Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Sembra che nel vangelo di Marco i gruppi di persone costituiscono un problema, perché ostacolano Gesù nel suo ministero e sono di intralcio a coloro che si accostano a lui per ascoltare il messaggio di salvezza. Nei capitoli 2 e 3 del vangelo sono riportate quasi tutte dispute riguardanti dei gruppi: un gruppo di scribi si scandalizza perché Gesù ha guarito un paralitico e perdonato i suoi peccati e lo accusano di bestemmia (2,1-13); durante il convito dato da Matteo a casa sua, dopo la chiamata di Gesù, i farisei si scandalizzano perché Gesù mangia con i pubblicani e i peccatori (2,13-17); i farisei e i discepoli di Giovanni Battista insieme accusano i discepoli di Gesù di non digiunare (2,18-22); i farisei disputano con Gesù sul sabato perché i suoi discepoli, passando per i seminati, si sono messi a svellere delle spighe e a mangiare (2,23-28). Anche il capitolo 3 continua a riferire di dispute fatte da gruppi e si conclude con l’incomprensione della famiglia stessa di Gesù, un gruppo anche questo, se pure differente per molti aspetti dagli altri (3,31-35). Se ci spostiamo a esaminare il contesto in cui si trova il nostro brano, troviamo anche qui dei gruppi: la questione del battesimo di Giovanni e dell’autorità di Gesù è sollevata da un gruppo di sacerdoti, scribi e anziani (11,27); la domanda se sia lecito o no pagare il tributo a Cesare è posta dai farisei e dagli erodiani (12,13); la disputa sulla risurrezione è sollevata dai sadducei, i quali negano la risurrezione (2,18). Non sempre il gruppo è ostile alla predicazione di Gesù e del Vangelo, ma il dato emerso dimostra che spesso i gruppi formano dei sistemi chiusi di pensiero, relazioni, interessi, che impediscono al singolo di agire liberamente, che condizionano abitudini e stile di vita. Il vangelo di Marco così ci invita ad uscire fuori da quei gruppi di persone chiuse al messaggio evangelico. Ognuno di noi deve chiedersi da quali gruppi, sistemi chiusi di pensiero, modo di vivere, è chiamato a uscire? Da quali presenze è condizionato, abitato e mosso?


Uno scriba, dice Marco. Non un gruppo di scribi, ma uno solo. Uno scriba quasi staccandosi dagli altri gruppi agguerriti e polemici, personaggi in scena negli episodi precedenti, muovendosi da solo e non più in gruppo, si avvicina a Gesù, gli pone una domanda importante e si mette in ascolto. Non è una disputa o l’ennesimo scontro, ma un incontro tra Gesù e uno scriba. Lo scriba, “che li aveva uditi discutere e visto che egli aveva loro ben risposto”, ovvero visto la competenza e il senso di fede con i quali Gesù ha risposto agli altri gruppi che lo avevano affrontato, si accosta a Gesù e gli domanda quale sia il più grande dei comandamenti. Lo scriba non perde tempo a porre altri casi su cui disputare, ma va al cuore dell’insegnamento di Dio, interroga Gesù, il Maestro, sull’essenziale, su ciò che deve venire prima: qual è il comandamento primo fra tutti? Possiamo anche aggiungere: che cosa può dare senso a tutto il resto nella nostra vita, come stabilire quali sono le giuste priorità e capire cosa c’è eventualmente da lasciar cadere o perdere?


Gesù risponde ponendo al centro l’unicità di Dio, la confessione del Dio unico, l’amore per Dio, primo fra tutti i comandamenti, e l’amore per il prossimo, secondo dei comandamenti. Molti dei detti di Gesù spesso derivano da una combinazione creativa di più brani dell’Antico Testamento, come in questo caso. Gesù risponde citando Deuteronomio 6,4-5 e Levitico 19,18. Alla confessione di fede del Dio unico Gesù accosta “amerai”. Spesso il commento di questo testo si concentra sulla parola “amore” e dimentica il resto. Ma il comandamento prima di parlare dell’amore parla del Dio unico. È all’unico Dio, il solo vero Dio, che noi dobbiamo l’amore con tutto il nostro essere: cuore, anima, mente, forza. Senza la confessione del Dio unico non c’è vero amore per nessuno. Viene quasi da dire che l’amore, come la fede, nasce dall’ascolto, dall’ascoltare il Dio che parla e si rivela. Ascoltare permette di conoscere e di accogliere in noi l’amore dell’unico Signore e Dio.


Lo scriba mostra di aver compreso che riconoscere l’unicità di Dio e che amare Dio con tutto il suo essere, e il prossimo come se stessi, è l’essenziale della vita; tutto ciò “vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Per Gesù questa consapevolezza fa sì che quell’uomo, lo scriba, non sia lontano dal regno di Dio. Nella ripetizione che lo scriba fa dell’amare Dio manca la frase “con tutta l’anima”. Si tratta di una svista o c’è un motivo? La domanda vuole invitare allo studio. Per mantenere aperto il dialogo, anche con chi non ha più il coraggio di interrogarlo, Gesù rivolge domande, anzi prosegue nel presentarsi come domanda nel brano sul Cristo figlio di Davide.

Paolo Mirabelli

28 novembre 2021

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.