Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

L’apologo di Iotam è definito la più espressiva composizione antimonarchica della letteratura universale. In questo apologo (racconto allegorico a scopo pedagogico) si dice che: mentre tutti gli alberi adempiono il loro compito per il bene altrui, il rovo è l’unico buono a nulla; il suo dondolarsi al di sopra degli altri alberi, il suo invito a rifugiarsi alla sua ombra, non sono che ridicola arroganza e assurda insolenza . Ma ecco il testo. Un giorno gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all'ulivo: "Regna tu su di noi". Ma l'ulivo rispose loro: "E io dovrei rinunciare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Allora gli alberi dissero al fico: "Vieni tu a regnare su di noi". Ma il fico rispose loro: "E io dovrei rinunciare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Poi gli alberi dissero alla vite: "Vieni tu a regnare su di noi". Ma la vite rispose loro: "E io dovrei rinunciare al mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?" Allora tutti gli alberi dissero al pruno: "Vieni tu a regnare su di noi". Il pruno rispose agli alberi: "Se è proprio in buona fede che volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!" (Giudici 9,8-15).


Qual è la funzione che svolge l’apologo di Iotam nel libro dei Giudici? Veniamo al motivo e al significato di questo racconto. Cominciamo dai personaggi, non quelli della fiaba, ma quelli reali, di cui parla il libro dei Giudici, che sono Abimelec e Iotam: sono due fratelli, anzi fratellastri, figli dello stesso padre, ma di madre differente. Iotam è il “figlio minore di Yerubbaal” (è il nome dato a Gedeone per avere criticato il dio Baal e demolito il suo altare; Yerubbaal significa un po’ tutto questo: “Difenda Baal la sua causa, se veramente è un dio”). Iotam è l’ultimo di settanta fratelli, figli tutti di Gedeone e di più mogli, di cui non conosciamo i nomi. Abimelec (il suo nome significa: “Mio padre è re”) invece è figlio di una concubina di Gedeone, una serva, che vive a Sichem. Sichem è una città importante nella storia dei patriarchi, e non solo. Alla morte di Gedeone, Abimelec, assetato di potere, vuole regnare sui sichemiti. Motivi personali, come il risentimento, sommati al timore che i fratelli, figli di Gedeone, possano esercitare una qualche forma di governo collegiale dopo la morte del padre, inducono Abimelec a ucciderli tutti: assolda al suo servizio degli avventurieri senza scrupoli e fa strage dei fratelli, uccidendoli tutti su una stessa pietra, con una pubblica esecuzione. L’unico che riesce a scampare al massacro è Iotam. Il giovane Iotam, informato della cosa, si reca su un monte per parlare ai sichemiti sulla gravità di riconoscere un uomo violento (Abimelec) come loro re. Il monte da dove Iotam parla è il colle Garizim, vicino a Sichem. Garizim (assieme a Ebal) è un luogo strategico, perché in precedenza Mosè e Giosuè vi pronunciano la maledizione e la benedizione. Dal monte Garizim, Iotam racconta o declama il suo apologo ai sichemiti. Il racconto inizia così: “Ascoltatemi, sichemiti, e vi ascolti Dio!”. Segue poi l’allegoria degli alberi. Prima entriamo nel mondo del racconto, poi cerchiamo di coglierne il significato. Solitamente nelle favole, animali e oggetti sono personificati. Gli alberi si mettono in cammino per ungere un re su di loro. Essendo alberi personificati, si rivolgono ad altri alberi. Il primo a cui si rivolgono è l’ulivo: l’albero più antico e il più utile per l’olio. Il secondo è il fico: l’albero da frutto più comune. Il terzo è la vite, che rallegra il cuore degli uomini per l’uva e il vino. Ma nessuno di questi alberi accetta di essere re: hanno cose più importanti e utili da fare. Infine si rivolgono a un pruno: albero di spine, senza frutto, che serve solo ad accendere il fuoco, quando non lo provoca. Il pruno accetta di essere re e promette rifugio sotto la sua ombra: ma nemmeno questa promessa può mantenere, poiché esso non fa ombra per gli altri. Il pruno o rovo non è buono a nulla, anche se diventa re, e non può offrire alcun riparo. Il suo solo merito, che però è il suo peggior difetto, è quello di far divampare il fuoco, che brucia “i cedri del Libano”. Usciamo ora fuori dal racconto. L’apologo è diretto contro Abimelec e contro la monarchia, nata dalla violenza e dal desiderio sfrenato del potere. Come il pruno, così Abimelec non ha nulla da offrire. Soltanto la gente indegna e violenta cerca di dominare sugli altri. Le persone degne sono troppo occupate a recare frutto, impegnate in cose degne e in compiti utili, per pensare al potere.

Paolo Mirabelli

06 ottobre 2020

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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