Bibbiaoggi
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Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il capitolo 13 del vangelo di Matteo contiene sette parabole di Gesù sul regno dei cieli. La prima, e forse la più nota, è quella del seminatore.  L’intero discorso è un insegnamento che egli offre alle folle accorse per ascoltarlo. La domanda che pongono i discepoli (13,10) e la risposta di Gesù (13,11-17) ribadiscono ulteriormente il significato di questa parabola che apre la serie. Attraverso le immagini del seme e del terreno è rappresentata la vicenda della Parola di Dio, che come un seme ha un immenso potenziale di vita, ma può svilupparlo solo a misura dell’accoglienza che riceve. L’insegnamento in parabole assomiglia all’involucro coriaceo di certi semi: protegge il significato della parabola, perché “a colui che non ha” il desiderio sincero di accogliere la Parola sia “tolto anche quello che ha”: l’ascolto disimpegnato, l’interesse superficiale di un momento (13,12). Il Signore, nella sua gratuità, supera l’ostinazione che indurisce il cuore dell’uomo (13,15).


Il seminatore della parabola getta ovunque la sua semente con generosità, senza risparmio e senza calcolo. Non è un seminatore sprovveduto, ma animato da un profondo desiderio. La “parola del Regno” (13,19) è annunciata nella speranza che il seme cresca anche sulla strada, sui sassi e tra le spine. Ovunque. Il cuore dell’uomo, quando non è risanato dalla Parola di Dio, rimane malato: durezza, superficialità, molteplicità di interessi egoistici sono i mali messi in luce dai terreni in cui il seme non si sviluppa (13,19-22). Le resistenze alla Parola di Dio rivelano che cosa c’è nel cuore dell’uomo: i terreni non profondi, sassosi, quelli infestati dai rovi, non accolgono la semenza perché per farlo dovrebbero lasciarsi dissodare dai sassi, ripulire dai rovi, arare e sarchiare. Quando invece la Parola è accolta da un cuore buono, giunge ad effetto e porta il suo frutto, anche se in misura variabile a seconda della risposta di ciascuno al dono di Dio (13,23). Un ascolto attento, intenso, disponibile, fa sì che la Parola possa penetrare profondamente nel cuore e portare frutto.


La parabola del seminatore (13,3-9) diviene, nella spiegazione (13,18-23), un insegnamento sulla ricezione, sull’ascolto della Parola di Dio. I tre tipi di terreno in cui il seme resta infruttuoso (strada, sassi, spine), rivelano gli ostacoli e le resistenze che l’ascolto, l’accoglienza della Parola incontra nel cuore dell’uomo.  Ma questi diversi tipi di terreno possono anche essere rivelatori di quelle disposizioni o atteggiamenti mancati che avrebbero permesso di accogliere la Parola, di radicarsi e fruttificare: nel primo terreno è mancata l’interiorizzazione della Parola, una corretta comprensione; nel secondo è mancata la perseveranza; nel terzo la volontà o la forza di lottare.


Il seme seminato lungo la strada (via) e mangiato dagli uccelli, prima ancora che possa germogliare, simboleggia l’ascolto superficiale della Parola di Dio. È uno che ascolta la Parola del regno ma non la comprende, come nel verso 15 (il verbo “syniemi”, comprendere, è usato in 13,13.14.15.19.23). Costui non comprende perché non vuol capire e non vuole accogliere il messaggio del regno dei cieli così come predicato da Gesù. I pregiudizi o altri motivi possono impedire la comprensione, e la Parola non compresa viene portata via dal maligno.


Il seme caduto sul terreno roccioso, pietroso, denuncia un tipo di ascolto infruttuoso perché non accompagnato dalla necessaria perseveranza. È rivelativo di “colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante; venendo una tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito si scandalizza”. Gesù dice che quest’uomo (letteralmente “un ascoltante”) è incostante, “proskairos” (alcuni traducono questo vocabolo: “di corta durata”), cioè “uomo di un momento”, incapace di far divenire storia la sua fede, di sottoporre la fede alla prova del tempo che passa. Essendo senza radice, egli non sa resistere nelle difficoltà e nelle persecuzioni a motivo della Parola, e così ne è scandalizzato.


Il seme seminato tra le spine e rimasto soffocato rinvia all’uomo che, pur avendo ascoltato la Parola di Dio, rimane sedotto da altre parole umane, dalle tentazioni mondane, dalla ricchezza, dai “piaceri della vita” (Luca 8,14). Insomma è colui che non sa trattenere la Parola, colui che non sa porre in atto la necessaria lotta interiore e spirituale, colui che non sa combattere i pensieri e le tentazioni della carne, e così si lascia distrarre e sedurre dagli idoli di questo mondo.


La parabola però si conclude con il seme caduto in buona terra. Quando la Parola di Dio è ascoltata, compresa, accolta e vissuta porta frutto in abbondanza.

Paolo Mirabelli

15 maggio 2021

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