Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il salmo 117 è il più breve del salterio (il libro dei Salmi): ha solo 2 versetti, diciassette parole, nove vocaboli. Cinque sono le parole chiavi di questo Salmo: halelu (lodate), goim (indica normalmente le nazioni pagane; il greco traduce goim con ethne), ’am (indica di solito il popolo d’Israele; il greco traduce ’am con laos), hesed (tradotto misericordia, bontà, amore), ’emet (fedeltà, verità, sincerità). Il Salmo è una introduzione innica di carattere e uso antifonale, musicato da Mozart. Il Salmo 117 è un Salmo o inno per ogni occasione. La comunità che canta questo Salmo ha fatto esperienza della misericordia e della fedeltà del Signore.


Tutte le nazioni, non solo Israele, sono invitate a partecipare al culto di Dio: “Lodate il Signore, voi nazioni tutte! Celebratelo, voi tutti i popoli!”. Motivo della lode sono due attributi di Dio: la bontà e la fedeltà del Signore. L’ebraico hesed viene tradotto con bontà, amore, misericordia; qui sembra riferirsi soprattutto alla misericordia di Dio che soccorre, si china verso l’uomo, si preoccupa di lui e gli perdona i suoi peccati. La misericordia (amore) di Dio non viene mai meno, nonostante le continue infedeltà dell’uomo. Mosè ci dice che “Dio è misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua fedeltà fino alla millesima generazione, perdona il peccato ma punisce l’iniquità fino alla quarta generazione” (Esodo 34,6-7). L’estensione dell’amore e della misericordia di Dio (mille generazioni) supera enormemente quella della punizione.


La perenne bontà o misericordia di Dio viene abbinata alla fedeltà (nel greco viene tradotto verità o sincerità). La fedeltà tiene Dio ancorato alle sue promesse. Nell’Antico Testamento i due termini (bontà e fedeltà di Dio) vengono spesso accoppiati, compaiono assieme: Il Signore è ricco di bontà e di fedeltà. È sul fondamento di questi attributi di Dio che sia Mosè sia i profeti annunciano che “il Signore si mostra propizio alla sua terra e al suo popolo” (Deuteronomio 32,43), che “farò tornare i deportati nel paese e lo ristabilirò come era prima” (Geremia 33,10-11), che “farò tornare, sotto i vostri occhi, quelli che sono in esilio” (Sofonia 3,20).  I Salmi ripetono spesso che la bontà e la fedeltà di Dio sono per coloro che rispettano l’alleanza. Ecco le parole del re Davide in uno dei suoi Salmi più belli, in cui eleva l’anima sua al Signore: “Tutti i sentieri del Signore sono bontà e verità per quelli che osservano il suo patto e le sue testimonianze” (25,10). La risposta del giusto alla bontà e fedeltà di Dio è il ringraziamento e la lode.


Quando leggiamo l’Antico Testamento troviamo spesso due insegnamenti intrecciati tra di loro: il particolarismo e l’universalismo; il particolarismo d’Israele e l’universalismo di tutti i popoli. Il particolarismo nasce con lo stesso popolo ebraico: è una conseguenza della sua elezione e di tutti i privilegi che tale elezione comporta. Israele fu scelto per essere il testimone delle opere del Dio unico nel mondo, fu scelto per preparare il mondo alla venuta del Messia, Gesù Cristo. Già nella vocazione di Abramo troviamo l’elezione di un popolo, il particolarismo, e la benedizione di tutte le famiglie della terra, l’universalismo (Genesi 12,1-3). La separazione d’Israele da tutti i popoli non è fine a se stessa, ma in preparazione alla venuta di Gesù e serviva di testimonianza a tutti i popoli della terra: Voi (Israele) siete i miei testimoni, dice il Signore (Isaia 44,8). È nella natura stessa del testimone essere per coloro ai quali è destinata la testimonianza. Se Israele è stato voluto e scelto da Dio per essere testimone del suo disegno salvifico, fino alla venuta del Figlio, è chiaro che coloro ai quali la testimonianza è diretta sono inclusi, anche se in modo diverso, nella stessa elezione divina. Dunque la dialettica popolo di Dio (Israele) e nazioni (i pagani) presente nell’Antico Testamento non si oppone all’universalismo, manifestato e realizzato pienamente in Gesù Cristo, come spiega l’apostolo Paolo in uno dei brani più noti del suo epistolario: “Non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina, poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3,28).


Il Salmo 117, con il suo universalismo che invita tutte le nazioni alla lode a Dio, è una prova e una conferma che tutti i popoli della terra hanno accesso alla bontà e fedeltà di Dio in Cristo. Chi loda e celebra Dio lo fa perché è riconoscente, pieno di gratitudine per essere stato amato da Dio e per le benedizioni che ha ricevute dal Signore. Paolo, alla luce della piena rivelazione in Gesù, interpreta e legge il Salmo 117 in modo esclusivamente universalista, affermando che il Vangelo è per tutti gli uomini: “Nazioni, lodate tutte il Signore; tutti i popoli lo celebrino!” (Romani 15,11).

Paolo Mirabelli

10 gennaio 2022

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.