La missione di Gesù e la sua attività messianica è legata in gran parte anche ai miracoli: i vangeli non registrano soltanto l’insegnamento di Gesù, ma pure i molti miracoli da lui compiuti. Prima però di entrare in tema sui miracoli di Gesù è bene dare uno sguardo al mondo circostante, per avere una idea su che cosa accadeva, ad esempio, in ambiente rabbinico e in quello ellenistico.
La letteratura greca riferisce di personaggi, chiamati “uomini divini” (theioi andres), ossia filosofi itineranti dotati di poteri straordinari, i quali operavano guarigioni. Così Pitagora o Apollonio di Tiana. Molto diffuso era il culto alle divinità guaritrici, come Asclepio (o Esculapio), venerato nel celebre santuario di Epidauro. Anche la magia era diffusa in ambiente ellenistico, come attesta il libro degli Atti degli Apostoli: Satana, con i suoi “segni e prodigi bugiardi”, se ne serviva per confondere gli uomini e indirizzarli all’idolatria pagana. Che dire di tali miracoli? Prima di parlare di “miracolo” bisognerebbe dimostrare che il fatto sia avvenuto veramente: in tutti questi casi è impossibile raggiungere il dato storico, poiché si tratta di pure e semplici leggende. Luca, negli Atti degli Apostoli, ci informa su un fatto: l’arrivo dei predicatori cristiani in ambienti pagani smascherò i maghi e i guaritori del tempo come impostori. Il miracolo ellenistico non è in alcun modo legato a una storia della salvezza, come accade per i miracoli della Bibbia. Il potere degli “uomini divini” di compiere miracoli era attribuito alla sua sapienza (filosofica), non alla potenza (dynamis) di Dio. Nella quasi totalità dei casi c’era uno scambio: il miracolo in cambio di denaro o di doni materiali; come avviene oggi con tanti guaritori, fuori e dentro le chiese.
Che la letteratura rabbinica parli di miracoli non fa problema, poiché i rabbini ebrei hanno sempre attribuito a Dio il potere di compiere miracoli, e l’intervento miracoloso è legato alla preghiera: Dio risponde alle preghiere dei suoi. Gli stessi esorcismi erano l’esito del dominio di Dio sulle potenze del male. Non viene distinto invece con chiarezza il confine tra fatti prodigiosi e provvidenziali, ma in fondo tutta la nostra vita è un meraviglioso miracolo di Dio. Che Dio possa compiere un prodigio in mezzo al suo popolo, in risposta alle preghiere, o in ambienti “pagani”, persino in assenza della fede, non deve stupire: il Signore fa ciò che vuole per il bene e la salvezza dell’uomo.
Dopo questa breve panoramica, speriamo utile nelle discussioni con quanti si mostrano scettici nei confronti dei vangeli, torniamo ai miracoli di Gesù e articoliamo il dato biblico in tre parti: il fatto (il miracolo), il significato e l’annuncio (la predicazione).
Il fatto. Che Gesù operò innumerevoli miracoli è un dato certo riferito dal Nuovo Testamento, e su questo non serve insistere. Nella predicazione degli apostoli, nei cosiddetti discorsi kerigmatici, Gesù è presentato come colui che è stato “accreditato da Dio per mezzo di miracoli, prodigi e segni”: così dice Pietro a Pentecoste e a casa di Cornelio. Nelle invettive contro le città impenitenti si accenna ai molti miracoli compiuti da Gesù in mezzo ad esse (Matteo 11,20-24). Nella controversia di Belzebù emerge un dato incontrovertibile: nemmeno i suoi avversari di sempre, scribi e farisei, negavano la sua attività di esorcista e i suoi miracoli (Matteo 12,22-29). Il punto in discussione con i giudei era a chi attribuire il suo potere: a Dio o Belzebù? Il fariseismo di allora era diffidente verso i miracoli per diverse ragioni: poteva trattarsi di magia o venire strumentalizzato per accreditare una rivelazione apocalittica, eppure non ha mai negato i miracoli di Gesù. Secondo il “criterio di spiegazione necessaria”, usato nella scienza storica, bisogna dire che se Gesù non avesse compiuto i miracoli di cui parlano i quattro vangeli, sarebbe molto difficile o impossibile spiegare la sua grande popolarità e il successo della sua missione.
Il significato. I miracoli di Gesù non solo recavano bene alla persona, ma avevano valore di segni. I suoi miracoli attestano che egli è il Cristo, Signore e Salvatore (è il buon samaritano, che si china verso l’uomo e ne cura le ferite, come diceva l’antica esegesi). Ai discepoli del Battista, mandati a chiedere spiegazioni, Gesù replica che i suoi miracoli adempiono la parola di Dio annunciata dai profeti (Matteo 11,2-6). Ai suoi avversari dice che i suoi esorcismi e i prodigi manifestano la venuta del regno di Dio in mezzo a loro (Luca 11,20). Egli ha preso su di sé le nostre malattie ed è venuto a portare salvezza all’uomo, e i miracoli la anticipano e la testimoniano. I suoi miracoli sono dunque compiuti nel contesto della storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento.
L’annuncio. All’indemoniato di Gerasa Gesù comanda di andare a casa sua, dai suoi, e annunciare loro l’opera di Dio nella sua vita, come Dio ha avuto pietà di lui (Marco 5,19). Inizialmente i primi missionari raccontavano i miracoli di Gesù per annunciare il Cristo, morto e risorto. I primi racconti erano fatti a voce, poi messi per iscritto nei quattro vangeli. Col tempo i predicatori cominciarono ad usare i miracoli di Gesù anche nella predicazione rivolta alla chiesa, e i miracoli divennero storie per illustrare il vissuto dei cristiani: eravamo ciechi, come il cieco nato di Giovanni 9, e Gesù ci ha donato la luce e la vista; la nostra vita era in tempesta, sballottata qua e là, e il Signore è salito sulla nostra barca e ha calmato la tempesta. Ancora oggi nelle chiese si ascoltano dei bellissimi commenti ai miracoli di Gesù. Ieri un nostro fratello (Roberto) ha fatto rivivere in mezzo a noi il racconto del cieco di Betsaida (Marco 8,22-26), facendolo diventare una illustrazione della nostra vita: dal tocco di Gesù alla vista, imperfetta prima e perfetta poi, fino all’invito a non entrare nel villaggio. In ogni particolare raccontato dal vangelo egli ha saputo trarne una lezione di vita.