Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

“La parola del Signore era rara a quei tempi, e le visioni non erano frequenti” (1 Samuele 3,1). È come se il sole si eclissasse e il buio tornasse sulla terra. È come se Dio scomparisse nel silenzio, e volesse rimanere nel mistero. In fondo, prima del “Dio disse”, contenuto nei versetti iniziali della Bibbia, c’è il silenzio di Dio; e prima che Dio si mostrasse, prendendo volto e parola, come descrive il prologo di Giovanni, c’è il “nessuno ha mai visto Dio”. Ma questa introduzione alla vocazione di Samuele è un tema di riflessione e un giudizio sulla condizione in cui versa Israele al tempo dei giudici. Dio non parla, Dio è assente, perché? Eppure da Abramo in poi, il Signore “ha parlato ai padri, molte volte e in molte maniere, per mezzo dei profeti”. Il testo biblico parla di un tempo di crisi delle visioni e di crisi della parola, in cui si sente più l’assenza di Dio, che la sua presenza, e si percepisce meglio il suo silenzio, che la sua parola. Martin Heidegger, parlando del suo tempo, dice che la realtà non è più la dimora di Dio, e parla di qualcosa che è ancora peggiore della mancanza di Dio: non riconoscere come povertà la mancanza di Dio. Di Dio se ne parla, è sulla bocca di tutti, specie quando accadono le tragedie (dov’è Dio?). Non è vero che di Dio se ne parli poco. Forse se ne parla tanto perché non si sa come spiegare il suo silenzio. La parola fa meno male del silenzio, perché basta ascoltarla e viverla, mentre il silenzio richiede di essere interpretato. “Non temo ciò che Dio dice, mi spaventa il suo silenzio”, sono le parole toccanti di un credente.


Dio ha molti modi di farsi presente, e il suo silenzio è già un suo modo di parlare. Sin dall’inizio, dall’Eden, dalla creazione in poi, Dio parla con l’uomo. Il Dio della Bibbia è un Dio che parla, poiché “nessuno mi può vedere e vivere”, eccetto che non si tratti di qualche forma di teofania, nella quale comunque l’essenza di Dio rimane velata. Usiamo il termine “teofania” (in mancanza d’altro) perché quando tocca a noi parlare di Dio, non lo sappiamo fare, balbettiamo, come dice Karl Barth, ci mancano le parole. Quando Mosè chiede di vedere Dio faccia a faccia, gli viene negato, poiché nessuno può vedere il volto di Dio, e vivere: al legislatore il Signore si fa vedere di spalla. Dio proibisce tassativamente a Israele di rappresentarlo con qualunque forma esistente, come nel mondo pagano. Dio non ha bisogno di una figura, né di una bocca muta fatta di marmo per farsi sentire. Dio non può essere toccato perché non è manipolabile, non è una nostra fattura. Il Dio della alleanza fa sentire la sua voce a Mosè e a Israele sul Sinai tuonante  e fumante. Il Dio che non si vede con gli occhi e che non può essere toccato con le mani non è meno reale. In fondo, la visione è un modo e una forma di controllo di ciò che si vede e che si presume di conoscere. Forse per questo Dio non è così evidente. Niente va dato per scontato e acquisito una volta per sempre quando parliamo di Dio: Dio è sempre lo stesso, ma è anche sempre nuovo, come il sole che appare ogni mattina. La parola invece apre al dialogo tra un io e un tu. Il Dio della Bibbia è un Dio che invita all’ascolto della sua parola. Il dialogo avviene tra noi e Dio, nello Spirito, tramite la Scrittura, in varie forme: a volte siamo noi che poniamo a Dio delle domande, ed egli ci risponde. Ma anche il suo silenzio è già una forma di dialogo, perché suscita in noi un punto di domanda: perché Dio tace? E c’è di più. Il suo silenzio crea nostalgia e attesa, crea il desiderio di sentire la sua parola nei nostri cuori, oltre che alle nostre orecchie.


Il silenzio di Dio crea in noi il desiderio di udire nuovamente la sua Parola. Questa volta Parola ha la lettera maiuscola. Quando percepiamo l’assenza di Dio nella nostra vita, quanto sembra che Dio si ritiri da questo mondo, quando la sua parola non si sente, è perché Dio ci sta chiedendo di essere cercato, atteso, desiderato. Come l’amante, nel Cantico dei Cantici, cerca l’amata intensamente. È nel silenzio che l’uomo ascolta Dio, il Dio che parla, il Dio che è Parola. È nel silenzio che l’uomo porta a Dio le cose che più lo imbarazzano e gli creano disagio: non esiste condizione umana così indegna che il Signore non ascolti e non accolga. Spesso è proprio mediante questa pedagogia del silenzio, facendoci soffrire per la sua parola negata, che il Signore ci invita a ricercare, a desiderare la sua parola, in mezzo ai tanti rumori e alle tante parole vuote del nostro tempo.


Il silenzio di Dio ci interroga, ci scruta, ci fa desiderare la sua voce, per sentirci amati. Il desiderio di ascoltare di nuovo e sempre la parola di Dio si fa forte in noi. Dio parla “ultimamente” a noi nel Figlio. La Parola di Dio accade di nuovo e sempre: Gesù è tutto ciò che Dio vuole dirci.

Paolo Mirabelli

27 febbraio 2020

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.