Quelle che stiamo vivendo sono ore di oscurità, di nebbia, di incertezze, a motivo della pandemia. I vaccini offrono una via di uscita, ma ancora manca il vedere la luce e il sapore che la vita aveva un tempo, prima che tutto questo accadesse. È un tempo non solo sospeso, ma anche buio. La vita non è solo limitata e privata di alcune libertà, ma ancora non si riesce a gustarla in pienezza.
Per definire i discepoli e la loro testimonianza, Gesù impiega due immagini: quella del sale e quella della luce (Matteo 5,13-16). La forma verbale che usa è un indicativo presente: “Voi siete sale e luce”. Non è un futuro, non è un esortativo, né tantomeno un imperativo, ma un indicativo presente. Gesù non dice: “Siate sale o luce”, ma: “Voi siete sale e luce”. Coloro ai quali Gesù si rivolge sono già ora sale della terra e luce del mondo. Non possono né debbono fare qualcosa per diventare tali, e l’esserlo non dipende da una qualche loro virtù o qualità particolari; tanto meno da un loro merito. È l’azione gratuita di Dio in loro, è la prossimità del regno, è il carattere prodotto dalle beatitudini, è il compimento verso cui tendono la legge e i profeti, a renderli tali. Lo strano di questo detto è che, mentre ci si aspetta di dover fare qualcosa, trasformando quindi l’indicativo “siete” nell’imperativo “siate”, Gesù spiega invece ciò che egli fa. È dunque lui che fa di noi quel sale che condisce la terra e quella luce che illumina il mondo.
“Voi siete il sale della terra” (5,13). I rabbini erano soliti ripetere che “La Torah (la Legge) è come il sale e il mondo non può stare senza sale”. Gesù applica questa immagine anche ai suoi discepoli, una espressione che può suonare provocatoria. Certo non smentisce l’idea che le Scritture siano sale della terra, ma afferma che anche i suoi discepoli lo sono, se assimilano la sua parola e si lasciano guidare dalla sapienza delle sue parole e dallo Spirito. A parte la capacità di conservazione dei cibi che il sale ha e il rimando biblico (veterotestamentario) alla inviolabilità dei patti “tagliati col sale”, che sono comunque delle indicazioni preziose sul ruolo che i cristiani svolgono nel mondo, il sale dà gusto, dà sapore, ma a due condizioni: ne basta un pizzico ed esso si deve dissolvere con ciò che condisce. Per il mondo, un discepolo segreto, un “cristiano anonimo”, non è più utile di uno che abbia perduto le caratteristiche che lo distinguono. Il sale, come la luce, ha un effetto sull’ambiente, in quanto si distingue da esso. Il cristiano non deve essere confuso con il mondo. Chi cucina, sa che mettere il sale nei cibi è un’arte, richiede discernimento e misura: troppo sale rende il cibo salato come una saliera. I cristiani devono essere consapevoli e conoscere la giusta “misura” della loro presenza nel mondo, se vogliono dare sapore alla vita. Gesù avverte che, per svolgere nel mondo la funzione del sale, occorre essere autentici e non diventare insipidi. Se il sale non sala, allora non serve più a nulla: è buttato via e calpestato dagli uomini.
“Voi siete la luce del mondo” (5,14). La luce è essenziale per qualunque forma di vita sulla terra: senza il sole, la terra sarebbe un deserto. La luce è la vita, per questo Dio è celebrato nelle Scritture come colui che è fonte della luce (Salmo 36,9), Nel quarto vangelo Gesù stesso dice di sé: “Io sono la luce del mondo” (Giovanni 8,12), rivelazione che illumina le parole del vangelo secondo Matteo. Il cristiano non risplende di luce propria, ma la riceve e la riflette dal Signore, come la luna riceve e riflette la luce del sole. Essere luce del mondo è un impegno di vita importante, ma bisogna evitare il rischio di credersi “sole” la cui fonte di luce è in sé stesso, mentre è solo una “luna” che riflette la luce di Dio, il “Sole di giustizia”. Gesù approfondisce il concetto di luce con altre due immagini ben note a tutti, soprattutto in quel tempo: la candela e la città posta sopra un monte. Tutte le tenebre di questo mondo non possono soffocare né oscurare la luce di una sola candela, mentre la piccola luce di una sola candela squarcia tutte le tenebre. L’immagine della città posta sul monte, percepibile da lontano quale punto di orientamento, illustra bene la missione dei discepoli: illuminare e orientare i cammini dell’uomo. Se la luce c’è, non può non splendere e nulla può opporsi al suo chiarore: tutto viene illuminato dalla sua irradiazione; proprio come avviene per una città posta sul monte, che è vista da tutti e da ogni parte, perché posta in alto. I primi ascoltatori, sentendo queste parole di Gesù, avranno pensato subito a Gerusalemme: costruita sul più alto dei colli, come dice il Salmo, che i pellegrini e i viandanti vedevano da lontano. Tuttavia, secondo Gesù, i suoi discepoli sono la città posta sopra un monte che tutti vedono. La terra, il mondo, tutti hanno bisogno di sale e di luce.