Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

“Non conoscevano il Signore”, una frase come questa decontestualizzata provoca sì una reazione ma non uno scandalo. I lettori della Bibbia sono abituati a sentire dire che ci sono persone che non conoscono Dio, e il pensiero va subito ai pagani. Ma il contesto da dove è presa questa espressione non parla affatto di pagani, bensì di persone appartenenti al popolo di Dio, a Israele: i due scellerati (così li chiama il testo biblico) che non conoscono il Signore sono nientemeno che due sacerdoti. Ecco perché la reazione provoca indignazione e scandalo. Ma di chi stiamo parlando? Dei figli del sacerdote Eli, Ofni e Fineas, e la loro brutta storia è raccontata nel primo libro di Samuele (2,12-36). Facciamo un passo indietro per inquadrare meglio il contesto storico e teologico. Il libro dei Giudici ci consegna un quadro sconcertante di corruzione e di apostasia in cui versa Israele, caduto in una spirale di decadenza spirituale. Il refrain che attraversa l’intero libro è: “In quel tempo non c’era re in Israele, e ognuno faceva ciò che gli pareva meglio”. Ognuno ascolta il proprio io, anziché Dio. E il motivo di tanto malessere viene spiegato dal fatto che la gente vive senza Dio, o come se Dio non ci fosse. Sin dai primi capitoli, Giudici parla di “una generazione che non conosceva il Signore, né le opere che aveva compiute in favore d’Israele”: questo potrebbe voler dire una mancanza da parte della generazione precedente nell’insegnare la conoscenza di Dio alle nuove generazioni (Deuteronomio 6,7), oppure potrebbe voler dire la ferma volontà di quella generazione venuta dopo Giosuè di non ri-conoscere il Signore, e in questo caso si tratterebbe di incredulità piuttosto che di ignoranza (Proverbi 3,6). Tuttavia la musica non cambia. Qui non solo il popolo non conosce il Signore, ma persino i sacerdoti (le guide d’Israele), che amministrano davanti all’altare, possono trovarsi nella condizione di ignorare Dio. È mai possibile che due ministri di Dio, che officiano nel tabernacolo, non conoscano Dio? Evidentemente sì. Non basta essere figlio del padre della fede, Abramo, per essere un uomo di fede. Non basta essere della tribù di Levi per essere un sacerdote consacrato e devoto a Dio. Non basta trovarsi nella corretta successione storica con il sacerdozio di Aronne per essere fedele al Signore.


Ma qual è la pietra dello scandalo? Diamo uno sguardo al testo di 1 Samuele 2 per capirlo. Dopo la nascita di Samuele e la sua consacrazione, il racconto si sposta sui figli del sacerdote Eli. Dopo il canto, il pianto; dopo le vette toccate con il canto di Anna per il dono del figlio, si passa a narrare la scelleratezza dei due figli di Eli. Questa non è una narrazione posteriore, aggiunta successivamente alla storia di Samuele, fatta per stabilire la legittimità di una famiglia sacerdotale su un’altra, come nei giochi di potere, ma è un racconto accurato, puntuale sul peccato dei figli di Eli e il conseguente giudizio di Dio, che ha come conseguenza una sostituzione della famiglia sacerdotale. I due figli di Eli abusano del loro ruolo sacerdotale per commettere due abominazioni. La prima: si appropriano della carne scelta degli animali sacrificali, sebbene fosse proibito dalla legge masaica. Questo porta inevitabilmente non solo al venir meno alla propria funzione, ma getta discredito sui sacrifici e sul ministero sacerdotale agli occhi del popolo. La seconda: si uniscono e hanno rapporti sessuali con le donne che svolgono il servizio all’ingresso del tabernacolo, come nei culti cananei.


Come Samuele, i figli di Eli sono chiamati “giovani” (na’ar): ma mentre del piccolo Samuele si dice che “continuava a crescere ed era gradito sia al Signore sia agli uomini” (2,26), dei figli di Eli si dice che crescevano in malvagità, “erano uomini scellerati” (2,12), che moltiplicano la loro corruzione. Samuele diventa “grande”, possiamo dire, un grande uomo di Dio; i figli di Eli invece fanno diventare “grande” (il vocabolo è lo stesso) il loro peccato agli occhi di Dio (2,17).  Anna, la madre di Samuele, si reca ogni anno a portare una tunica nuova al figlio, segno della cura che lei ha per il ragazzo e per il servizio che svolge. Eli non sembra essere un uomo corrotto, tuttavia appare incapace di gestire la situazione di peccato de figli. A dire il vero, c’è un tentativo da parte sua di correggere i figli, ma a quanto pare non sortisce risultato. È un anonimo uomo di Dio, un profeta, ad annunciare il giudizio di Dio sul peccato dei due e sulla rovina della casa di Eli. A subentrare nel sacerdozio sarà la famiglia di Sadoc, ma il testo, nella sua visione profetica, va oltre questo primo adempimento: il vero sacerdote fedele, secondo il cuore e il desiderio di Dio (2,35) non può che essere colui che è “re e sacerdote”, ovvero Gesù Cristo.

Paolo Mirabelli

20 febbraio 2020

Gallery|Bibbiaoggi
Foto & Post della Gallery: 1665
Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.