che sembra uno spettacolo; il padre del ragazzo, sfiduciato e disperato per una situazione che vede ormai irrimediabile. Dopo il dialogo con il padre, Gesù sgrida lo spirito, solleva il ragazzo in piedi e lo restituisce a suo padre completamente guarito.


I tre evangelisti, Matteo, Marco e Luca, raccontano lo steso episodio ma con particolari differenti e da prospettive diverse. La particolarità di ciascun vangelo, che sembrano oscurare l’avvenimento, in realtà sono come i chiaroscuri nei quadri del Caravaggio che fanno risaltare meglio il punto centrale del quadro: mostrare la vera identità di Gesù e la sua potenza, che vince il potere della morte e dei demoni. Particolarità però non significa inventare dei dati o mettere in scena dei personaggi che non esistono nella realtà: questo significherebbe tradire la fedeltà e l’autenticità dei fatti evangelici. Al di là delle differenze, i tre vangeli intendono narrarci un episodio della vita di Gesù che manifesta un intervento di Dio, immensamente superiore alle capacità umane, in favore di un padre angosciato e implorante. Spogliare i vangeli dei miracoli, riducendoli a una raccolta di detti o messaggi, in nome del dogma laico sull’impossibilità del soprannaturale, è la cosa più blasfema che si possa fare. Il miracolo è esso stesso messaggio: ci dice che noi non siamo lasciati soli nel mondo, non siamo destinati a una vita in cui tutto dipende solo da noi, in balia del male, dei demoni, di satana e della morte; ma il Signore è presente in mezzo a noi con la sua potenza, il suo amore, la sua cura.


Matteo, nel suo racconto, distingue la guarigione (17,14-18) dal dialogo con i discepoli (17,19-21), i quali hanno una funzione principale e sono nominati più volte (17,14.16.19.20). Il brano sottolinea per ben tre volte la loro incapacità: “non hanno potuto guarirlo”, “perché noi non l’abbiamo potuto cacciare?”, “niente vi sarà impossibile” (17,16.19.20). Per il vangelo di Matteo uno dei problemi dei discepoli è la “poca fede” (oligopistia). È sintomatico che Gesù non lodi mai i suoi discepoli per la loro grande fede, come avviene con il lebbroso, il centurione, i portatori del paralitico, l’emorroissa. Il rapporto tra granello di senape e montagna esprime la certezza che Dio può fare tutto: una forza capace di spostare le montagne non può venire certo dagli uomini, ma da Dio; oltre alla fede, però, per spostare le montagne è necessario il mandato soprannaturale di Dio.


Marco riporta una narrazione più estesa e vivace dell’avvenimento: il miracolo rappresenta non più una specie di catechesi riservata ai discepoli, come in Matteo, ma un racconto nello stile giovanneo. L’evangelista descrive l’accorrere della folla all’apparire di Gesù, lo stupore, la discussione tra gli scribi e i nove discepoli rimasti a valle, la mancata risposta alla domanda di Gesù, il presentarsi del padre, il lamento di Gesù, la descrizione che il padre fa della possessione, la richiesta accorata del padre del ragazzo, l’invito di Gesù ad avere fede, il grido implorante del padre, l’ordine di Gesù al demone di uscire dal ragazzo, l’uscita rumorosa dello spirito, l’apparente morte del ragazzo, Gesù che lo rialza in piedi. Nel dialogo finale con i discepoli, Marco non menziona la necessità della fede per cacciare il demone, come fa Matteo, bensì la preghiera. Inoltre, Marco vuole fare emergere che testimone del miracolo è la folla: questo è un miracolo operato in pubblico. Dopo l’annuncio della passione fatta ai discepoli (8,31), dopo la trasfigurazione avvenuta alla presenza di soli tre discepoli (9,2.9), questo miracolo operato davanti alla folla pone in risalto il trionfo di Gesù su satana, la sua vittoria contro gli spiriti immondi.


Luca dal canto suo pone in evidenza la bontà di Dio verso gli uomini. Omette il dialogo finale tra Gesù e i suoi discepoli. Sottolinea che si tratta di un figlio unico restituito al padre. L’incapacità e l’impotenza dei discepoli di guarire e liberare il ragazzo indemoniato, la meraviglia e stupore della folla, la potenza di Gesù, tutto concorre, per l’evangelista, ad evidenziare la bontà di Dio.

Paolo Mirabelli

17 gennaio 2022

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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