Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Mica o Mika-yehu (in ebraico) è il nome di un abitante della montagna di Efraim, e la sua storia è raccontata nel libro biblico dei Giudici nel capitolo 17, in parte segue nel 18 ma si intreccia con la storia dei daniti (la tribù di Dan) in cerca di un territorio. La sua è pop music (musica popolare), nel senso che piace ed è di gradimento agli uomini e alle donne del tempo dei Giudici, assuefatti ormai dallo frastuono della idolatria a tal punto che non riconoscono più la melodia di Dio.


Con il capitolo 17 inizia la parte conclusiva del libro dei Giudici, che racconta il periodo finale del tempo dei giudici d’Israele, caratterizzato dalla perversione e dalla infedeltà. Quando il popolo non marcia più al ritmo del tamburo di Dio, ma “ognuno fa ciò che gli pare meglio”, la conclusione non può che essere questa: idolatria, disordine, affermazione del io e del più forte, guerre fratricide, corruzione. La spirale di perversione verso il basso del popolo raggiunge il suo culmine, che il libro dei Giudici denuncia. Tre dati meritano di essere richiamati perché sono rappresentativi di tale periodo storico. Il primo. Dal capitolo 17 in poi non si nomina più alcun giudice, come nei capitoli precedenti, eppure questo è il libro dei Giudici. Questo fatto è sintomatico perché rivela che la giustizia è ormai “fuorilegge” e il diritto viene stabilito dal più forte: c’è il convincimento che sia la forza a creare il diritto. La giustizia di Dio non viene più sperata, né ricercata e ascoltata. In una società dove ognuno fa ciò che gli pare meglio, è chiaro che quando gli interessi tra le persone si scontrano, vince il più forte e violento. Il secondo. Non ci sono più nemici esterni, ma gli israeliti sono in guerra tra di loro. Mentre prima i nemici sono i filistei, gli amonniti, i madianiti, i moabiti, ora il nemico è il vicino di casa, il prossimo, il fratello, la madre. E una casa divisa in parti contrarie non può reggere, così come un regno diviso contro se stesso va in rovina (sono le sentenze di Gesù). Il terzo. Mica è l’ultimo nome dei personaggi menzionati nel resto del libro dei Giudici, dopo si entra nell’anonimato: si parla di un levita, dei daniti, di una moglie violentata, dei leviti, ma non si fanno più i nomi. Quando un reato o un peccato non ha il nome di chi lo commette, ciò significa che i reati e i peccati sono ormai così diffusi da diventare sistema.


La storia del nostro cantante biblico inizia con un furto: Mica ruba 1100 sicli d’argento a sua madre e poi li restituisce. Ma il peggio deve ancora venire. Il nome ebraico Mika-yehu significa: “Chi è come Yah?”, ma nessuno sa veramente come è il Signore, nessuno più vuole ascoltare la musica di Dio o seguire la sua volontà espressa nella legge di Mosè, poiché ognuno canta ciò che gli pare meglio. Con i soldi restituiti, Mica e sua madre fanno un idolo, un’immagine di metallo fuso, un efod e degli idoli domestici (teraphim). Mica consacra addirittura un figlio a svolgere la funzione di sacerdote nella sua casa di idoli. E il cerchio si chiude quando un giovane levita di passaggio (forse in cerca di nuove esperienze spirituali), con un curriculum da fare invidia a molti religiosi (levita di Betlemme di Giuda, della famiglia di Giuda), viene assoldato come sacerdote, con tanto di titolo onorifico (“padre”) e di stipendio: 10 sicli d’argento all’anno, un vestito completo e il vitto. “Padre e sacerdote”: è il primo ma non l’ultimo, anche se Gesù condanna chi si fa chiamare padre, guida, maestro. Alla domanda di Mica, “Da dove vieni?”, il giovane levita risponde: “Da Betlemme e vado a stabilirmi dove troverò un luogo adatto”. È in cerca di un nuovo genere di musica. Ma cosa c’è di più adatto del servizio al tabernacolo di Dio? Il culto si sposta così dalla “casa di Dio” alla “casa di Mica”. Madre e figlio riescono a creare “un altro dio oltre a Dio”. Se non di tutto il decalogo, qui c’è la violazione della gran parte dei dieci comandamenti. E se si aggiunge poi il fatto che il giovane levita, che presiede questo culto idolatrico, è nipote di Mosè (l’uomo che incontra Dio sul monte Sinai, che riceve i dieci comandamenti, che spezza le tavole della legge di fronte al vitello d’oro), il quadro si tinge di fosco e diventa proprio una brutta storia. Quando i daniti incontrano il giovane levita e gli chiedono “Che fai in questo luogo e perché sei qui?”, egli risponde: “Mica mi stipendia e io gli servo da sacerdote”. Non è difficile per i daniti convincerlo a cambiare parrocchia: “Vieni con noi e ci farai da padre e sacerdote; che cosa è meglio per te, essere sacerdote in casa di un uomo solo, o di una tribù?”. Così l’idolatria di un uomo diventa l’idolatria di una intera tribù. Quando ognuno fa ciò che gli pare meglio, il culto è corrotto e la rovina è imminente. Morale del racconto: lasciamo da parte il genere musicale di Mica, e cantiamo tutti assieme le lodi a Dio!  

Paolo Mirabelli

11 dicembre 2019

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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