Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La condizione necessaria perché un suono emesso dalla voce umana possa dirsi “parola” è che sia espressione di una idea. È sufficiente questa condizione perché vengano esclusi dalla definizione di parola i gridi degli animali. Si dice che gli animali della stessa specie “parlano” tra di loro; si cita ad esempio il linguaggio degli uccelli; in realtà gli animali ripetono da millenni gli stessi suoni, i cicli vitali che ebbero sin dalla creazione. Se gli animali parlassero, avrebbero una storia. Soltanto l’uomo ha una storia. L’uomo parla: il fondamento di questa sua dote, che lo distingue da tutti gli altri esseri viventi, è il motivo per cui egli ha una storia. Il racconto della torre di Babele (Genesi 11,1-9) è un racconto sulle parole: ciò che è in gioco è l’abuso delle parole. Il racconto della torre di Babele ci permette di fare una riflessione non solo sull’arroganza dell’uomo, ma anche sulle parole: sull’uso delle possibilità che il linguaggio offre e sui pericoli che si celano dietro le parole, quando se ne fa un uso improprio e coercitivo.


La parola non solo distingue gli uomini dagli animali, ma è il fondamento della comunità umana, permette la convivenza stessa delle persone. Dall’uso delle parole dipende il tipo di società che si vuole costruire. Le parole possono veicolare messaggi di vita e di speranza, promesse e sogni di un futuro migliore, oppure possono portare messaggi di morte. La Bibbia stessa ci insegna che la vita e la morte sono in potere della lingua e delle parole. Le parole possono fare il bene dell’uomo e della comunità, ma possono anche ingannare, manipolare, confondere. Con le parole si strutturano e gestiscono l’economia, la politica, il potere. Il linguaggio non serve solo a descrivere l’esistente o a riferire ciò che accade, ma ha il potere di comunicare messaggi, che possono essere coercitivi o liberare chi li ascolta. Tutti noi abbiamo esperienza di quanto bene abbiamo ricevuto da certe parole o quanto male ci hanno fatto.


Il racconto della torre di Babele ha una struttura di due partiti. L’espressione “su tutta la terra”, all’inizio e alla fine (11,1.9), costituisce la cornice narrativa. La prima parte (11,1-5) presenta il progetto e le azioni degli uomini; la seconda (11,6-9) il giudizio e l’agire di Dio. Tutti parlavano la stessa lingua: l’unità di linguaggio dava forza agli uomini, perché si capivano e comunicavano. Ma si può parlare la stessa lingua anche nel fare il male. La stessa lingua (ebraico saphah) si riferisce al “labbro”, usare le stesse parole (debarim) indica i singoli elementi. L’unità del linguaggio conduce alla presunzione di voler costruire una torre (migdol sembra indicare un tempio) per raggiungere il cielo e farsi un nome, essere cioè come Dio. Si noti che, mentre essi costruiscono il monumento (alla arroganza umana), Dio guarda dal cielo e può appena scorgerlo perché esso è troppo piccolo rispetto ai parametri di Dio. Come risultato, il Signore blocca la loro ambizione, confondendo le loro lingue. L’autore conclude con un tocco di umorismo: questa città così arrogane era chiamata Babel, ma Dio la rese balal, un verbo che significa “confuso nella lingua”. È interessante notare che il verbo tradotto “non capire” di 11,7 è nell’originale shema, che può essere reso con “ascoltare”: le persone non si capivano più perché non si ascoltavano. Tutta la Bibbia invita all’ascolto, invita ad ascoltare Dio che parla. Nella trasfigurazione, il Padre dice: “Ecco mio Figlio, ascoltatelo!”.


Il racconto di Babele è il punto culminante di tutta la storia delle origini dell’umanità e introduce la storia dei patriarchi. La città ancora una volta è perno della crescente arroganza umana. Il peccato del primo uomo porta alla alienazione dell’uomo da Dio; il peccato di Babele porta alla alienazione della intera società umana. I profeti annunciano la futura inversione di questo movimento (Isaia 2,1-5), che si compirà il giorno di Pentecoste (Atti 2,5-12). Babele diventa sinonimo e metafora della rivolta dell’uomo contro Dio e delle sue conseguenze.


Perché Dio confonde le lingue? Perché contrario alla “dispersione” voluta da Dio, ma anche perché siamo dopo la caduta e l’unità di linguaggio è sotto il segno del peccato, del male, della violenza: e queste sono le basi dei sistemi totalitari. A Babele c’è l’ideologia che massifica i popoli e omologa le persone, senza rispetto per la diversità. A Babele c’è il tentativo di unire tutti sotto la “stessa bandiera”. Mentre l’unità voluta da Dio in Gesù Cristo non annulla le diversità, ma le fa diventare ricchezza. Pietro parla dei cristiani come di una casa spirituale fatta di pietre viventi (1 Pietro 2,5). Gli uomini usano i mattoni per costruire, Dio le pietre.

Paolo Mirabelli

09 novembre 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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