Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

La parabola: La moneta smarrita e ritrovata (Luca 15,8-10. La parabola affine alla precedente mette in scena una donna che ricerca affannosamente una dramma perduta tra le dieci dramme, che costituivano il suo gruzzolo (risparmio). La dramma d’argento, l’unità monetaria di Atene che aveva valido corso in tutto l’Oriente, equivaleva a un denaro romano, che costituiva il compenso per una giornata di lavoro agricolo (Matteo 20,2). Alla parabola del pastore premuroso adatta agli uomini, Luca, che ha grande interesse per le donne, abbina la corrispondente parabola della moneta perduta, assai più comprensibile alle casalinghe, le quali più volte dovevano avere vissuto la stessa esperienza, insieme dolorosa e gioiosa. I particolari rispecchiano la situazione delle case orientali di quel tempo: pavimento di terra battuta, che attutisce il rumore della moneta caduta, e la necessità di spazzare la stanza con un ramo di palma (o fronde di alberi) e di mettere in ordine le masserizie che, come una specie di bazar, ingombravano il vano, quasi del tutto privo di mobili. Per spazzare bene la casa, bisognava accendere una lucernina di terracotta a olio e fare luce nella stanza buia, perché aveva solo una porticina capace di far passare un sottile spiraglio di luce. La donna faceva tanta fatica nella speranza di poter trovare, tra le fessure del pavimento, la moneta perduta. Gli scavi archeologici nel villaggio di Cafarnao hanno portato alla luce un gruppo di abitazioni che si aprivano su di un unico cortile comune; è quindi facile immaginare il chiacchierio della donna con le vicine, per comunicare loro la gioia provata per il suo ritrovamento.


La gioia della donna è la gioia di Dio. Simile alla gioia della donna è la gioia degli angeli di Dio per la conversione di un peccatore (15,10), dove gli angeli sono introdotti per non mettere in scena direttamente Dio. Si tratta di una rispettosa perifrasi, come il “cielo” della parabola precedente, per indicare in modo rispettoso Dio senza nominarlo. Gli angeli erano, infatti, ritenuti la corte divina. Il significato è identico al racconto precedente: non disprezzare i peccatori ma ricercarli, come fece Gesù, per riportarli pentiti a Dio.


Commento degli editori. Prima alcune note esegetiche, poi un breve commento. Il vangelo di Luca presenta spesso, fin dalle prime pagine, racconti dove i protagonisti sono prima un uomo e subito dopo una donna, pensiamo ad esempio a Simeone e Anna o al centurione di Capernaum e la vedova di Nain. Questo non fa che confermare il carattere universale dell’Evangelo: Dio non fa differenza tra uomo e donna in merito alla salvezza, il Vangelo è per tutti coloro che lo accolgono con fede. La parabola (è interessante notare che il testo parli semplicemente di “questa parabola”, come se le tre parabole di Luca 15 in realtà fossero una sola) è simile alla precedente ma non identica, e non solo perché i personaggi sono diversi. Lo scopo o il motivo delle due parole (tre con quella del figlio prodigo che segue) è lo stesso: Gesù risponde ai suoi critici, scribi e farisei, che lo accusano di accogliere i peccatori. Ma i particolari sono diversi, come diversa è la scenografia, e anche l’accento è un po’ spostato. Invece di un uomo ricco, o almeno benestante poiché possiede cento pecore, qui la protagonista è una donna povera, che ha solo dieci dramme (il vocabolo dramma si trova solo qui nel Nuovo Testamento, è un hapax legomenon) e una casa piccola, povera e senza finestre. Il rapporto numerico tra ciò che si perde e il resto non è più di uno a cento, bensì di uno a dieci. Il “dramma” per la dramma (la moneta) perduta e poi ritrovata avviene dentro le mura domestiche, non fuori, in aperta campagna o nel deserto. Nel versetto conclusivo, i peccatori non sono più posti di fronte ai “giusti” (i novantanove che non hanno bisogno di ravvedimento), ma di fronte a Dio, agli angeli che stanno davanti a Dio. Per trovare la dramma perduta, la donna deve accendere una lampada e spazzare ogni angolo della casa, per far tintinnare la moneta sul pavimento di pietra o di terra battuta. L’accento quindi è posto sì sull’atto del cercare, ma soprattutto sulla gioia, che rimane il centro della parabola. Solo dopo aver ritrovato la moneta perduta, la donna rende partecipe gli altri alla sua gioia, come fa il pastore nella parabola precedente con gli amici e i vicini. La gioia è così grande e incontenibile che per essere espressa deve essere partecipata ad altri e altre. È del tutto insignificante disquisire ostinatamente se le dieci dramme costituiscono la dote della donna, il risparmio del suo lavoro, oppure se servono per il suo ornamento in vista di un futuro matrimonio. Gesù non lo dice, e comunque il senso della parabola non cambia. Poiché la parabola parla della gioia di Dio nel vedere il peccatore pentito, Gesù che accoglie i peccatori ha Dio dalla sua parte, mentre i suoi critici sono contro Dio. Con la parabola di Luca 15,8-10 Gesù presenta una donna un po’ stravagante, con tratti di irrazionalità: per solo pochi centesimi (se la proporzione è corretta, comunque si tratta di poco) butta all’aria l’intera casa. Anche la sua vicina coglie una qualunque occasione per far festa. Come si può gioire per così poco che viene ritrovato? C’è qualcosa di insolito, di strano nella parabola. E la cosa più strana è che la casa simboleggia il cielo e la gioia è davanti agli angeli. È proprio così, la donna simboleggia l’agire di Dio. Dio è così. Dio impazzisce di gioia per un figlio che torna a casa. Dio vuole la salvezza dei peccatori, il Signore si rallegra quando un peccatore si ravvede e torna a casa. Solo Gesù, Figlio di Dio, che proviene dal seno del Padre, conosce pienamente i sentimenti di Dio e può dire com’è Dio e cosa prova (altro che un Dio impassibile!).  Lo scopo delle tre parabole di Luca 15 (in realtà una sola parabola, secondo Luca) è, lo ripetiamo, giustificare l’agire di Gesù nei confronti dei peccatori. Dunque, la parabola tratta e descrive l’agire di Dio. La folle ricerca della donna è la ricerca di Dio. La gioia della donna è la gioia di Dio. Dio è alla ricerca persino del più piccolo degli esseri umani. Butta all’aria tutta la casa (e persino il cielo!) pur di ritrovare l’ultimo, il perduto, il più peccatore. Non siamo noi a dover cercare Dio, è Dio che cerca noi in Gesù Cristo (il Vangelo ci raggiunge ovunque, nel deserto come in casa). E lo fa ad ogni costo. Questo è il Dio che l’immagine della donna rappresenta. È attraverso l’agire della donna che noi possiamo cogliere il vero volto di Dio, riflesso nel Figlio. Nell’agire di questa donna, che è l’agire di Gesù, noi possiamo conoscere l’amore di Dio verso i peccatori. Tutti gli uomini sono amati e ricercati da Dio in Gesù Cristo.


Nota degli editori. Questa parabola de La moneta smarrita e ritrovata (Luca 15,8-10) è tratta dagli appunti scritti a mano di Fausto Salvoni (1907-1982) sulle parabole di Gesù. Le note e alcune parti del testo sono di Paolo Mirabelli, che ha corretto il testo, curato la revisione e riformulato certe espressioni. La trascrizione dei testi è di Cesare Bruno e Roberto Borghini.

Fausto Salvoni

28 gennaio 2019

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“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

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