Dopo aver letto questo capitolo, uno ha detto: “Dio sta facendo un quadro con i colori che trova sul tavolo umano”. E tra questi colori c’è che Saul è ormai in declino, mentre Davide è in ascesa. Ogni azione di Davide è esemplare (la sua menzogna al sacerdote è trascurata). Per contro, ogni azione di Saul è sempre più sbagliata e irrazionale. Il narratore non intende coprire gli sbagli di Davide, ma dimostrare come gli eventi siano a suo favore. Alla fine del capitolo il lettore saprà che Davide ha ormai con sé quattrocento uomini e un sacerdote che porta l’efod, con il quale può consultare il Signore. A Saul non rimane altro che il suo potere: un potere però che causa soltanto morte e che alla fine muore impotente in mezzo alla morte. Saul vede cospiratori dappertutto; è ossessionato di perdere il trono e non esita a ordinare un massacro di ottantacinque sacerdoti. Il suo carattere ormai sanguinario ricorda il re Erode e la strage degli innocenti dei vangeli. C’è da riflettere sul fatto che Saul, che non aveva eseguito il comando del Signore di sterminare gli Amalechiti, non esiti ora a massacrare i sacerdoti di Nob che avevano soltanto involontariamente aiutato Davide. Nei tragici avvenimenti del capitolo 22,6-19 si adempie la predizione di 2,27-36 e di 3,11-14. L’uccisione dei sacerdoti di Nob condanna Saul definitivamente al suo destino. Persino i suoi seguici più fedeli si rifiutano di eseguire i suoi ordini. Con sé ha soltanto l’Idumeo di nome Doeg; mentre Davide ha il sostegno di Dio e l’appoggio dei sacerdoti e dei profeti, come dimostra la presenza di Gad.
22,1-5. Davide parte dal paese dei Filistei e si rifugia nella spelonca di Adullam. Venivano a lui tutti gli uomini che erano emarginati e in difficoltà, quelli che avevano debiti o che erano scontenti della loro esistenza, gente disgustata per il malgoverno di Saul e le sue angherie. Quattrocento uomini si radunarono attorno a Davide. Nel racconto della ascesa di Davide vediamo come un ultimo diventi primo. Qui apprendiamo che a cagione di Davide anche la sua famiglia era in pericolo, e Davide provvede a mettere al sicuro i suoi genitori. Dopo averli messi in salvo, va a rifugiarsi a Mispa di Moab. Attraverso la sua bisnonna Rut la Moabita, Davide ha dei legami con Moab (Rut 4,13-22). Da Moab ritorna nel paese di Giuda, nella foresta di Cheret, attenendosi alle parole del profeta Gad.
22,6-10. Saul viene a sapere di Davide e dei sui uomini, e questo lo preoccupa non poco. Saul è a Ghibea di Beniamino, che è la sua patria, mentre Giuda è la patria di Davide. È seduto sotto la tamerice: sotto un albero, come Abramo e Debora (Genesi 21,33; Giudici 4,5), ma le sue intenzioni erano malvage. Ha una lancia in mano, pronto a servirsene, come ha già fatto con Davide e Gionata, che l’hanno schivata. Si rivolge ai suoi cortigiani per chiedere di Davide. Il modo come inizia il discorso mostra quanto sia tormentato. Le sue parole rivelano la sua politica clientelare: provvedeva campi e vigne ai suoi cortigiani; dava posti di potere; distribuiva terreni ai suoi servi fedeli. C’è una contrapposizione tra il versetto 2 e il 7: gli emarginati, i senza terra e quelli con debiti si radunano intorno a Davide; i benestanti attorno a Saul. Le accuse di Saul sono infondate. Egli vive nella paura e gelosia. Alla fine del suo discorso c’è silenzio. I suoi cortigiani non hanno nascosto informazioni, semplicemente non sanno. A Saul risponde uno straniero, un mercenario, Doeg l’Idumeo, il quale dice tre cose, ma una non è corretta: cibo, spada, consultazione (il capitolo 21 non ne parla).
22,11-19. Ciò che Doeg dice alimenta i sospetti di Saul, il quale convoca Achimelec e i suoi. Saul non domanda ma accusa il sacerdote: “Perché tu e il figlio di Isai avete congiurato contro di me?” Saul accusa il sacerdote di aver dato del cibo e una spada a Davide e aver consultato il Signore per lui. L’autodifesa di Achimelec è di fatto una difesa di Davide. Egli fa quattro affermazioni: Davide è affidabile; è il genero del re; ha una carica militare; è onorato a corte. Sulla base di queste prove, il sacerdote dichiara la sua innocenza e quella di Davide. È una difesa veritiera, ma non convince il re Saul. Il verdetto è perentorio: morte per tutta la famiglia di Achimelec. Le guardie però si rifiutano di colpire i sacerdoti del Signore con l’efod. È Doeg che li uccide. Compie un crudele massacro di uomini e animali. Il vero protagonista dell’eccidio è Saul; Doeg è l’esecutore materiale. Il sacerdote ha dato soltanto cibo e spada a Davide, e Saul per questo compie un massacro.
22,20-23. Il sacerdote Abiatar riesce a scampare al massacro e fugge da Davide. I due si uniscono per “la vita”, come con Gionata (20,17). Con la morte dei sacerdoti (eccetto Abiatar) e l’istituzione di un nuovo ordine sacerdotale (con la nomina di Zadok) si compie la predizione di 2,31-36.