Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Dopo aver letto questo capitolo, uno ha detto: “Dio sta facendo un quadro con i colori che trova sul tavolo umano”. E tra questi colori c’è che Saul è ormai in declino, mentre Davide è in ascesa. Ogni azione di Davide è esemplare (la sua menzogna al sacerdote è trascurata). Per contro, ogni azione di Saul è sempre più sbagliata e irrazionale. Il narratore non intende coprire gli sbagli di Davide, ma dimostrare come gli eventi siano a suo favore. Alla fine del capitolo il lettore saprà che Davide ha ormai con sé quattrocento uomini e un sacerdote che porta l’efod, con il quale può consultare il Signore. A Saul non rimane altro che il suo potere: un potere però che causa soltanto morte e che alla fine muore impotente in mezzo alla morte. Saul vede cospiratori dappertutto; è ossessionato di perdere il trono e non esita a ordinare un massacro di ottantacinque sacerdoti. Il suo carattere ormai sanguinario ricorda il re Erode e la strage degli innocenti dei vangeli. C’è da riflettere sul fatto che Saul, che non aveva eseguito il comando del Signore di sterminare gli Amalechiti, non esiti ora a massacrare i sacerdoti di Nob che avevano soltanto involontariamente aiutato Davide. Nei tragici avvenimenti del capitolo 22,6-19 si adempie la predizione di 2,27-36 e di 3,11-14. L’uccisione dei sacerdoti di Nob condanna Saul definitivamente al suo destino. Persino i suoi seguici più fedeli si rifiutano di eseguire i suoi ordini. Con sé ha soltanto l’Idumeo di nome Doeg; mentre Davide ha il sostegno di Dio e l’appoggio dei sacerdoti e dei profeti, come dimostra la presenza di Gad.


22,1-5. Davide parte dal paese dei Filistei e si rifugia nella spelonca di Adullam. Venivano a lui tutti gli uomini che erano emarginati e in difficoltà, quelli che avevano debiti o che erano scontenti della loro esistenza, gente disgustata per il malgoverno di Saul e le sue angherie. Quattrocento uomini si radunarono attorno a Davide. Nel racconto della ascesa di Davide vediamo come un ultimo diventi primo. Qui apprendiamo che a cagione di Davide anche la sua famiglia era in pericolo, e Davide provvede a mettere al sicuro i suoi genitori. Dopo averli messi in salvo, va a rifugiarsi a Mispa di Moab. Attraverso la sua bisnonna Rut la Moabita, Davide ha dei legami con Moab (Rut 4,13-22). Da Moab ritorna nel paese di Giuda, nella foresta di Cheret, attenendosi alle parole del profeta Gad.


22,6-10. Saul viene a sapere di Davide e dei sui uomini, e questo lo preoccupa non poco. Saul è a Ghibea di Beniamino, che è la sua patria, mentre Giuda è la patria di Davide. È seduto sotto la tamerice: sotto un albero, come Abramo e Debora (Genesi 21,33; Giudici 4,5), ma le sue intenzioni erano malvage. Ha una lancia in mano, pronto a servirsene, come ha già fatto con Davide e Gionata, che l’hanno schivata. Si rivolge ai suoi cortigiani per chiedere di Davide. Il modo come inizia il discorso mostra quanto sia tormentato. Le sue parole rivelano la sua politica clientelare: provvedeva campi e vigne ai suoi cortigiani; dava posti di potere; distribuiva terreni ai suoi servi fedeli. C’è una contrapposizione tra il versetto 2 e il 7: gli emarginati, i senza terra e quelli con debiti si radunano intorno a Davide; i benestanti attorno a Saul. Le accuse di Saul sono infondate. Egli vive nella paura e gelosia. Alla fine del suo discorso c’è silenzio. I suoi cortigiani non hanno nascosto informazioni, semplicemente non sanno. A Saul risponde uno straniero, un mercenario, Doeg l’Idumeo, il quale dice tre cose, ma una non è corretta: cibo, spada, consultazione (il capitolo 21 non ne parla).


22,11-19. Ciò che Doeg dice alimenta i sospetti di Saul, il quale convoca Achimelec e i suoi. Saul non domanda ma accusa il sacerdote: “Perché tu e il figlio di Isai avete congiurato contro di me?” Saul accusa il sacerdote di aver dato del cibo e una spada a Davide e aver consultato il Signore per lui. L’autodifesa di Achimelec è di fatto una difesa di Davide. Egli fa quattro affermazioni: Davide è affidabile; è il genero del re; ha una carica militare; è onorato a corte. Sulla base di queste prove, il sacerdote dichiara la sua innocenza e quella di Davide. È una difesa veritiera, ma non convince il re Saul. Il verdetto è perentorio: morte per tutta la famiglia di Achimelec. Le guardie però si rifiutano di colpire i sacerdoti del Signore con l’efod. È Doeg che li uccide. Compie un crudele massacro di uomini e animali. Il vero protagonista dell’eccidio è Saul; Doeg è l’esecutore materiale. Il sacerdote ha dato soltanto cibo e spada a Davide, e Saul per questo compie un massacro.


22,20-23. Il sacerdote Abiatar riesce a scampare al massacro e fugge da Davide. I due si uniscono per “la vita”, come con Gionata (20,17). Con la morte dei sacerdoti (eccetto Abiatar) e l’istituzione di un nuovo ordine sacerdotale (con la nomina di Zadok) si compie la predizione di 2,31-36.

Paolo Mirabelli

01 maggio 2021

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