Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Il culto è il momento espressivo della relazione tra l’uomo e Dio, e implica tanto l’atteggiamento interiore, quello che comunemente viene detto “il cuore”, quanto quello esteriore dell’uomo. Aspetto interiore e aspetto esteriore insieme costituiscono ed esprimono la relazione con Dio. Un culto che è solo sentimento astratto non è ancora culto: per essere tale ha bisogno di essere espresso in delle forme. Non è vero, come sostengono alcuni, che il culto del Nuovo Testamento sia privo di forme, e non è vero che ci sia contrapposizione tra culto e forma. Il culto nella Bibbia si esprime attraverso certe forme e determinati contenuti. Il formalismo non riguarda la forma del culto, ma l’atteggiamento di chi rende il culto. Il culto spirituale non si contrappone alle forme che troviamo nella Scrittura, ma al culto fatto in maniera formale, senza la partecipazione del cuore, osservando solo la forma senza badare allo spirito. È questo che rende il culto ritualistico e formalistico. Il Signore non è soltanto l’oggetto del culto, il destinatario unico, ma ne è anche il soggetto, l’autore. l’artefice: egli è colui che muove il culto, colui che suscita nei cristiani il movimento di adorazione. Nella riunione della chiesa si vive la presenza del Signore, secondo la sua promessa, e l’azione dello Spirito Santo, che muove la chiesa a rendere a Dio un culto a lui gradito.


Nell’Antico Testamento, il popolo d’Israele riceve dalla legge mosaica le prescrizioni per il culto, che va reso a Dio soltanto, non agli idoli o alle divinità pagane. È nell’incontro di Dio nella storia di questo popolo, attraverso avvenimenti che sono all’origine della sua costituzione come popolo, che trova espressione concreta il culto; culto inteso come manifestazione della relazione fondamentale che unisce Israele a Dio, e ne esprime il riconoscimento di tale relazione radicale. Il culto che si rende al Signore ha dunque le sue radici nella rivelazione di Dio, la sola che possa guidare il sentimento del credente nel relazionarsi con Dio. È nel culto che si esprimono i differenti aspetti di questo sentimento con atti di  adorazione. Per la natura corporale e spirituale dell’uomo, anche quando il culto vive nello spirito, si manifesta mediante gesti concreti. Tali espressioni cultuali sono costituite da forme che esigono tempi e luoghi sacri, stabiliti dalla legislazione mosaica, perché si svolgono nel tempo e nello spazio. È a motivo del sua natura rivelata che il culto d’Israele non ha forme identiche a quelle dei popoli pagani di quell’epoca: non si riscontrano un insieme di credenze, di riti e di pratiche religiose che lo avvicinano ai popoli del Medio Oriente. A questa sua diversità di forme e di contenuti si accompagna pure un diverso significato rispetto ai culti pagani.


Nel Nuovo Testamento, l’oggetto del culto sono Dio e Gesù Cristo. Agli inizi, gli apostoli frequentano il tempio e le sinagoghe, ma presto il culto si libera delle forme ebraiche a favore di una creazione che appare originale. I cristiani si radunano per pregare e celebrare il “culto del Signore” (Atti 13,2). Negli scritti di Paolo appaiono diversi elementi del culto primitivo: discorsi in lingue che necessitano di un interprete; profezia e predicazione; preghiere e cantici , dei quali si incontrano reminiscenze sparse qua e là; la frazione del pane o Cena del Signore. Le case private servono in genere da luogo di incontro, ma non esiste un luogo consacrato specifico per il culto al Signore. Di solito la riunione della chiesa si tiene nel “giorno del Signore”, scelto a motivo della risurrezione di Gesù. Non appare nessun sacerdote che abbia il ministero di presiedere al culto, ma vi è la partecipazione di tutti i cristiani, in virtù del loro sacerdozio universale. Durante il culto si dedica grande spazio all’insegnamento e all’annuncio della Parola di Dio. Quest’atteggiamento rispetto alle pratiche religiose ebraiche caratterizza sin dagli inizi il culto del Nuovo Testamento.


Con Gesù Cristo abbiamo una nuova comprensione del culto, sia nei contenuti che nella qualità: egli stesso, con tutta la sua vita, personifica ed esemplifica il culto dovuto al  Padre. Cristo non condanna il culto levitico anzi vi partecipa, però esige, da una parte, la purezza del cuore, senza la quale il culto è vano, e, dall’altra, dichiara il suo scopo, perché nella sua persona si realizzano un nuovo tempio e un nuovo culto. Con Gesù finisce l’epoca mosaica e profetica della figura e dell’annuncio; termina il culto legato a luoghi particolari, alle forme e alle prescrizioni mosaiche, e s’inaugura il culto “in spirito e verità” (Giovanni 4,23-24). Si tratta di un culto che ha come principio vitale lo Spirito Santo; e che ha i contenuti e le forme descritte nel Nuovo Testamento. Il culto basato sulle tradizioni umane è privo di fondamento biblico, e perciò vano. I veri adoratori adorano Dio in spirito e verità.

Paolo Mirabelli

20 giugno 2019

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.