Nel libro che porta il suo nome, Samuele viene presentato nella triplice funzioni di levita, profeta e giudice. Egli è senz’altro una delle figure più importanti della storia d’Israele: segna il passaggio dai giudici ai re. È paragonabile ad altri grandi uomini venuti prima e dopo di lui. Dio parla per la prima volta a Samuele nel santuario di Silo e lo costituisce profeta. La parola di Dio gli è rivolta nottetempo (3,1-18). Da allora in poi il Signore appare e si rivela a lui mediante la parola (3,21). In una nota riassuntiva si dice che le parole di Samuele si adempiono: “Il Signore non lasciò andar a vuoto nessuna delle sue parole” (3,19). Le rivelazioni di Dio e le parole di Samuele adempiute fanno sì che “tutto Israele, da Dan fino a Beer-Sceba, riconobbe che Samuele era stabilito come profeta dal Signore” (3,20). Risuonano qui le parole dette per Mosè, costituito servitore fedele in tutta la casa del Signore (Numeri 12,7). Samuele, costituito profeta, viene accostato a Mosè, come conferma il Salmo 99,6. Samuele è anche giudice d’Israele (7,15). In seguito lo ritroviamo che affronta diverse questioni del popolo e combatte contro i filistei, come i grandi giudici d’Israele, ma a differenza di questi, come Mosè contro Amalec (Esodo 17,8-16), Samuele non scende in battaglia, bensì prega e vince (7,1-17). Samuele innalza una pietra, tra Mispa e Sen, e la chiama Eben-Ezer (pietra di aiuto): “Fin qui il Signore ci ha soccorsi” (7,12).
Il racconto della vocazione di Samuele legittima il suo nuovo ruolo in Israele e delegittima quello del sacerdote Eli e dei figli, sui quali incombe il giudizio di Dio a motivo della loro scelleratezza. Non è una lotta per il potere: Samuele non cerca potere, egli è sottomesso a Dio e al sacerdote, ma è la parola di Dio che gli dà autorità. È la narrazione di cosa accade dopo l’intervento dell’anonimo profeta che denuncia il malcostume dei due figli di Eli. È l’annuncio dirompente e sconvolgente di quanto Dio sta per fare, che forse ha un orizzonte temporale che va oltre la casa di Eli. Tutto accade di notte, durante il sonno, in un sogno. Il popolo di Dio smette di sognare quando si allontana dal Signore, quando “il vecchio potere sacerdotale”, corrotto, spezza le ali per volare e imprigiona la gente, anziché liberarla. La comunità di fede ha bisogno di tornare a essere giovane e ubbidiente a Dio, come Samuele, per sognare. Solo la parola che Samuele riceve da Dio è in grado di liberare, di abbattere ogni potere che opprime, di aprire il futuro, con nuovi orizzonti e possibilità.
3,1-9. “Parla, Signore, poiché il tuo servo ascolta”. L’inizio è costituito da due note introduttive: il giovane Samuele serve nel santuario (hekal); la parola di Dio è rara in quel tempo e le visioni non sono frequenti. Qualcosa sta per accadere, il silenzio di Dio, che può sembrare apparentemente una parola negata, crea attesa e desiderio. La comunicazione a Samuele giunge dall’esterno: non è una esperienza soggettiva in un momento di profonda estasi, piuttosto è una parola altra da lui, che gli giunge dall’esterno. Samuele è disponibile ad ascoltare, Eli è disposto ad aiutarlo a riconoscere Dio e gli suggerisce le parole da dire. La chiesa deve aiutare i propri giovani a “riconoscere” la parola del Signore, a discernere, in mezzo alle tante voci e rumori del nostro tempo, la voce del Dio che parla, perché ne facciano esperienza.
3,10-14. Il Signore si ferma accanto a Samuele e lo chiama per nome. Ogni volta che è chiamato, lui risponde con prontezza: “Eccomi!”, anche se confonde la voce di Dio, che ancora non conosce, con quella di Eli. Questa risposta evoca quella di Abramo a Dio, nel mancato sacrificio di Isacco, ed esprime l’apertura del ragazzo verso l’altro, verso l’alto, verso quel Dio che con tanta delicatezza gli sta accanto e lo chiama per nome. L’oracolo che Dio dà a Samuele riguarda il giudizio sulla casa di Eli: l’iniquità di quella casa non sarà mai espiata, né con sacrifici né con ablazioni. Dio innalza e abbatte, come dice il cantico di Anna: abbatte la casa di Eli “per sempre” e ne innalza un’altra. Eli ora dipende da Samuele per l’ascolto della parola di Dio: la rivelazione non viene più data tramite il sacerdote e l’efod, ma viene trasmessa tramite il suo profeta.
3,15-21. Samuele è riluttante nel comunicare il messaggio ricevuto dal Signore, ma Eli lo convince a non nascondergli la parola ricevuta da Dio. Il vecchio sacerdote, che non ha saputo frenare i figli e impedirgli di peccare, non può fare altro che accettare il giudizio di Dio. Il capitolo si conclude con due note su Samuele: Samuele cresce, e il Signore è con lui; tutto Israele, dal confine nord a quello sud, riconosce che Samuele è stabilito profeta dal Signore. È l’inizio di una nuova era.