Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il Nuovo Testamento non dà alcuna data della nascita di Gesù. I primi cristiani non sentivano il bisogno di commemorare la nascita di Gesù in un giorno particolare, poiché tutti i giorni per loro erano motivo di gioia per la sua venuta in mezzo agli uomini. È l’evento che è certo: e su questo che poggia la fede dei cristiani. Giovanni, nella sua prima lettera, scrive che ciò che i testimoni avevano visto, udito, toccato, contemplato, della parola della vita, veniva annunciato e messo per iscritto perché anche i lettori potessero avere comunione con il Padre e con il Figlio (1,1-4). Vista, udito, tatto, cuore: tutto è reso capace di riconoscere e gustare la presenza di Dio tra di noi. Tutto diviene vita piena, gioia compiuta, annuncio credibile, testimonianza efficace.


Il Nuovo Testamento, nel prologo di Giovanni, afferma che nessuno ha mai visto Dio: soltanto suo Figlio incarnato lo rivela, lo fa conoscere (1,1-18). La teologia della natività serviva agli scrittori antichi per dimostrare la realtà dell’incarnazione e la natura umana del Figlio di Dio. Gregorio di Nazianzo scrive: “Ecco qual è la festa che celebriamo oggi: la venuta di Dio presso gli uomini affinché andiamo a Dio o ritorniamo a lui. Celebra la natività grazie alla quale sei stato liberato dai legami di una nascita puramente umana per rinascere a quella divina”. I primi secoli vedono dunque il fiorire di una imponente riflessione teologica che cerca di definire la “doppia natura” di Gesù Cristo, colui che è vero uomo e vero Dio.


Il Nuovo Testamento dà per certa la nascita di Gesù, ma non dice nulla su quando avvenne. Luca parla di un censimento fatto mentre Quirinio governava la Siria (2,1) e di pastori che di notte facevano la guardia al loro gregge (2,8), ma da queste informazioni è alquanto difficile stabilire con precisione in periodo dell’anno in cui avvenne la nascita di Gesù. Così la data della sua nascita rimane avvolta nel mistero. Il 25 dicembre era una festa pagana del dio Mitra e del Sole invitto. A partire dal IV secolo cominciò a essere celebrata la festa della natività: alcuni adottarono la data del 25 dicembre, altri quella del 6 gennaio. Nel corso dei secoli poi la festa si è caricata di significati e di molte tradizioni, alcune delle quali non hanno nulla a che vedere con Gesù di Nazaret.


Il Nuovo Testamento racconta che la nascita di Gesù avvenne in un contesto di povertà e di umiltà: il bambino fu posto in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo (Luca 2,7). In quella stessa notte però, quando i pastori vennero da lui, ci fu una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio (Luca 2,13). Questi pochi dati del vangelo di Luca (assieme a quelli di Matteo) hanno fornito lo scenario della natività, che gli scrittori hanno raccontato nei libri e i poeti nelle poesie; che i pittori hanno rappresentato nei quadri e i musicisti nella musica e nel canto; che i bambini ancora oggi raccontano e disegnano nelle recite scolastiche.


Il Nuovo Testamento racconta che la venuta di Gesù in mezzo agli uomini ha prodotto un giudizio sul mondo, che ha rovesciato i parametri di grandezza e i valori di questo mondo. Il vangelo di Luca ci riporta il canto di esultanza (il Magnificat) di Maria, madre di Gesù, dopo l’annunciazione dell’angelo e la visitazione a Elisabetta sua parente, nella contrada montuosa della Giudea (1,26-45). Nel suo canto Maria parla dell’opera di Dio e della misericordia verso Abramo e la sua progenie (1,46-55), ma ci ricorda pure che Dio ha tirato giù dai troni i potenti, disperso i superbi, rimandato a vuoto i ricchi. I vangeli raccontano la nascita di Gesù e la sua vita, breve ma piena di insegnamenti, segnata dall’amore. Raccontano del suo ministero di guarigioni e di predicazione a favore degli uomini, malgrado le ostilità dei giudei e delle autorità religiose e politiche del tempo. Narrano di una morte per mano dei romani fra le più atroci e infamanti: la morte in croce. Ci dicono però che la sua morte, seguita dalla gloriosa resurrezione, è stata una morte vicaria (al posto di): per liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato, dalla morte e dal giudizio.


Che cosa è rimasto di quell’evento dopo duemila anni? Qual è il significato del “Natale” oggi? Gli insegnamenti di Gesù sono ancora accolti e creduti? A quanto pare il significato dell’evento si è perso, mentre la festa del 25 dicembre suscita molto interesse. Per molti la nascita di Gesù non ha più valore, non è motivo di fede e di gioia, mentre il Natale è una festa molto sentita, legata però al consumismo: il “tu scendi dalle stelle” fa sì che i prezzi salgono alle stelle. Se non si resta ancorati alla Scrittura, si corre il rischio di dimenticare il vero significato della venuta di Gesù nel mondo.

Paolo Mirabelli

12 dicembre 2020

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.