Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Per noi la storia si divide in due grandi parti: prima di Cristo e dopo Cristo. L’autore della lettera agli Ebrei usa ovviamente un altro paradigma (1,1-2). Anche lui mantiene la suddivisione in due epoche o periodi storici: il primo è quello che lui chiama “anticamente”, il secondo è riassunto nella espressione “in questi ultimi giorni”. Una precisazione; “gli ultimi giorni” per l’autore di Ebrei non sono la fine della storia (la fine del mondo), come potrebbe pensare un lettore moderno, ma è il periodo della venuta di Gesù sulla terra; inoltre, noi usiamo convenzionalmente l’avverbio di tempo “anticamente” per riferirci al periodo storico che va dal 2000 circa avanti Cristo fino al 476 dopo Cristo, per l’autore sacro invece è il periodo della storia dell’Antico Testamento. In maniera molto approssimata, possiamo dire che l’avverbio “anticamente” corrisponde al nostro “avanti Cristo”, mentre “gli ultimi giorni” corrispondono al nostro “dopo Cristo”; possiamo altrettanto dire che il periodo determinato dall’avverbio “anticamente” è il tempo dei profeti (questo non significa e non esclude che ci siano i profeti del Nuovo Testamento).


Il nostro termine “profeta” deriva dalla traduzione greca dei LXX (i Settanta sono i traduttori della Bibbia dall’ebraico al greco). Il vocabolo greco “prophetes” non traduce nessun vocabolo ebraico: è un titolo nuovo. Il suo significato è “parlare (dalla radice femi) pro”, cioè parlare in nome di un altro davanti a delle persone, una comunità o una singola persona. La preposizione greca “pro” include o includerebbe pure l’aspetto pre-dizione del futuro. Ma il profeta non è tanto “l’uomo del futuro”, come comunemente si pensa, quanto piuttosto è “l’uomo del presente”: il profeta è colui che parla in nome o per conto di Dio a Israele o a una singola persona (re, sacerdote), e il messaggio profetico spesso affronta delle situazioni concrete, datate, di crisi in cui vive il popolo. Il profeta non è uno che passa il suo tempo a leggere gli astri o l’oroscopo per predire il futuro, ma è un uomo di Dio che si occupa della vita della comunità; certo, affronta anche questioni escatologiche e parla pure di cose future: basti pensare a tutte le profezie messianiche. Il profeta non è un uomo della teoria, dei disastri apocalittici: il profeta è mandato da Dio a correggere il suo popolo o a recare un messaggio di speranza e di salvezza. Il profeta non è nemmeno un filosofo, che specula su questioni filosofiche o che insegna una scuola di pensiero: il profeta legge la storia alla luce del giudizio di Dio. Infine, il profeta non è un teologo, nel senso di uno che si inventa un discorso su Dio; il profeta è uno che parla di Dio con le parole e la rivelazione di Dio (è Dio il vero teologo di se stesso).


I nomi usati in ebraico per designare i profeti sono: nabi’, hozeh, ro’eh. Nabi’ (profeta) è usato in modo ampio per indicare gli antichi profeti ebrei; può essere usato nella Bibbia sia per indicare i veri profeti sia i falsi profeti (non c’è differenza nel nome, ma nella provenienza del messaggio: viene da Dio o dagli uomini?). Hozeh (visionario, non nel senso di un illuso) indica generalmente i profeti di corte, che davano oracoli e predizioni al re. Ro’eh è il veggente; anticamente in Israele il popolo chiavava il profeta “veggente”. L’Antico Testamento usa tanti altri nomi per designare il profeta. I profeti sono chiamati “uomini di Dio” (1 Samuele 9,6). Il profeta è detto anche “servo” o “inviato” di Dio (Isaia 44,26). Il profeta è anche una “sentinella” (Ezechiele 33,1-20) del popolo, un “guardiano”, un “rammentatore” (Isaia 62,6). La cosiddetta “formula dell’inviato” (o messaggero) serve normalmente a introdurre un oracolo: “Così dice o parla il Signore”, ma non è l’unica. La parola (o il messaggio profetico) è definita “parola del Signore”, poiché il profeta è il portavoce di Dio, colui che presta la sua voce alla parola di Dio, proclamata nella storia.


Nella “tradizione biblica”, tutti gli uomini di Dio sono profeti, iniziando forse addirittura da Adamo. Abramo è definito profeta (Genesi 20, 7); Mosè è il più grande dei profeti, che ha parlato con Dio faccia a faccia (Deuteronomio 34,10); Davide, il cantore d’Israele, è designato profeta persino dal Nuovo Testamento. Alcuni dei profeti più famosi sono: Samuele, Natan, Gad il veggente di Davide, Elia ed Eliseo. Oltre ai profeti predicatori, ci sono poi i grandi profeti scrittori: Isaia, Geremia, ma anche Amos, Osea e tutti gli altri. A quanto pare c’erano pure delle scuole dei profeti e quelli che venivano chiamati “discepoli dei profeti”. Tutti erano profeti, tuttavia quando parliamo dell’epoca dei profeti ci riferiamo principalmente al periodo dei re d’Israele, ai profeti pre-esilici e post-esilici. Nessuna nazione del Vicino Oriente antico può vantare uomini come i profeti della Bibbia.

Paolo Mirabelli

21 settembre 2021

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.