Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La parola di Dio che è nel principio, la parola di Dio che crea ogni cosa, la parola di Dio rivolta ai profeti, la parola di Dio che si fa evento storico di salvezza, la parola di Dio che sempre accade in uno spazio e in un tempo precisi, la Parola di Dio si è fatta carne (kai ho logos sarx egheneto). È questa la notizia, singolare e sorprendente, con la quale Giovanni inizia il suo vangelo. Il prologo di Giovanni (1,1-18) però non esprime un astratto concetto filosofico o teologico, ma un evento vitale accaduto nella storia, che la teologia indica con il termine “incarnazione”. Il prologo comincia dal principio (1,1), un rimando al libro della Genesi (1,1), e traccia un itinerario che, iniziato presso Dio, va verso l’incarnazione del Logos (termine greco tradotto in italiano con Parola), avvenuta nella storia, circa duemila anni fa. Il movimento del prologo sembra allora essere quello di una linea che va dall’alto verso il basso, da cielo verso la terra, dalle altezze dell’eternità si va verso il tempo della storia, dalla gloria del Dio invisibile si giunge alla bassezza di questo mondo, una realtà difficile e complessa. Non è mai cosa facile commentare il prologo giovanneo, il rischio è quello di balbettare di fronte a tanta immensità. Soltanto con la guida dello Spirito Santo e un atteggiamento di umiltà e di preghiera possiamo provare a cogliere dei barlumi di luce di fronte all’immensità di tanto splendore. Ci accingiamo a fare una lettura di alcuni aspetti dei versetti 14 e 18.


L’incarnazione esprime l’evento per cui colui che era Dio (1,1) divenne carne (1,14). Il verbo greco egheneto (aoristo indicativo) è al passato e si riferisce a un’azione puntuale, a un fatto storico, a un preciso accadimento nello spazio e nel tempo. Il Dio invisibile ha reso visibile la sua gloria e la sua presenza nel Logos fatto carne. E allora è il Figlio il luogo dove incontrare Dio e conoscere il Padre. Israele ha sempre cercato Dio, la sua gloria, il suo volto. Il tempio di Gerusalemme era il luogo dove molti si recavano alla ricerca di Dio per poterlo incontrare, come attestano numerosi Salmi. Gesù (non più la tenda di convegno, il tempio o qualche altro luogo) è ora la tenda dove incontrare Dio. Il greco eskenosen (1,14), da skenoo, si può tradurre con “pose la tenda”. Gesù è il rivelatore, ma è anche colui che conduce al Padre (questo è uno dei significati di exeghesato, 1,18).


Il Logos (nelle nostre versione è reso Parola o Verbo) che era verso Dio (pros ton theon, 1,1), quasi a dire che era rivolto verso il Padre in posizione di ascolto e di colloquio intimo con il Padre, si è fatto carne, come un qualunque uomo. Il Logos, che “è nel seno del Padre” (eis ton kolpon tou Patros, 1,18), ha fatto conoscere il Padre agli uomini. Il verbo greco exeghesato, exegeomai, da cui deriva esegesi, può avere più significati: rivelare, spiegare, narrare. Il Figlio è colui che dà volto e parola al Padre. È lui che consente a noi di rivolgere la nostra vita verso Dio e che ci permette, per così dire, di assumere la posizione del discepolo amato, il quale durante la cena aveva il capo sul petto di Gesù (en to kolpo tou Iesou, 13,23).


Il Logos si è fatto carne, dunque è entrato nella storia: e questo evento è raccontato nel vangelo. La testimonianza del discepolo amato, che è al centro del kerygma, è nel vangelo di Giovanni, scritto perché il credente possa entrare nel movimento di ascolto e di comunione con il Padre e il Figlio. La conoscenza e l’accesso al Padre avviene soltanto tramite il Figlio. L’accesso a Gesù avviene tramite il vangelo. Non c’è altro modo per noi di conoscere il Figlio, di avere accesso a Gesù Cristo, se non tramite il vangelo. È il vangelo che ci permette, rimanendo all’immagine di prima, di poggiare il nostro capo sul petto di Gesù. Il movimento del vangelo ci consente di tracciare il percorso della rivelazione: il Figlio ci fa conoscere il Dio che nessuno ha mai visto; il vangelo ci fa conoscere Gesù Cristo. L’intimità con la Scrittura, allora, ci conduce ad avere intimità con il Figlio e il Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Chi pertanto propone altre vie d’accesso a Gesù che aggirano e eludono il vangelo (Bibbia) è nell’errore lui e inganna gli altri.


La presenza in mezzo a noi del Logos fatto carne, il Figlio di Dio, è un evento così sconvolgente, quanto desiderato, da rendere difficile persino parlarne e fa sentire inadeguato chiunque tenta di spiegarlo con parole sue. L’evento dell’incarnazione (per cui il tutto è nel frammento), condensa mirabilmente il mistero dei misteri. Il prologo di Giovanni ci invita a prendere coscienza di tanta grandezza e immensità, che nemmeno i profeti avevano potuto immaginare. Un evento così insolito e immenso si può soltanto accogliere, contemplare, credere, vivere, lodare, celebrare.

Paolo Mirabelli

07 dicembre 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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