Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La vita dell’uomo è attraversa da continue crisi, dalla nascita alla morte: malattie, pandemie, guerre, povertà, sofferenze. Crisi di tutti i tipi: economiche, sentimentali, religiose. Ci sono pure le crisi di fede: chiese che si svuotano perché in crisi. La Bibbia ci insegna che tutte le crisi hanno un doppio significato: sono una colpa, una punizione, un giudizio di Dio, ma sono anche motivo di speranza, di liberazione, di salvezza. Le crisi non arrivano soltanto per delle evoluzioni storiche e sociali che sono imprevedibili. La storia si evolve, il progresso è inarrestabile, ma la Bibbia ci dice che Dio ha sempre e comunque il controllo di tutto e che il cristiano dovrebbe essere preparato ad affrontarle, perché sa come fare con la guida dello Spirito Santo. Quando la crisi coglie di sorpresa il cristiano, la colpa è sua perché era impreparato. Quando Gerusalemme fu distrutta, nel 70 dopo Cristo, molti ebrei morirono tragicamente durante l’assedio e la presa della città, come era inevitabile. I cristiani, invece, dicono le antiche testimonianze, si salvarono perché credettero alle istruzioni di Gesù: non tornate in casa, fuggite ai monti. Ci sono crisi che non sono prevedibili, perché giungono inaspettate e colgono di sorpresa persino il popolo di Dio. Ci sono crisi che sono causate dal malgoverno dei capi di Stato e dai politici, dalla malvagità degli uomini, da una vita senza Dio. Crisi che causano, ansie, inquietudini, sofferenze, povertà, malessere, morte. Ci sono, infine, crisi la cui colpa non è del mondo, ma è della chiesa: scandali che allontanano le persone dalla fede, confusioni dottrinali, divisioni, settarismo, ipocrisie, vita immorale. Gesù dice che quando il sale (il discepolo) diventa insipido non è più buono a nulla. Non si può nascondere la luce sotto il moggio.


È di quest’ultima crisi che vorremmo parlare, crisi causate da uomini e donne di Dio. Per farlo ci richiamiamo alla storia d’Israele. Il richiamo all’Antico Testamento non è fatto per dire: “quelli erano peggio di noi”, ma, come dice Paolo, per non ripetere gli stessi errori commessi in passato. La Bibbia ci ricorda spesso che ciò che è accaduto in passato, può accadere di nuovo. Viene normale, quando si attraversa una forte crisi, scagionare noi stessi e dare le colpe agli altri. Quando Israele attraversava una crisi poteva scusarsi dicendo: “È colpa del mondo pagano che ha creato una società politeistica”. A noi verrebbe da dire che è colpa del mondo e della società atea e immorale, se le cose vanno a rotoli. Ma quando Israele attraversava una crisi, i profeti non dicevano che era colpa del mondo: la colpa era del popolo di Dio, che non viveva più la sua vocazione.


Sono diversi i momenti di crisi nella storia d’Israele. Un primo momento fu il passaggio dalla vita in cammino nel deserto alla vita di popolo stanziato nella terra promessa, da un accampamento ad un altro a una cultura e società organizzata, con uno Stato e un culto centralizzati, e Gerusalemme capitale politica e centro cultuale. Quando Israele era nel deserto, viveva la dipendenza da Dio: un popolo che vive in condizioni precarie capisce che non bastano le proprie forze per farcela, occorre la guida, l’aiuto e la protezione di Dio. Quando invece si stabilì nella terra d’Israele e si strutturò con una propria organizzazione: città fortificate, esercito organizzato, canali di irrigazione per i campi, strumenti di lavoro, armi e carri per la guerra, Israele dimenticò la dipendenza da Dio e si illuse di essere lui che manteneva se stesso. Questo è il pericolo o la tentazione che corre la nostra civiltà del benessere, che cerca autonoma ed emancipazione da Dio. Un altro momento di crisi fu quando Israele venne a contatto con le popolazioni cananee circostanti, la loro cultura, la loro organizzazione statale e militare, fecero breccia. Il motivo della richiesta di un re, secondo il libro di Samuele, fu: “Vogliamo essere come gli altri”. Israele sentiva un complesso di inferiorità. Questo tipo di crisi si replicò ogni volta che il popolo venne a contatto con altre culture: assiro-babilonese, ellenistica, romana. La crisi più grande d’Israele fu la venuta di Gesù Cristo: un Messia fuori dagli schemi, che dava accoglienza a tutti e recava un messaggio nuovo e universale.


Quando uno sta male e soffre, non ha molto senso farlo sentire in colpa: occorre aiutarlo a guarire. I profeti non solo denunciano il peccato del popolo, ma predicano speranza, liberazione e salvezza; colpisce il vocabolo “tuttavia” che accompagna gli oracoli di giudizio. Il loro messaggio per uscire dalla crisi è molto semplice: tornare a Dio. Dalla crisi se ne può uscire peggio di prima o convertiti e rafforzati nella fede. Nella parabola del figlio prodigo, il padre permette al figlio di andare lontano da casa per scoprire che il suo vero bene è proprio in quella casa.

Paolo Mirabelli

16 settembre 2021

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.