Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il verbo ebraico differisce da quello italiano: non esistono né modi né tempi. I verbi si dividono in attivi e stativi (indicano uno stato). Il verbo indica principalmente l’aspetto dell’azione, che può essere completa o incompleta. Il verbo greco invece e quello latino sono molto più simili (ma non proprio identici) al nostro verbo italiano, con modi e tempi. Come tutti sanno, l’Antico Testamento fu scritto in ebraico, poi tradotto in greco, latino e in molte altre lingue del Mediterraneo. Quando i nostri traduttori della Bibbia traducono un testo ebraico devono trasferire il significato di una frase dalla lingua originale all’italiano: e poiché noi usiamo i tempi e i modi, bisogna rendere il verbo nel tempo e nel modo corrispondente. Prima di noi gli antichi, ad esempio i Settanta, risalenti a prima di Cristo, hanno tradotto dall’ebraico al greco, e questo permette ai traduttori moderni di confrontare le loro traduzioni con quelle antiche (greche, latine o altre).


Generalmente i profeti in Israele compaiono nei momenti di crisi: qualcuno (il popolo, il re, altri) si è allontanato da Dio e vive nel peccato, e il profeta lo richiama a Dio e alla legge di Dio. Non è certo l’unica missione dei profeti: Samuele, ad esempio, ha il compito di ungere Saul re. Il profeta vive spesso su di sé la parola che predica. Osea deve sposare una donna di prostituzione e amarla: Israele è infedele a Dio, ma il Signore si mostra fedele nonostante l’infedeltà del popolo. Quando il popolo si allontana da Dio, il profeta si fa portavoce del giudizio di Dio; ma il giudizio è l’altra faccia della salvezza. Quando il popolo è infedele e pecca, Dio gli va incontro per salvarlo e gli mostra, per mezzo della predicazione dei profeti, la catastrofe a cui va incontro, se non si ravvede ma si ostina a rimanere nel suo peccato. L’annuncio del giudizio ha una funzione salvifica per chi si ravvede e torna a Dio. Giudizio e salvezza non vanno opposti o contrapposti. Dio salva, o vuole salvare il suo popolo, anche quando giudica. Perciò il profeta, che è l’uomo della crisi, non è chiamato ad annunciare soltanto catastrofi e sventure, ma il giudizio di Dio che intende salvare chi si ravvede e torna al Signore. Il profeta è sempre uno che annuncia la salvezza di Dio, sia nella forma dell’oracolo di salvezza sia nella forma dell’oracolo di giudizio.


Tutti i profeti sono concordi nel dire che Israele non può trovare né ottenere salvezza da solo: con le proprie forze, le proprie strategie politiche e militari; con cavalli, carri e cavalieri. Soltanto Dio può salvare Israele, e spesso lo fa con uomini e strumenti deboli, “né per potenza, né per forza, ma il tuo Spirito”, affinché la gloria sia di Dio e non degli uomini. La tentazione di cercare salvezza con le nostre forze e con i mezzi umani è sempre presente nel cuore dell’uomo, e la parola profetica non è un evento soltanto del passato, un messaggio ormai irrecuperabile; “la parola profetica” è sempre viva: essa è oggi parola scritta in un Libro, “alla quale facciamo bene prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei nostri cuori” (2 Pietro 1,19). Tramite il Libro di Dio, che la rende perenne e duratura, la parola dei profeti giunge fino a noi oggi: è una parola viva per lo Spirito, che continua a risuonare, che giudica, mette in crisi e salva chi l’ascolta e si converte a Dio.


I profeti non sono dei predicatori carismatici contrari alla legge di Dio, non sono indipendenti dalle istituzioni del passato, date da Dio tramite Mosè. I profeti richiamano il popolo alla legge di Mosè. La predicazione profetica non è contraria alla Torah, ma è contro un uso sbagliato delle istituzioni, del tempio, dei sacrifici, delle cerimonie. I profeti predicano contro il cerimonialismo, contro ogni automatismo, contro le cose sante usate come talismani, contro il formalismo, contro la concezione magico-sacrale: pensare di poter stare tranquilli solo perché si è andati al tempio è una pia illusione. Geremia predica a quanti continuavano a vivere nel peccato, pensando di usare il tempio in modo magico-sacrale, come un talismano: “tempio, tempio, tempio”. È la conversione a Dio che salva, e il tempio, i mezzi, le cerimonie, le istituzioni servono a far rivivere la fede nel Dio vivente.


Nel linguaggio profetico molte promesse di Dio sono espresse al condizionale. Sono frequenti nei profeti frasi come queste: “Se crederete, se vi convertirete, voi otterrete ciò che vi è promesso”. Il profeta invita il popolo alla conversione, se vuole beneficiare delle promesse di Dio. Non c’è nessun automatismo. La parola di Dio esige una risposta e invita alla conversione a Dio, chiama sempre chi l’ascolta alla decisione: “Se ascoltate Dio, voi vivrete”.

Paolo Mirabelli

23 settembre 2021

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.