Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Questo racconto è noto per il suono dolce e sommesso con il quale Dio si rivela al profeta. Il brano si trova in quella parte del primo libro dei Re che descrive il ciclo del profeta Elia. Esso racconta l’episodio dell’incontro del profeta con il Signore sul monte Oreb, il monte di Dio (19,8). Inizia con una domanda di Dio rivolta al profeta, “Che fai tu qui, Elia?”, alla quale egli risponde, dicendo di essere mosso dalla gelosia per Dio, e si conclude con la stessa domanda e la stessa risposta di Elia, “Io sono stato mosso da una grande gelosia per il Signore”. La domanda e la vicenda della caverna richiamano per certi aspetti il racconto dell’Eden. Dio che chiama Adamo e gli chiede: “Dove sei?” (Genesi 3,9), e Adamo risponde: “Ho avuto paura” (Genesi 3,9). Adamo ha paura della voce di Dio, dopo il peccato; Elia ha paura di Izebel, che lo minaccia di morte, dopo la sconfitta dei profeti di Baal sul monte Carmelo (1 Re 18). La paura paralizza l’uomo, gli fa fare scelte sbagliate, lo guida per sentieri alternativi alle vie di Dio, gli fa vedere ostacoli e giganti dove non ci sono e soluzioni dove invece si nascondono l’inganno e il male. La paura si vince con la fede.


Elia non è in un luogo indicato da Dio. Elia non è al suo posto. Elia scappa da Izebel e si rifugia, dopo quaranta giorni di cammino, in una caverna perché ha paura. Questa volta non è la parola di Dio che lo conduce in un luogo, come le altre volte; questa volta è Elia che sceglie dove fuggire e rifuggiarsi. Elia si sente solo, indifeso; minacciato; è scoraggiato. Tuttavia, il Signore lo trova e gli mostra un nuovo modo di rivelarsi al profeta, inatteso persino per Elia, diverso dal passato: non più in una dimostrazione con il vento, il terremoto, il fuoco, bensì attraverso (letteralmente) “una voce di un silenzio sottile” (19,12). Spesso, nelle teofanie di Dio, il manifestarsi della presenza divina è espressa da eventi naturali grandiosi: terremoto, vento, fuoco, azione di dominio sulle acque; come nel caso della rivelazione al Sinai; qui invece, pur trattandosi comunque di un evento speciale, il Signore si rivela in maniera dolce e chiede al profeta di farsi sensibile alla voce o al suono dolce e sommesso, in una esperienza interiore che chiede un incontro personale nella fede. Non sopporto più chi vede Dio solo in manifestazioni di violenza e di morte, non sopporto chi dice senza remore che questa pandemia dovuta al coronavirus sia una piaga di Dio. Bisogna avere discernimento ed essere molto prudenti e assennati quando si fa una lettura teologica dei fatti di cronaca, dovuti alla malvagità dell’uomo o a fenomini naturali.


Il monte Oreb, meta del viaggio del profeta Elia che fugge dalle minacce di morte di Izebel, è il medesimo della storia della chiamata di Mosè, che su quel monte ha la visione del roveto ardente, un cespuglio che brucia ma non si consuma, e la rivelazione del nome divino (Esodo 3). Mosè, dopo l’uscita dall’Egitto, conduce tutto il popolo d’Israele al monte dell’alleanza, il quale nonostante i benefici ricevuti, prevarica prostrandosi davanti al vitello d’oro. Alla minaccia divina di rigettare il popolo eletto, per la sua continua disubbidienza, Mosè, appellandosi all’alleanza con Abramo, placa l’ira di Dio; in segno del perdono Dio si manifesta a Mosè in una spelonca, al riparo dal turbine che precede l’apparizione (Esodo 33,18-34). Volendo salvaguardare l’alleanza e ristabilire la purezza della fede, Elia va allo stesso luogo dove il vero e unico Dio si rivela a Mosè e dove si conclude l’alleanza (Esodo 19,24; 34,10-28). In tale modo l’opera di Elia si connette direttamente con quella di Mosè: ambedue questi personaggi sono accostati nella teofania sul monte Oreb. E proprio loro due, Mosè ed Elia, li ritroviamo poi nei vangeli, nella trasfigurazione di Gesù. Elia entra nella caverna, nella cavità della rupe dove si è messo Mosè durante l’apparizione divina (Esodo 33,22). L’uragano (o il vento), il terremoto, i lampi, segni dell’apparizione divina, nel racconto riguardante Elia sono soltanto i segni precursori del passaggio di Dio. Il segno della sua presenza è invece la voce o il sussurro dolce, il mormorio di un vento tranquillo, simbolo di intimità della conversazione divina con il profeta, di conforto e consolazione che prepara l’animo di lui alle terribili parole che annunciano un castigo imminente contro i sostenitori del culto di Baal. Se in passato il Signore si rivela con “toni forti” e dimostrazioni spettacolari, potenti, ora lo fa in modo diverso, inatteso persino per Elia. Le diverse modalità con le quali il Signore comunica e si manifesta (terremoto, lampi o suono dolce) non significano però che egli abbia smesso di governare la storia del mondo e di occuparsi del bene del suo popolo, come dimostra l’invio che segue del profeta a Damasco.

Paolo Mirabelli

18 gennaio 2021

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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