Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Tra le varie norme riportate nel Deuteronomio c’è anche quella che vieta di fare prestiti di denaro a interesse al prossimo. “Non farai al tuo prossimo prestiti a interesse; allo straniero potrai prestare a interesse, ma non al prossimo, affinché il Signore, tuo Dio, ti benedica in tutto”  (23,19-20). Prima di entrare in tema, una breve riflessione a latere. Diverse leggi contenute nella Torah sono in netto contrasto con le norme conosciute delle nazioni circostanti. La presenza di queste norme insolite  e fuori contesto per quel tempo, che non rispecchiano la giurisprudenza del Vicino Oriente, dimostra che né Mosè né Israele sono i veri ispiratori del diritto e delle leggi, bensì Dio. Soltanto il Signore, che precorre i tempi, può avere sensibilità e attenzione verso la persona povera e debole.


La legge di Mosè vieta ai figli d’Israele di fare prestiti a interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque altra cosa. Mentre lo consente nel caso in cui si tratti di uno straniero, poiché richiesto per motivi commerciali. C’è una differenza tra chi chiede un prestito per necessità e chi lo chiede per motivi di mercato. La Vulgata, seguita da alcune versioni moderne, parla d’interesse a usura, ma il testo ebraico parla semplicemente d’interesse. È proibito qualunque interesse applicato al prestito. La norma non lo dice espressamente, ma suppone, da parte di chi riceve generosamente un prestito senza interessi, il dovere di restituzione a tempo debito e onestà. La norma è fatta per tutelare i poveri del paese, come mostrano le leggi parallele dell’Esodo (22,25-27) e del Levitico (25,35-36). Parlando dell’anno di remissione, il Deuteronomio fornisce dei particolari che gettono luce sul nostro tema (15,1-18). Innanzitutto l’ideale: il Signore non vuole e non sopporta che ci sia alcun povero in Israele (15,4). Poi la possibilità che questo accada: “Se ci sarà in mezzo a voi un fratello bisognoso” (15,7). Infine la realtà umana con la quale ci si confronta ogni giorno: “I bisognosi non mancheranno mai nel paese” (15,11). Nel caso in cui ci sia in mezzo a Israele un fratello bisognoso, il Signore chiede quattro cose, che richiamano i doveri tra fratelli, e cioè: di non indurire il cuore e non chiudere la porta di fronte al bisognoso, anzi di aprire largamente e generosamente la mano e prestare (15,7-11). Il fruitore del prestito è un fratello povero e bisognoso, che si trova in necessità (15,8.11). Calamità naturali, indebitamento eccessivo, tempi di ristrettezza, malattie: possono essere tante e diverse le cause che costringono una persona povera a richiedere un prestito. E la famiglia di Dio non gli può voltare le spalle. Qui come in altri casi è un principio teologico a disciplinare la norma sui prestiti: “Il Signore, tuo Dio, è colui che ti benedice”. Israele è una comunità di fratelli, nella quale diventa insopportabile la sola vista della povertà e inaccettabile l’idea del guadagno a spese di chi è nel bisogno. L’intera comunità vive della benedizione di Dio, e nessuno può affidare al denaro o alle speculazioni finanziarie il proprio futuro e quello degli altri. Chi presta al proprio fratello povero, esigendo da lui un interesse, non fa che aumentare la sua necessità e povertà, e pecca di egoismo e di ingenerosità nei confronti di Dio, che dona i suoi beni a tutti generosamente. In una società che vive della parola di Dio diventa insopportabile la povertà altrui e inaccettabile prestare al fratello povero imponendo un qualunque interesse: l’unica regola che vige è quella della carità e dell’aiuto reciproco nelle più disparate situazioni di bisogno.


Il divieto di prestare a interesse impedisce lo sfruttamento sistematico delle ricchezze e pone un freno alla speculazione. Fino alla Riforma Protestante la norma del Deuteronomio è stata letta, da ebrei e cristiani, come un divieto di praticare l’usura e il prestito a interessi nei confronti del fratello povero e bisognoso. Non sono certo mancati coloro che hanno aggirato il precetto di Dio con delle scappatoie. “La Chiesa permette il prestito a onesto interesse quando riveste il carattere di un commercio”. Nel Medioevo la gente era preoccupata più che al prestare i soldi a come conquistare un posto in paradiso: i soldi servivano per le messe di suffragio e le opere meritorie. I calvinisti per primi teorizzarono il prestito a interesse, ma in una forma moderata. Calvino scrisse: “Io non desidero sostenere la validità dell’interesse, anzi vorrei che il suo nome fosse bandito dal mondo”. Con la modernità finisce la “società cristiana” e la ricerca dei valori. Le banche e le finanziarie la mattina non leggono la Bibbia, ma Il Sole 24 Ore o Milano Finanza. Il Deuteronomio ci insegna che l’economica di un paese non può essere governata soltanto da leggi di mercato e dall’interesse, e ci invita a ricordarci di almeno tre parole: persona, patto (berit), Dio.

Paolo Mirabelli

11 ottobre 2018

Gallery|Bibbiaoggi
Foto & Post della Gallery: 1665
Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.