Matteo e Marco raccontano di una o più visite di Gesù alla sinagoga di Nazareth, durante il suo ministero pubblico, ma per Luca essa è il manifesto programmatico della sua missione (4,14-30). Luca è certamente interessato alla storia e alla cronologia dei fatti evangelici, lo dimostrano il prologo e il capitolo 3, ma storia e teologia si legano e si compenetrano. La teologia è radicata nella storia e la storia acquista significato teologico per la presenza di Gesù. Nel racconto dei fatti, egli non sacrifica la cronologia, ma ordina il materiale secondo un progetto centrato sul ministero di Gesù, in cammino verso Gerusalemme, e oltre. Luca racconta, ad esempio, il ministero di Giovanni Battista fino al suo arresto, senza preoccuparsi di dirci chi battezza Gesù. Il suo scopo è mostrare subito l’inizio del cammino, dietro al Maestro che opera e insegna sempre in movimento.
Nella sinagoga di Nazareth Gesù era solito recarsi, prima di iniziare il suo ministero, per il culto sinagogale, che consisteva sostanzialmente nella lettura e commento dell’Antico Testamento e nelle preghiere. La sinagoga era anche il luogo dove si amministrava la giustizia, si discutevano questioni sociali, si raccoglievano collette, si mangiava assieme. A Nazareth Gesù era stato allevato, e mosso dallo Spirito Santo, dopo il battesimo e le tentazioni nel deserto, si reca nella sinagoga e legge un brano del profeta Isaia (61,1-2). Luca è molto attento a riferire la modalità con cui si svolgeva il culto della sinagoga: alzarsi in piedi per leggere, aprire il libro, chiudere il libro (rotolo), sedersi, commentare il testo letto. Anche qui il suo intento non è solo di riferire dei dati o una liturgia ben precisa, ma mostrare che il ministero di Gesù si pone in continuità con la storia raccontata da Mosè e dai profeti nelle antiche Scritture, di cui Gesù ne è il compimento.
L’affermazione secondo cui la fama di Gesù si sparse in tutta la regione è come un ritornello nel vangelo di Luca, che lo ripete dopo l’insegnamento a Capernaum (4,37), dopo la guarigione del lebbroso (5,15), dopo la risurrezione del figlio della donna di Naim (7,17). In un solo tratto Luca mette in evidenza i grandi temi dell’opera di Gesù. In lui si compie la vocazione del “servo del Signore”, espressa nella parola profetica del libro di Isaia (61,1-2), e si realizza quanto promesso nell’Antico Testamento. Gesù è unto con lo Spirito Santo per la sua missione, che consiste nell’annunziare la buona notizia ai poveri, proclamare la liberazione ai prigionieri, dare la vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno giubilare del Signore, ovvero predicare l’anno di grazia. Si tratta di una funzione che ha carattere profetico e insieme messianico.
Dopo la lettura della Scrittura, la prima parola di Gesù è “oggi” (secondo questo vangelo è la prima parola del suo ministero pubblico). “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi ascoltate” (4,21). Il testo greco afferma che si è compiuta “nei vostri orecchi”. Non era la prima volta che le parole del profeta Isaia risuonavano in una sinagoga, ma è solamente in Gesù che si realizzano in modo unico le Scritture, perché in lui vanno a coincidere e si realizzano tutte le attese e le profezie. Luca è l’evangelista che conia la teologia dell’“oggi di Dio”. Dodici volte viene usato nel suo vangelo l’avverbio oggi: dalla nascita di Gesù alla croce, dall’oggi annunciato dagli angeli ai pastori a l’oggi detto da Gesù al ladrone sulla croce (2,11; 3,22; 4,21; 13,32.33; 19,5.9; 22,34.61; 23.43). L’oggi di Dio non diventa mai “ieri”. Oggi la Parola di Dio giunge all’orecchio di chi è in ascolto per essere creduta e vissuta. Oggi in Gesù si adempie la Scrittura.
Mentre nella prima parte del brano si parla dell’accoglienza fatta a Gesù dai suoi compaesani (elogi e meraviglia), nella seconda c’è rifiuto e ostilità. Questo diverso atteggiamento diventa paradigma della missione di Gesù: d’ora in poi assisteremo a questa divisione degli spiriti di chi crede e chi lo rifiuta e gli è ostile, come i suoi concittadini che pensano di sapere tutto su di lui. Il primo dei due proverbi citati (medico) sembra esprimere il punto di vista dei nazaretani, che sperano in un aiuto materiale, il secondo (profeta) interpreta la missione di Gesù, che compie miracoli e annuncia il Vangelo. I due fatti storici citati da Gesù, quello di Elia e la vedova di Sidon e quello di Eliseo e Naaman il lebbroso, mostrano che l’opera di Gesù è rivolta a tutti: Dio intende benedire proprio tutti i popoli della terra. Ma anziché pretendere o vantare meriti davanti a Dio, bisogna umilmente chiedere. Alla luce di ciò, acquista particolare importanza la frase finale “si mise in cammino”: respinto e rifiutato nella sua città, Gesù se ne va per portare altrove l’annuncio della salvezza.