Il capitolo 20 del vangelo di Giovanni riporta le apparizioni del Risorto a Maria di Magdala e ai discepoli, assente Tommaso: a Maria davanti al sepolcro, la mattina della risurrezione; ai discepoli la sera di quello stesso giorno, nella sala dove erano riuniti a porte chiuse. Otto giorni dopo appare di nuovo agli undici, presente questa volta anche Tommaso. Un capitolo di una bellezza letteraria straordinaria. Tre quadri, tre scene in cui il Signore appare e si fa riconoscere ai suoi: il Risorto è colui che è stato crocifisso. Un itinerario di fede per i discepoli e per i lettori di tutti i tempi: queste cose sono scritte affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio risorto. Si crede non per passatempo, ma per avere la vita. Quando predichiamo o commentiamo i vangeli, siamo tutti un po' alessandrini e un po' antiocheni. Quando diciamo che era buio perché era ancora notte e il sole non era sorto, siamo antiocheni. Quando diciamo che era ancora buio perché né la Maddalena né i discepoli credevano pienamente nella risurrezione di Gesù, siamo alessandrini. Non importa la scuola di appartenenza, molti non sanno nemmeno che significhi essere alessandrini o antiocheni, ciò che conta veramente è accostarsi al testo evangelico per ascoltarlo, per lasciarsi provocare e interrogare, per lasciarsi toccare il cuore e cambiare vita, anzi, per passare dalla morte alla vita. Chi veramente fa rivivere il testo è lo Spirito Santo, sparso nei nostri cuori.
Maria Maddalena arriva al sepolcro la domenica mattina molto presto, quando è ancora buio. La grossa pietra è stata rimossa dal sepolcro. Il sepolcro è vuoto. Il corpo di Gesù non è nel sepolcro, perché è risuscitato, ma lei non lo sa. Corre subito a dare la notizia ai discepoli, offrendo loro un dato ma creando un problema: “Hanno portato via dal sepolcro il Signore e non sappiamo dove lo abbiano posto” (20,2). Pietro e il discepolo amato vanno subito al sepolcro: “Correvano ambedue insieme, ma l’altro discepolo corse avanti più presto di Pietro e arrivò per primo al sepolcro” (20,4). Qualcuno chiama questa corsa: “La maratona della domenica di Pasqua”. Tutti corrono. Corre la Maddalena a dare la notizia, tuttavia non è ancora portare la Buona Novella: dire che un sepolcro è vuoto, non significa necessariamente affermare che il morto è risorto, potrebbero averlo trafugato o nascosto; dire che il morto è risorto, questa è la Buona Notizia. Corrono Pietro e il discepolo amato. Pietro però arriva dopo, non è vero che è sempre il primo. Corrono le guardie a informare i capi “di tutte le cose che erano avvenute”. E i capi giudei radunano in gran fretta un consiglio, corrompono le guardie, dando loro una grossa somma di denaro, e le convincono a dare una notizia falsa: dite che i suoi discepoli sono venuti di notte e hanno rubato il corpo di Gesù mentre voi dormivate. Tutti corrono, ma uno è più veloce di tutti e li precede in Galilea.
Quella domenica di Pasqua è tutto un movimento, una agitazione, un correre. Lo evidenziano i verbi usati nei quattro racconti evangelici. La parola in grammatica è statica, il verbo no, perché è azione, movimento, divenire. Il giardino dove si trovava il sepolcro di Giuseppe di Arimatea, la tomba dove fu sepolto Gesù dopo la crocifissione, quel giorno sembrava diventato un frenetico formicaio, un febbrile pronto soccorso d’ospedale dove la gente arriva in continuazione. Quella domenica mattina c’è chi cammina e chi vola (è difficile trovare un verbo per indicare il movimento degli angeli), chi appare e scompare. Le donne fuggono dal sepolcro, piene di paura e di gioia. I discepoli corrono verso il sepolcro, ansiosi di constatare il dire delle donne. Le guardie corrono in città a informare i grandi sacerdoti. Quel giorno il mondo è in subbuglio, si scatena un irresistibile movimento, perché una notizia fa notizia: non è qui, ma è risorto; il morto che è stato crocifisso è ora vivo; lo hanno visto in Gerusalemme e in Galilea. È una notizia che anche se non è comparsa sulle copertine o le prime pagine dei giornali, né sui siti delle maggiori testate giornalistiche, tuttavia entra nei cuori degli uomini e li riempie di gioia perché la morte è stata sconfitta e assorbita dalla vita. È risorto dai morti e li precede in Galilea. È così veloce, che anticipa l’arrivo dei discepoli che corrono.
Questa pagina del vangelo diventa una grandiosa celebrazione della vita, un inno alla vita, Non c’è più tempo per restare paralizzati, per fare una sosta. Bisogna mettersi immediatamente in cammino, sostenuti dalla gioia, perché il Signore ci precede. Il Signore è più avanti. L’inseguitore è diventato l’inseguito. Colui che è venuto a cercarci sul nostro cammino senza meta, fatto di continue fermate e soste, fatto di ritardi e di volta spalle, ora sta davanti a noi e ci precede.